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Il mio primo acido libro. Questo blog ne è la continuazione

 

 

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L'angelo di Oderzo

Post n°16 pubblicato il 25 Gennaio 2012 da tagliatrentotto
 

Dicono che quando si è fuori si è fuori. O forse non l'ha mai detto nessuno. L'ho capito da sola da quando vedo i colori. Ora saluto le persone se riesco davvero ad incrociarle. Probabilmente sono una di loro, con la spesa da fare e un marito da cercare. Non mi dispiace di essere viva dopotutto, solo devo farci l'abitudine. Ho avuto tutte le scuse per essere antipatica e rabbiosa, facendo finta che le mie lune fossero solo frange sessantottine (ma forse era la frangia di mia madre perché io sono una classe 1972). Ho avuto le mie giustificazioni per non riconoscere nessuno per strada e fissare il ciottolato, invece degli occhi dei passanti. Ma la gente cattura sempre le tue cattive inclinazioni. Puoi menartela quanto vuoi che hai un fidanzato abbastanza ricco e fedele e che il tuo guardaroba cresce come un melo, soprattutto durante i saldi. Puoi aggiungere anche un lavoro fico e spruzzarci sopra qualche bella trasferta da executive, tutto rigorosamente al rialzo, che le donne di paese, di solito una Teresina o una Agata, dal grande know-how di vita vera, non fanno altro che contare le tue sottrazioni. Le porzioni ristrette, le pennette numerate, un solo cucchiaiono d'olio, cercasi disperatamente salute. E chi le fa fesse queste donne di borgata. Sono donne di comunità, del popolo, hanno visto nascere e crescere tante vite, e conoscono di certo anche la tua. Maneggiano il bagaglio culturale della minuscola Oderzo fatto di informazioni riservate. I piccoli scandali corrono di bocca in bocca e poi si sciolgono nell'uncinetto. Ma la bulimia per alcune è solo noiosa quotidianità di una catastrofe assolutamente normale.
Quando si soffre di un disturbo alimentare, ci sono veramente tante cose che si fanno in difetto. Ad esempio molte di noi mangiano pochino e raccontano di non avere mai fame. Ed è sempre più difficile sfoggiare dei piccoli riempitivi carrieristici ad un conclamato vuoto anoressico, sono effimere bolle di sapone che scoppiano non appena mostri le tue ginocchia. Le cose belle che ti capitano si gonfiano a dismisura nella tua bocca e diventano tristi distrazioni alle tue aberrazioni alimentari, quando i rumours sulla tua bulimia spaccano anche le giornate più feriali. Il clock tower segna mezzogiorno e tu hai già messo insieme dieci tortini. L'aria è leggermente compulsiva. Si sente l'eco dei tuoi pasti saltati. Sottrai ancora. Elimini il cibo creando scompensi. Oppure mangi e vomiti, così tutto torna in perfetto equilibrio e piatto come il tuo stomaco e il tuo entusiasmo di campagna.
Ma non è impossibile sfuggire ad un destino, a quello che decreta il paesino, al gossip che da anni ti dipinge seriously ill, a ciò che si mormora lungo la Via Umberto I, dove si accalcano frenesia e chiacchiere. Ci si può anche lasciare alle spalle l'afa soffocante delle borgate forse troppo cresciute, che spesso instillano malattie lente da distruggere, un pò come la noia di provincia, sorniona ma letale.
E non ditemi che ora vi mangiate le unghie e qualche porchetta di troppo solo perché da piccole vi è mancato l'affetto, perché, se ci pensate bene, ad incutervi un'ansia un pò ovattata, è invece quell'angelo sopra al campanile di Oderzo, ieratico fermo e schifosamente affidabile, alla stregua della buona società locale. Quell'angelo non venne giù neanche col terremoto del '76. Lo guardai tremare dai giardinetti, dove ci aveva sorpreso il terremoto, e aspettai di vederlo capitolare mentre mia madre ci strattonava verso luoghi sicuri. Si mosse leggermente, ma non cadde mai, riassestandosi parassitario e benevolente sopra al Duomo di Oderzo. Ma io sono fiduciosa. Un angelo deve volare.
Anche una donna di trentanove anni lo può fare. Certe volte è sufficiente un diamante. La mia vita è diversa da quando non vomito più, e ho anche il coraggio di aggiungermi i preziosi giusto vicino alle nocche annerite dalla bulimia. Il buio e poi la luce, preferibilmente di Pomellato. Insieme ci va un vestito delle feste, anche per il mercato rionale. E poi prendo la macchina, non certo Evil Tempra, ma un'auto meno criminale. Una volta erano miei tutti i posteggi marginali. Quei numerosi giri al supermarket per sedare una fame invadente era meglio farli nelle periferie del retail. Nascondersi. Morire. Io non sono mai esistita. Lo so perché sono un'altra. La città mi chiama e mi respinge. Ora invece ho la faccia tosta di usare le righe blu, ciò che conta di un parcheggio. La città è una puttana. Sta a me dominarla con passo sicuro. In fondo sono fuori dalla malattia, e questo è sicuro. Posso imboccare qualsiasi via e masticarla a mio piacimento, che non mi verrà la nausea ad arrivare alla Piazza del Popolo, luogo dove, più di ogni altro, mi toccava liquidare i miei casini in fretta e furia, o sciacquarli nell'acquasantiera in duomo.
Posso camminare orgogliosa. Si, ho un leggero mal di testa. In fondo la mia faccia è stata spiattellata sulla prima pagina della Tribuna di Treviso, una faccia sorridente ma anche napoletana. In quell'intervista raccontavo tutto della bulimia e del fatto che forse sto molto meglio. Non è esatto. Sto in cima al campanile, in cima al mondo. Un angelo può volare.
Mia madre era ignara delle mie manie di gigantismo e delle sparate ai giornali. Lei pensa solo al suo cane. Ma ogni occasione è buona per farsi pubblicità. Quella mattina andò dal giornalaio per comperare Casa Chic. Meglio sarebbe stato optare per un abbonamento. Le dissero Oggi dovresti comperare una copia della Tribuna, c'è tua figlia in un quadratino. Lei rispose Le compero tutte.
Il mal di testa è alle stelle. Ma non c'è ragione di stare male. Il mio stomaco può contenere trenta noccioline tutte insieme. In città sanno tutti che sono guarita, e forse comincio a convincermene anche io. La guarigione è un bene comune.
Com'è bello scoprire di non essere più animali in preda a pulsioni disordinate, ma individui civili, perfettamente mitigati a tavola e nella vita, facenti parte di diritto di una coscienziosa comunità che giusto in questi giorni prende parte alle tradizionali Fiere della Maddalena, e si gode culi nudi in passerella, non di quelli falsi e anoressici, ma di quelli genuini e veneti, per le serate della moda.
Che soddisfazione sapere di appartenere, in un certo senso.
 
Voglio le chiavi di questa cazzo di città.
 



Il mio libro si trova un pò dappertutto, se volete acquistarlo, almeno spero.
Per le copie della Tribuna con la mia intervista, invece, dovete chiedere a mia madre.  
 

 
 
 
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