FONDALI

APPENDICE DOTTA: ORESTEA DI ESCHILO (458 a.C.)

L’Orestea parla di Oreste.

Chi è Oreste? E’ un gatto bianco e tigrato, nato con il nome di Flanello (!), abbandonato in uno sfascia carrozze. Dopo un paio di mesi è stato accolto in un piccolo appartamento da single dal quale si è lanciato dal terrazzo. Meno male che dal primo piano i gatti non si traumatizzano. I padroni sì! Ha subito tre traslochi, di cui uno in un bungalow da campeggio, e una purulente ferita da morso di topo. Oggi convive serenamente con un compare grasso, un vicino di casa rosso, una femmina fastidiosa e una combattiva come Elektra. Il caso vuole che sia Elettra la sorella di Oreste - quello vero - l’eroe della tragedia greca. Io mi riferivo all’Elektra dei fumetti...

Seriamente. Oreste era il figlio di Agamennone e Clitennestra. Agamennone, re di Argo, s’imbarca per la guerra di Troia e lascia che la moglie se la spassi con il fratello Egisto. I due concordano un piano e al ritorno del re lo ammazzano a colpi di scure. La figlia Elettra attende speranzosa (e un po’ fuori di testa) il ritorno del fratello per vendicare il misfatto. Oreste ritorna, uccide madre, zio e chiunque lo contraddica, poi se ne va ad espiare la colpa. Un tribunale degli dei lo giudicherà alla fine “non colpevole”.

Una vera e propria tragedia greca!

E’ formata da tre drammi distinti, un po’ come la trilogia del Signore degli Anelli, se ti va bene finisci la prima parte, se ti appassiona vai con la seconda, se entri nel tunnel non puoi fare a meno della terza, e poi ricominciare daccapo. Durante le feste dionisiache (in onore al dio Dionisio, quello a cui piaceva bere) che duravano 6 giorni, gli autori presentavano le loro tragedie, spesso seguite da una sorta di commedia per stemperare la tensione. Queste opere avevano uno schema abbastanza ripetitivo: si sviluppavano in unità spazio-temporali secondo quelle che nel 300 a.C. si chiameranno le unità aristoteliche di luogo, giorno e azione. C’erano prologo, parodo, esodo (un’altra regola drammaturgica poi decaduta e in parte ripresa nel melodramma), e il coro: un certo numero di attori sullo sfondo dell’arena che commentava e spiegava i fatti. Il fatto che il teatro si facesse all’aperto imponeva agli attori (tutti maschi) gli zoccoli coi tacchi (coturni) e le maschere per esaltare l’altezza ed espandere la voce.

L’Orestea, che ricordo è divisa in Agamennone, Le Coefore, Le Eumenidi seguita dal dramma satiresco Proteo, andato perduto, è opera di Eschilo e vinse le grandi dionisiche nel 458 a.C. Il mito di Oreste ha avuto numerosissime riletture, la sua parabola è conosciuta come quella degli Atridi. Se vogliamo anche il destino di Amleto ce lo ricorda, per non parlare di Simba del Re Leone!

Vent'anni dopo, nel 438 a.C., la Grecia sarà ancora sugli altari dell’arte con la costruzione del Partenone. Il grande tempio dorico dedicato ad Atena non poteva che sorgere ad Atene, sull’Acropoli. Sostituì un vecchio tempio distrutto dai persiani e la sua edificazione ebbe inizio nel  447 sotto la supervisione dell’architetto Fidia. Insomma, i greci del periodo classico, quelli del massimo splendore dell'età ellenistica, costruirono in 9 anni quello che noi con la Salerno-Reggio non siamo in grado di costruire in 20!