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Post N° 20

Post n°20 pubblicato il 10 Agosto 2005 da unaqualunque_s
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Tua madre indossava un cappotto di casentino, arancione e violento come il sole che avremmo trovato d'estate.
Al ritorno ci fermammo a mangiare in un ristorante troppo grande per noi soli, con le vetrate a strapiombo sugli scogli, opache di salsedine.
Faceva freddo, ci ubriacammo con poco, una caraffa di vino e un amaro a testa.
Uscimmo barcollanti e abbracciati con il piatto del buon ricordo in mano.
Ci nascondemmo dentro una pineta e facemmo l'amore.
Dopo, posai la testa sul ventre di Elsa.
Rimanemmo così, in ascolto del futuro che ci aspettava.
Poi tua madre si sollevò e andò a raccogliere qualche pinolo annerito.
Io rimasi a guardarla.
Credo che quello fu il giorno più felice della nostra vita insieme, ma naturalmente non ce ne accorgemmo.
Da quel giorno di marzo erano passati quasi dieci anni, e io passavo accanto a quella pineta senza più voltarmi, mentre l'asfalto sotto le ruote s'infarinava di sabbia.
Parcheggiai la macchina sotto il canniccio nel retro del giardino.
Mi chinai per non urtare il filo dove erano appesi il telo e il costume da bagno di Elsa.
Un costume intero color prugna di tessuto elastico a nido d'ape che lei arrotolava sotto l'ombelico quando prendeva il sole.
Era al rovescio.
Con una spalla sfiorai il tassello bianco del cavallo, quel pezzo lycra che attraversava l'inforcatura delle gambe di mia moglie.
Girai intorno alla casa, ed entrai nel salone con il grande divano angolare foderato di canapa azzurra.
La sabbia gracchiava sotto le mie scarpe, me le tolsi, non volevo che Elsa mi sentisse.
Camminai scalzo sull'impiantito di pietra che rimaneva sempre fresco.
Allargai le dita, e distesi le piante per aderire meglio a quella frescura, mentre scendevo il gradino che conduceva in cucina.
Il rubinetto mal chiuso gocciolava su un piatto sporco.
Sul tavolo c'era un pezzo di pane abbandonato tra le briciole accanto a un coltello.
Presi il pane e cominciai a mangiarlo.
Tua madre era di sopra, riposava.
La spiai oltre la porta socchiusa nella penombra: le gambe nude, la canottiera di seta dalle bratelle sottili, il lenzuolo accartocciato in fondo al letto, dove l'aveva spinto lei con i piedi, il viso coperto dalla massa folta dei capelli.
Forse dormiva anche prima, per questo non aveva sentito il telefono.
E quel pensiero mi acquietava, saperla addormentata mentre io...
Come in un sogno.
Masticavo il pane, miamoglie dormiva.
Il suo respiro era calmo come il mare dietro la finestra.

 
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