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Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 02 Agosto 2005 da unaqualunque_s
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La mia segretaria ha parlato con un dirigente dell'aeroporto, le ha assicurato che useranno la massima cautela, faranno di tutto per non allarmarla troppo.
E' tutto organizzato, prenderà il primo volo per tornare indietro, c'è un British che parte immediatamente dopo il suo arrivo.
E' tutto organizzato, la faranno sedere in un angolo tranquillo, le porteranno un tè, le porteranno la cornetta del telefono.
Ho il cellulare acceso in tasca, ho già controllato, c'è una buona ricezione, quattro tacche, è importante.
Mentirò, cercherò di non dirle che sei gravissima, naturalmente non mi crederà.
Crederà che sei morta.
;a farò di tutto per essere convincente.
Porti un anello al pollice, non me n'ero accorto.
Ada ha faticato a sfilartelo, ora lo tengo in tasca, cerco di infilarci il mio, di pollice, ma non ce la faccio, ora provo con il medio, quello forse entra.
Ma tu non morire, Angela, non morire prima che tua madre sia atterrata.
Non lasciare che la tua anima attraversi le nuvole che lei sta guardando serena.
Non tagliare la rotta del suo aereo, resta, figlia nostra.
Non ti muovere.

Ho freddo, sono ancora in pigiama da lavoro, forse dovrei cambiarmi, le mie cose sono nell'armadio di metallo con il mio nome.
Ho appeso la giacca sopra la camicia con cura, ho lasciato il portafogli e le chiavi della macchina nello scomparto superiore, e ho chiuso il lucchetto.
Quando è stato?
Tre ore fa, forse anche meno.
Tre ore fa ero un uomo uguale a tutti gli altri.
Com'è subdolo il dolore, come corre.
E' come se un acido stesse svolgendo il suo mestiere corrosivo in profondità.
Ho le braccia posate sulle gambe.
Oltre la tenda a listelli, vedo una porzione del padiglione di oncologia.
Non ho mai soggiornato in quella stanza, ci sono entrato solo di passaggio.
Sono seduto su un divano in similpelle, davanti a me ci sono un tavolo basso e due sedie vuote.
Il pavimento è verde, ma nella sua malta ha grani scuri, che nei mie occhi si muovono isterici, come virus al microscopio.
Perchè ora mi sembra di averla attesa questa tragedia.
Un corridoio, due porte, il coma ci separano.
Mi chiedo se è possibile sconfinare oltre il carcere di questa distanza, provare a immaginarla tutoria come un confessionale, e sui grani danzanti di questo pavimento chiederti udienza, figlia mia.
Sono un chirurgo, un uomo che ha imparato a dividere, a separare la parte sana da quella malata, ho salvato molte vite, ma non la mia, Angela.

 
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