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Post N° 61

Post n°61 pubblicato il 20 Gennaio 2006 da unaqualunque_s

Mi rimisi al volante, e ripresi a guidare, lontano dalla clinica.
Ci fermammo in uno dei primi paesi alle porte della città, a nord, dove il paesaggio cambia, diventa più selvatico.
La zona è ancora urbana, ma già si sente il respiro dei boschi, di quei monti senza vette che si stagliano all'orizzonte come bisonti addormentati.
Ci infiliamo in un cinema.
Una di quelle sale di provincia che aprono solo il sabato e la domenica.
Il primo spettacolo era quasi vuoto, ci sistemammo al centro, sui sedili di legno.
C'era freddo anche lì dentro, Italia posò la testa sulla mia spalla.
"Sei stanca?"
"Un pò."
"Riposa."
Rimase a sonnecchiare addosso a me nel buio, una guancia appena schiarita dalla luce dello schermo.
Era un film comico, un pò triviale, andava bene, andava bene tutto.
Eravamo una coppia, per la prima volta forse.
Una coppia in vacanza che va al cinema, si ferma a mangiare un panino, e poi prosegue il viaggio.
Si, mi sarebbe piaciuto fare un viaggio con Italia, dormire negli alberghi, fare l'amore, ripartire.
E magari non tornare più.
Potevamo andarcene all'estero, avevo degli amici a Mogadiscio, uno era un cardiologo, lavorava in un ospedale psichiatrico, aveva una casetta sul mare, la sera fumava marijuana in compagnia di una donna dalle gambe sottili come braccia.
Si, una vita nuova.
Un ospedale povero, ragazzini scuri, senza scarpe, dagli occhi lustri come bacherozzi.
Andare dove c'era bisogno di me, operare sotto le tende, curare i miserabili.
"Ti piacerebbe partire?"
"Si."
"E dove ti piacerebbe andare?"
"Dove vuoi tu."
Tua madre parte, un viaggio di lavoro di un paio di giorni, una boccata di tempo per me.
Sta sistemando le ultime cose nella valigia, quella del viaggio di nozze, in camoscio maculato.
Il suo braccio mi sfiora mentre cerca un foulard nell'armadio a più ante che riempie tutta la parete.
Indossa un tailleur pantalone con unllo sciallato, di un morbido jersey color noce moscata, e una collana molto semplice, fatta di grossi grani di ambra trattenuti da un filo di raso nero.
Prendo una camicia, io ho solo camicie bianche, e completi con la cravatta girata intorno alla stampella, così non sbaglio.
Elsa qualche volta mi ha spinto a osare, almeno con un cappello.
C'è un suo amico, uno scrittore berlinese, che sfoggia baschi, zuccotti, panama, feluche, a lui stanno bene, è eccentrico, bisessuale, intelligentissimo.
Lo scrittore berlinese sicuramente l'avrebbe resa più felice.
Magari s'incontrano in qualche caffè letterario, lui posa il suo sombrero o il suo colbacco sulla sedia, le legge i suoi scritti, e lei si emoziona.
Si, è matura al punto giusto, borghese al punto giusto, per un amante bisessuale.
Avere una donna così elegante accanto mi ha sempre riempito di orgoglio.
Oggi invece la sua eleganza mi rende triste.
L'ennesimo travestimento.
Stamattina è la giornalista in viaggio, confortevole e femminile.
Anche i suoi gesti mi danno fastidio, è sbrigativa, persino un pò rude.
Si è già infilata nel ruolo che dovrà sostenere lì fuori, tra quelle canaglie dei suoi colleghi.
Io m'infilo i pantaloni.
Ho preso quelli con la cintura già nei passanti, così mi risparmio una fatica.
Adesso glielo dico.
Si, magari adesso glilelo dico.
Così poi parte e ci pensa su da sola, e torna che ci ha già pensato.
Adesso le dico: amo un'altra donna e questa donna aspetta un figlio, quindi dobbiamo separarci.
Non ho intenzione di prenderla alla larga, dicendole che voglio stare solo o palliativi simili.
Non voglio stare solo, voglio stare con Italia e se non avessi incontrato lei probabilmente non avrei trovato una sola ragione valida per separarmi da Elsa.

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Commenti al Post:
toorresa
toorresa il 25/03/09 alle 01:25 via WEB
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