Il mondo di Ivan
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Il 1° maggio, la festa del lavoro che non c'è
Oggi si celebra l’ennesimo 1° maggio, la festa dei lavoratori e dei sindacati. Nelle piazze i soliti comizi, le feste, i dibattiti, a Roma il tradizionale grande concerto rock, in tv i consueti commenti dei politici. Un copione già visto, fritto e rifritto. Il sindacato di oggi è solo l’ombra di quello che era, mi spiace dirlo. Agli occhi di tutte le persone più sensibili e riflessive, fare sindacato ormai è divenuto sempre più una professione retorica sempre più cooptata con la politica, la sporca politica.
Ma si passi ai fatti e rapidamente! Basta con i talk-show, con le task-force, con i convegni, con i discorsi perditempo: “Solo chiacchiere e distintivo”, una frase pronunciata tanti anni fa all’interno di un tribunale statunitense da un famoso criminale, oltre che evasore fiscale, oggi sembra uno slogan colorito per mostrare a tutti la propria disaffezione nei confronti delle istituzioni.
La nostra grande e invidiabile carta costituzionale dedica diversi punti alla tematica del lavoro. Vedi ad esempio l’art.1 “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”
oppure l’art.4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Il nobilissimo art. 35 dice “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro”.
Gli artt. 36 e 37, in particolare, sono di una modernità sorprendente per quei tempi…. parliamo dopo tutto del 1948, ovvero dell’immediato secondo dopoguerra con una situazione economica e sociale drammatica in mezzo mondo. Gli artt. 36 e 37 della nostra costituzione citano rispettivamente: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.
I grandi padri della Costituzione tra cui De Nicola, De Gasperi, Terracini etc. sono dei miti di un tempo che non esiste più, di un’Italia ormai “affondata” sul tema del lavoro e non più “fondata sul lavoro”. Se solo potessero rinascere per un attimo e rendersi conto dell’attuale situazione politica probabilmente morirebbero nuovamente e stavolta di crepacuore.
Quindi, si festeggi il 1° di maggio, (la festa del lavoro che non c’è più), come uno meglio crede, ma non ci si dimentichi di chi è morto sul lavoro, di chi lo ha perso, di chi non ce l’ha e di chi non lo avrà mai.
Quest’anno preferisco trascorrere una giornata tranquilla con la mia amata famiglia, valore importante, indiscutibile e al quale ancora non intendo rinunciare finchè ci sarà, parola di lavoratore.
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