Creato da tagliatrentotto il 24/01/2012

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Il mio primo acido libro. Questo blog ne è la continuazione

 

 

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Lettera alla madre

Post n°15 pubblicato il 25 Gennaio 2012 da tagliatrentotto
 

Cara mamma,
Non ci somigliamo per niente. Se volessi usare il tipico lessico veneto iniettato di clericalismo, imprenditoria e fast cars, direi che io sono il diavolo e tu l'acqua santa, o che io sono una Fiat Tempra (immatricolata Evil Tempra se ben ricordate) e tu una Ferrari. Nelle foto di famiglia dove siamo ritratte una di fianco all'altra, l'impulso irrefrenabile è sempre quello di rimuovere la mia faccia magra con un cutter, per lasciare un cerchio bianco, vuoto, che non deve dare spiegazioni e non teme confronti, così tu non potrai chiedermi cosa mi passa per la testa. Poi però desisto e mi scarabocchio un monociglio con la biro che fa il mio sguardo ancora più terrone. Se le foto parlassero, e alcune volte lo fanno, ma magari non subito, dalla mia bocca uscirebbe un timbro di voce carico di patate che mi getta in un grande sconforto se devo apostrofarti e parlarti di me. Se a te piacciono i fiori e le cose con foglia, da chi ho ereditato la mia personalità coercitiva e odiata da tutti i vicini?
Ti guardo spesso da lontano e annoto le differenze tra di noi su un taccuino immaginario. Tu manterresti la tua eleganza austro-ungarica anche anche se entrassi nella più violenta delle fasi ossessivo-compulsive, magari ammantata di uno strato di sostanzioso bipolarismo. Se dovessi tradurre questa frase per i miei lettori, direi in poche parole che sei politically correct anche nelle avversità. Io invece sono figlia dei tempi moderni e rutto ad ogni semaforo rosso. Questo può essere sufficiente per dare ad entrambe una precisa collocazione sullo sfondo della temibile campagna veneta, percorsa da potenti venature cattoliche e abitata da gente con crocifissi appesi. Vinci sempre tu, per tutte le generazioni passate e quelle a venire che sognano di avere una bifamiliare e il pollice verde. 
Tu raccogli francobolli. Io colleziono fidanzati. Ma anche loro, per un motivo o per un altro si sono sempre affrancati.
Tu ed io però rimaniamo incollate.
 
