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Post n°46 pubblicato il 04 Aprile 2008 da suniz

…della mia ghiandola produttrice di piciate.

Dovrei farlo davvero, prima o poi.

Adesso il mio bacato cervelletto ha prodotto una nuova fesseria.

I colpi di fulmine a scoppio ritardato.

Sissignore. A scoppio ritardato.

Andiamo con ordine.

Martedì me ne vagavo per il 18° col mio carico di curriculum da distribuire a casaccio. La location precisa è Place de Clichy, esattamente davanti al cinema di una nota catena che non citerò per non fare pubblicità. Ero lì che zampettavo con la testa per aria e gli occhi fissi a terra (non avete idea della quantità di merda di cane che si può calpestare a Parigi. Ma io sì) quando una voce – maschile - mi fa: “Bonjour! Vous cherchez un travail?” [trad: buongiorno! Cercate un lavoro?].

Sapendo già che c’era puzza di fregatura ho sventolato i miei curriculum piegati e chiusi in una busta – quindi che poteva saperne quello di cos’erano – starnazzando “Oui! Oui!” come un’oca giuliva. A quel punto ho guardato il mio interlocutore registrando un commento mentale disinteressato del tipo “non male, il fanciullo” e sono passata a prestargli attenzione blandamente, più o meno assorbita dai fatti miei. L’individuo – giovane, biondo, begli occhioni chiari, sorriso simpatico e io a tutto ciò sul momento non ho fatto caso – è passato a illustrarmi di cosa si trattava. Ovvero di reclutare donatori (di soldi) per svariate ong (organizzazioni non governative) tipo Medecins du Monde e il WWF eccetera eccetera. In pratica tu stai per strada a scartavetrare i maroni alla gente più o meno come stava facendo lui in quel momento, solo che invece di offrire lavoro chiedi coordinate bancarie.

E insomma siccome non ho una cippa da fare e il dinero scarseggia mi sono prestata a questa cosa e mi sono fatta dare un appuntamento per un colloquio con i diretti interessati, ho lasciato i miei dati e balle varie. In un momento imprecisato di questa conversazione, non sapendo perché, ho buttato l’occhio sulla targhetta d’identificazione per vedere come si chiamava – Jann, che suona tanto Gianni e fa un po’ paura ma vabbè, non si può avere tutto dalla vita. Quindi la conversazione si conclude, gli stringo la mano, sorrido, lui sorride, saluto, lui saluta con un allegro “a bientôt”.

Dopo trentacinque minuti da questo fatto – trentacinque, vacca schifa, mica due – ho avuto questa specie di illuminazione divina che constava grossomodo di una voce eterea e tonante, come una chiamata dall’alto, che diceva: “porcaccio schifo, che pezzo di ragazzo stratosferico questo Jann. Che impressionante popò di fanciullo”.

Riassunto: cazzo, che figo.

E pure fornito di soliti principi morali, visto che stava lì alle cinque di pomeriggio come un disperato a ripetere TUTTO quel che si può voler sapere su almeno sei ong diverse, tra cui Action Contre la Faim che è la mia preferita.

E lì mi sono resa conto che il motivo per cui mi ero soffermata sui dati anagrafici del giovanotto era che qualcosa dentro di me – non il cervello, ché quello è in stand-by da tempo – aveva già percepito a livello subcosciente che c’era puzza di una delle solite seghe mentali della sottoscritta illustrissima.

Per cui, ecco, colpo di fulmine a scoppio ritardato.

Adesso sono tre giorni che penso al suo “a bientôt”. Oggi pomeriggio sono addirittura ripassata davanti al cinema che continuerò a non citare, perché mi trovavo proprio lì dietro e mi son detta non si sa mai. Ovviamente non c’era, suppongo che non viva lì davanti.

L’impagabile Juls quando gliel’ho narrato ha commentato “cazzarola, questa è regressione al livello spicegirls”. Lo so. Sembra che io abbia dodici anni e francamente è imbarazzante. Ma che posso farci? Se me ne fossi resa conto sul momento avrei potuto tentare un approccio ma, siccome la signorina me stessa è talmente pigra che la sua materia grigia, la zona cardiaca e tutto il resto funzionano con due ore di ritardo, poi mi trovo a far ‘ste cazzate.

Passando oltre – sulla tastiera, perché la mia testolina è ferma da giorni davanti a quel cinema – oggi ho avuto un colloquio per un lavoro orribile a maggio ma ben pagato che consisterebbe in un tour de France in autobus per pubblicizzare un dentifricio. Lo so che suona orrendo ma son poi duemila euro per tre settimane e già suona meno orrendo, no?

Risposta tra due settimane. Si vedrà.

E lunedì ho il colloquio con quelli delle ong, un certo Patrick. Ho la vaga speranza che siano tutti come Jann ma so che verrà disillusa.

La primavera avanza. Oggi ero in magliettina, gonnella e cappotto leggero, c’era il sole a faceva caldo, mi sono fatta il giro di tutto l’8° mentre tornavo verso nord.

Ovviamente la novità-romain è svanita nel nulla. Me ne frega assai, quando sposerò Jann non lo inviterò neanche. Tié.

Se scrivo ancora una volta il nome Jann tiratemi una bottigliata. A parte questa volta, voglio dire.

In realtà è successa una cosa divertente che mi ha fatto sorridere. E’ successa in quel momento lì, ma non c’entra con Colui Che Non Deve Essere Nominato (e che non è Voldemort). Mi stava spiegando ancora la cosa delle ong quando si è avvicinato un barbone chiedendo dei soldi in cambio di una poesia. Stava biascicando il baratto quando ha posato lo sguardo sulla giacca di Colui  e sulla scritta ong e subito ha alzato le mani facendo un passo indietro e ha cominciato a dire “ah, pardon, je n’avais pas vu, excusez-moi, bon travail.” [trad: ah, chiedo scusa, non avevo visto, scusate, buon lavoro]. Colui ha risposto “c’est rien, au-revoir et bonne journée” [non credo di dover tradurre, ma comunque: fa niente, arrivederci e buona giornata] e il barbone si è pure levato il capello.

E’ stato buffo.

Lo so, state pensando che se queste sono le cose entusiasmanti della mia vita, allora povera me.

… Bè, ce ne sono anche altre.

Ieri sono andata con Patch a Musicora, un salone di esposizione di strumenti musicali classici enorme al Louvre. Era patrocinato da quel debosciato di Sarkò ma siccome Patrizio aveva gli inviti gratis ho pensato fosse giusto e doveroso approfittarne alla facciazza del Presidente. E’ stato strano. Non avevo mai visto così tanti strumenti e così tanti musicisti tutti insieme, c’era un sacco di gente che provava pezzi e io vagavo in giro un po’ stordita a farmi sommergere da quell’ambiente sconosciuto ma affascinante. Mi sembrava di respirare la musica.

C’erano delle teche con degli Stradivari che dovevano valere quanto mezza Torino. Ho immaginato me stessa che provava a suonarne uno, le cadeva e si sfasciava e mi sono quasi messa a ridere da sola. Ovviamente non mi sono nemmeno avvicinata. Metti che inciampavo e cadevo contro la teca e quella si schiantava a terra e il contenuto si sfracellava, io poi cosa facevo? (So che i tempi verbali in questa frase sono a schifio ma è il tono colloquiale). Meglio non correre rischi.

Ecco.

Adesso mi preparo al weekend.

Che auguro essere lieto per tutti voi.

(Tornerò davanti al cinema martedì. E’ deciso.)

 
 
 
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