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fare cattleya

Post n°371 pubblicato il 24 Gennaio 2011 da nagel_a


Vi sono giochi linguistici che aprono orizzonti inusitati e segreti, la cui decifrazione sta in mano agli adepti, quasi che le parole rimestate in un crogiolo da alchimista divenissero pane per gli iniziati.

E le fantasie più fervide si dispiegano ovviamente tra le cornici delle esperienze più radicali e assolute. L'antico bilanciere che oscilla tra amore e morte. In questa danza che funambolica stringe in assedio le torri del significato, tentando l'espugnazione attraverso l'attribuzione del nome... ecco il trapezista che volteggia senza rete.

L'orchidea sembra essere nelle sue carnosità di velluto, il fiore evocatore della sensualità femminile. Musa ispiratrice di dolcezze d'alcova. Ma solo un genio come Proust poteva inventare un fare cattleya, per evocare le imprese compiute in quella stessa alcova!

 

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Commenti al Post:
tempesta_e_assalto
tempesta_e_assalto il 24/01/11 alle 12:05 via WEB
vorrei fare cattleya anch'io, se ho inteso bene la genialità di Proust. :))
 
 
nagel_a
nagel_a il 24/01/11 alle 12:26 via WEB
oh yes! hai inteso bene benissimo! .. (mi associo!) :)))
 
basilicojamaicano
basilicojamaicano il 24/01/11 alle 12:27 via WEB
Evvai!!! Finalmente si tromba!!! …Ma Dioniso lo sa???
Comunque, signori, dovete sapere che per Proust, come la Nagel ha ben spiegato nel post, “far cattleya” assume il significato di fare sesso. Ora, la cattleya è un fiore: l’orchidea, per l’appunto, e tutto nacque da un’innocente orchidea appuntata sul vestito di lei (Odette, la protagonista femminile) che cadendo andò a finirle in grembo, così che quando lui fece per rimettergliela a posto si scatenò un inferno di lussuria.
Ora Nagel, ti invito ad una riflessione (e anche ad una presa di posizione, s’intende): Cosa vorrà dire, secondo te, se io vado in giro con un mazzolino di “Non ti scordar di me” infilato nella patta dei pantaloni?
 
 
nagel_a
nagel_a il 25/01/11 alle 13:42 via WEB
ahahahahahahahahhahahahahahhahahahhahahahhahhah.. mi è venuto un crampo al dito.. anzi alle dita perchè ne uso quattro (a volte cinque :))) carino l'azzurro.. ti dona!
 
gianor1
gianor1 il 24/01/11 alle 13:23 via WEB
Vi è la possibilità di rivedere un bellissimo balletto di Roland Petit incentrato sul testo de la "La recherche du temps perdu" di Proust, che ben spiega il concetto che tu hai esposto di "fare cattleya" come sinonimo di atto amoroso, soprattutto nel I° atto, quadro IV°. Ciao. Gian
 
 
nagel_a
nagel_a il 25/01/11 alle 13:43 via WEB
grazie Gian.. non conosco il balletto, andrò a cercarlo
 
only4words
only4words il 24/01/11 alle 15:14 via WEB
sono arpeggi di parole. che lasciano senza fiato. un abbraccio.
 
 
nagel_a
nagel_a il 25/01/11 alle 13:44 via WEB
sei così cara! un sorriso
 
blue.chips
blue.chips il 24/01/11 alle 16:33 via WEB
Non è difficile percepire, di norma, (anche in Proust) una forte accentuazione materiale di fronte allo spirito. Spesso accade di trovarsi di fronte all’umiliante identificazione di ogni pensiero in una sorte di sottile menzogna che ci percorre ad ogni fiato della nostra vita.
Occorrerebbe accogliersi ponendo lo sguardo alla verità dell’essere e così superare quel processo di produzione interessato al solo segno dell’insincerità e del sentimentalismo amoroso a buon mercato.
Bisognerebbe adoperarsi, invece, a far ricorso alla logica della coerenza ed al pathos della verità che, senza ragione alcuna, segretiamo solo in cuore, perché assorbiti dalla totalità che ci fa paura senza poterla dominare.
La ricerca della verità dell’essere è l’unico segreto per cui varrebbe la pena di scoprirne gli effetti e, forse, liberarci da tanta angustia; se non altro, così allontanare il pesante fardello del vivere illusi di poter correre in sconfinate praterie del piacere. Ma più di tutto, dai “giochi linguistici che aprono orizzonti inusitati e segreti”.
Le parole hanno una necessità vitale di diventare vita e non “solo” gioco; cioè, è nullo (o falsificato) il pensiero che non discende e non si mescola con la creta della VITA, con i suoi significati più profondi: appunto, l’amore (nella sua accezione di vita) e la morte. Lieto di riscrivere tra le tue pagine. In quelle immediatamente precedenti ho colto una fine bellezza. Un caro saluto. Blue.chips
 
 
nagel_a
nagel_a il 25/01/11 alle 13:46 via WEB
mi ha fatto pensare il tuo commento. il mio scritto era in fondo giocoso andando ad isolare tra l'immenso proustiano una piccola sciocchezza.. però mi hai suggerito qualcosa che precisa un pensiero che avevo in testa.. vedo di delinearlo. (io sono contenta di leggerti e trovare le tue riflessioni e i tuoi spunti. sempre)
 
d4ny3L4
d4ny3L4 il 24/01/11 alle 17:26 via WEB
Emani Anima con le parole tanto naturalmente quanto un'orchidea invade i nostri sensi del suo inebriante profumo. Un abbraccio
 
 
nagel_a
nagel_a il 25/01/11 alle 13:48 via WEB
così arrossisco! e per dis-arrossire provo una battuta: ma il profumo dell'orchidea dopo un po' non stordisce troppo?.. un sorriso (e grazie della tua presenza)
 
GoldenMist
GoldenMist il 24/01/11 alle 18:02 via WEB
Gulp! E io che pensavo che "Cattleya" fosse solo una casa di produzione cinematografica italiana!!!!!
 
 
nagel_a
nagel_a il 25/01/11 alle 13:49 via WEB
don't worry! io nemmeno sapevo che esistesse una casa di produzione cinematografica con quel nome! .. e quando l'ho incontrato sulle pagine velinose dei meridiani, l'ho cercato sul vocabolario :)))
 
ebenezer.le.page
ebenezer.le.page il 24/01/11 alle 19:30 via WEB
Letto tutto, un mattoncino in più da aggiungere alla mia senz'altro carente erudizione. (Con questo, so benissimo che Proust non è mai stato amante di Carla Bruni, ma un famoso centravanti dell'Olympique di Marsiglia.)
 
 
nagel_a
nagel_a il 25/01/11 alle 13:50 via WEB
.. rido.. Ebby sei uno spasso! :)))
 
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"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
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