Certi rapporti madre e figlia si basano sulla complicità, altri sul conflitto, altri ancora sulla condivisione di bags Chanel 2.55. Il nostro si fonda sul cibo, soprattutto quello che abbiamo dentro. E' una nozione antica quanto il mondo che una madre abbia il dovere di nutrire sempre i suoi piccoli, nozione ancor più vera oggi, che noi piccoli rimaniamo bamboccioni e dipendenti dalla famiglia fino a quarant'anni (io ho già chiesto asilo anche per dopo). Tu ci sguazzi dentro a questo paradigma poiché ti piace cucinare, o forse, ami cucinare perché sei madre. Un'arte, quella culinaria, che è la più nobile forma di espressione per un genitore che vuol essere all'altezza del suo compito. Un'arte, dunque, che a me non è dato di mettere da parte. Una madre non cucina quasi mai solamente per se stessa ma lo fa per marito e figli, e da lì, da questo atto, deriva una gran fetta dell'amore condiviso in famiglia. Mi piace credere che il mio tiramisù sarà megagalattico come quello che prepari tu, solo quando avrò dei bambini, e le perfezione delle creme deriverà dal mio impegno ad accudirli e farli crescere sani. Non è un caso che per tutti questi anni in cui mi sono finta studentessa single e una mascalzona che rifiuta di farsi una famiglia, i miei tiramisù avessero la forma di zolle marroni crostificate, panetti cornuti e insabbiati di polvere di cacao che costringevo a partecipare alle mie tavolate. Alcuni, per colpa della mia fretta bulimica, rimanevano fermi nell'esofago facendomi rimpiangere omogeneizzati e formaggini Susanna. I tuoi dessert invece, orgasmi di savoiardi ubriachi di caffè che tu preparavi per stupirci e farci felici, avevano senz'altro la dignità del cibo fatto col cuore. Ora, quando afferro i pomodori pelati per cucinare degli spaghetti, sento rimbombare nella mia testa Dove c'è Barilla c'è casa, tormentone che non fa altro che confermare le idee di cibomamma. Però poi la pasta fatta in casa da te rimane sempre in testa alla classifica dei nutrimenti ricolmi d'amore. Sono sicura che in quache supermercato vendono la Mammapommarola, rossa, verace, italiana. E così ai poveri bachelors, non rimane altro che suicidarsi tra cartoni di pizza e lattine di noodles. Perfino la Simmenthal che tutti pensavamo essere pressatella orfana di carni bovine imprigionate in gelatina precaria, viene ricondotta ad una madre. Quindi, sono contenta di essere ancora figlia.
Ma come ti dicevo noi due siamo diametralmente opposte. Io il cibo l'ho sempre guardato con un misto di paura e ammirazione, circospetta e cosciente del fatto che la zuppa di cipolle che cucini tu, porta con sé una mistica materna ineguagliabile. Quando mi avvicinavo agli alimenti era solo per creare del caos tra gli insaccati, trascinarli alla mia bocca, addentarli e distruggerli, prima che loro distruggessero me. Con la consistenza della mollica non ero a mio agio, affondare in una michetta è come addentrarsi nell'infinito, e io sono solo una campagnola vissuta tra la chiesa e la corte di casa mia. La bulimia nasce infatti dal bisogno carnale di infinito, e se tu pensi che esistano dei limiti ad una abbuffata, o dei limiti a quello che le persone possono e vogliono mangiare, ti sbagli. Quando mi sono ammalata sono diventata molto secca, una prugna col potere di svuotarti, proprio come fanno le prugne del nostro fruttariol. Una madre però ha sempre il dovere di nutrire una figlia troppo magra: ecco il tuo amore passava anche di là, attraverso un disturbo alimentare. Vuoi un pò di pollo della mamma, mi dicevi. Anoressie che alimentano disfunzioni che alimentano anoressie. Il calore che deriva dal nutrire una persona è impagabile forse. E così prendiamo volentieri tutte le minestre. 
E ancora, se un lettore spendesse due minuti per catalogarci con uno spruzzo di psicoanalisi, direbbe certamente che tu sei una giver e io una taker, perfetti meccanismi a compensazione, sempre che a te faccia piacere che io ti abbia un pò preso l'anima. Le mie crisi bulimiche mi facevano un mostro attaccato ad una pentola a pressione. C'era cibo dappertutto, anche nella mia epigrafe, i ringraziamenti di un riso. Ma ciò non cambiava il nostro universo-madre e figlia. Per te ero sempre troppo piccolina per vivere da sola la mia vita. Con la parmigiana invece muoiono tutti i conflitti, spunta un sorriso, la vita continua più bella. Non ho mai detto di no, bulimica e facilmente corruttibile com'ero. Mi hai viziata con distese di pan di spagna e altre diavolerie gelosamente conservate al piano nobile del frigorifero, sopra a uova e pollame, cosicché quello fosse lo zenith della nostra complicità. Aprivo il frigo. Quelle erano esattamente le facce che volevo vedere all'interno dell'Ariston. Non ero sempre felice come tu credi, perchè il pan di spagna aveva esattamente il colore delle sabbie mobili e il sapore della sconfitta. Ma che stupido avere paura di rimanere sola, io sono la taker e tu la giver, noi entriamo l'una nell'altra. Io però non mi vedo imprigionata nel cliché di colei che prende e basta. Sento che voglio dare tanto amore, solo, ho dei modi maldestri e rovinosi di dimostrarlo, e finisco invece per affondare male la forchetta, procurando grandi ferite. Un'abbuffata seria non comincia mai dagli angoli del tiramisù, ma sempre dal centro del dessert, dove si raccoglie il cuore del proibito. Lì lasciavo i miei buchi, a forma di stella o di patata bollente, come se nulla fosse, perchè tanto poi tra noi, tutto guarisce. E da lì volevo passarci solo io. Non accettavo ospiti con velleità di compleanni da festeggiare, o che qualche fetta dipartisse con la scusa della nonna sola e golosa. Una stella ebrea scavata sui savoiardi mi avrebbe guadagnato l'intero dolce e una via per l'infinito. Tu ti arrabbiavi pensando al nostro tiramisù rovinato da tanta bulimia. Ma sapessi quanti ne ho violentati. Forse non era tutto rose e fiori tra noi. Forse nei tuoi sogni io ero una ragazza normale che si porta alla bocca cucchiaini di crema pasticcera e sopravvive dopotutto. Non ho mai imparato a fare porzioni borghesi dettate dal buon senso, ma mi spingevo di casseruola in casseruola, stuprando i tuoi bellissimi dolci con grande godimento. Poi correvo in bagno con le fauci avvelenate di caffé a buttare tutto nel cesso, forse anche un pezzetto di te.
Una madre non è una madre se non costringe una figlia, anche la più bulimica, a mangiare. E il nostro frigo straripa d'amore, cazzo, ci sono salsicce che pendono sulle mia testa da troppo tempo ormai. Ma il cibo ora sta cambiando, il cibo tra me e te intendo. 
Non sono più quella del pan di spagna. Ora tengo un low profile tutto wok e altro orientale, e mi vanto con gli amici del mio minimalismo alimentare. Ciò vuol dire che non sogno di ricoprirmi da testa ai piedi di cioccolato fondente per diventare una pralina gigante, da cui mi stacco la testa a morsi, ma dò il meglio di me ordinando tre ostriche rattrappite e champagne. Voglio possedere un frigorifero freddo davvero, asettico e addomesticato di foglioline verdi e isoflavoni, tutte scelte austere e impeccabili, senza troppi friggi friggi. Una quattro stagioni non è poi così crudele. Lo yoghurt è bifido ma non c'è nulla di acido o intimidatorio in lui. Nell'Ariston non entreranno più i sentimenti. Ho smesso di aprirlo e vederci un vortice di sfiga.  Tutti i dessert andranno a morire in un angolino buio, la glassa che si indurisce come il cemento, quello di cui sono fatte tutte le mie migliori intenzioni.
E non fare quelle facce di mamma tradita, che io ora invece intravvedo una via d'uscita. Tra me e te non è più come prima. Attorno alla tua spesa del sabato mattina aleggiano sospetto e diffidenza. Mi aggiro come un animale ferito intorno alle sportine Coop e mi dico Stai tranquilla qui ci sono solo borlotti e verdure lunghe e dure per farci sex toys, nulla che somigli ad un'abbuffata. In quei sacchi invece ci sono tutte le nostre parole non dette, parole anche arabe a volte, grissini, tarallini ed altri disagi che sto cercando di appiattire per guadagnarmi una vita rispettabile. Mi dico Stai tranquilla, manca poco alla convivenza col fidanzato, e noi vivremo solo di cose bianche e vergini come trecce di mozzarelle light. Con te non mi posso arrabbiare quando mi soffochi di luganeghe, so di certo che è il tuo istinto materno che brucia come un fuoco. Dimmi solo come faccio a combattere una madre innamorata di sua figlia. Però ora siamo sempre più vicine e questo mi sta piuttosto bene.
Il cibo è cambiato. Il cibo tra me e te intendo.
 

 
 
 
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