Scherzo o Follia?
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Visto che molti mi domandano il perchè di questo nickname (si legge morton zero, non mortono) e chi sarebbe questa fantomatica figura del maggiordomo, vi invito a trasferirvi qui (abbiate petà ... allora ero timida!)
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Post n°673 pubblicato il 18 Gennaio 2011 da morton0
Certo è che se il rischio è quello di finire nelle mani dell'Inquisizione ... converrà postare!!! Tra il rogo e il blog ... mah! A presto, forse ... Roby |
Post n°672 pubblicato il 29 Giugno 2010 da morton0
Nel mio Mac c’è unazanzara ostinata ed “inzighina” che, tutte le volte che accedo in msn o skype, ronza intorno, si aggira, punzecchia e affonda, per poi volteggiare (ma le zanzare volteggiano?) soddisfatta. Si dà il caso che la suddetta zanzara sia Ross, alias redazione_blog, e che la vittima designata sia ovviamente io (e chi altri, se no?!?), che invano tento di sottrarmi a questo irretimento telematico. Fuori dalla metafora e tradotto per i sani di mente, tutte le volte che mi connetto, Ross cerca, con la costanza e la metodicità di un mediano di spinta di vecchia data, di istigarmi a postare ed io rintuzzo il colpo adducendo motivazioni per me valide e sufficienti per non farlo, tra cui qualcosa del tipo “non so che cappero scrivere” o “mi mancano le idee”. Ci abbiamo pensato, ci abbiamo riflettuto, ma tanto si può dire: c’è differenza tra l’innamoramento che può aver luogo in ambiente virtuale e quello che avviene nella vita reale? In questo post a due voci, nello scenario di questa afa estiva e con la colonna sonora dello sciaff delle zanzare tramortite e spiaccicate sullo schermo, vi "pungo" a mia volta e vi invito a dire la vostra …
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L e parole in molti casi non funzionano: sommergono, depistano, intralciano, offuscano, pongono barriere, mascherano. Le emozioni invece sono torrenti che non si lasciano imbrigliare, perché vanno oltre al tempo e allo spazio, fuori dai confini stretti della parola. Allora, emozionarsi è cercare ostinatamente un vecchio file pps inedito, nei percorsi di memoria dell’anima del nostro pc; un file che in pochi avevano visto. Questo post non lo capirà nessuno, perché è pieno di ricordi, di sottintesi, di messaggi criptici, di confidenze fatte e ricevute, di conoscenza reciproca che va ben oltre la superficie. Non chiedo di capire, ma di fare a meno delle parole e di commuoversi insieme a me guardando quel .pps realizzato tanti anni fa da Ross ed oggi trasformato in video. Perché parla di lei, la rappresenta al 100% col suo modo assoluto di sentire e di vivere l'amore, l'amicizia ed ogni cosa che fa. |
Post n°670 pubblicato il 14 Maggio 2010 da morton0
Non si può non rimanere stupiti di fronte al genio creativo di Jean Francois Rauzier, pittore, scultore e fotografo francese, e alla straordinaria potenza espressiva delle sue immagini. Rauzier ha elaborato una tecnica particolare da lui definita "Hyperphoto", attraverso la quale egli mette insieme, in un'unica gigantesca opera, una moltitudine di foto ad altissima definizione, dove potete distinguere dettagli di microscopiche dimensioni, clonandole, ridisegnandole e assemblandole in modo insolito e originalissimo.
E' da tempo che saltuariamente entro nel suo sito e mi diletto a saltellare in queste surreali danze di pixel e un articolo apparso in questi giorni su Focus me lo ha fatto ricordare. Visitatelo anche voi, ne vale la pena ... Posizionatevi con il mouse su un punto qualsiasi dell'immagine e provate a cliccare: vedrete il particolare ingrandirsi sempre di più, ad ogni zoomata che fate, conservando un livello di risoluzione elevatissimo. Cliccate, cliccate e cliccate ancora nello stesso punto e vi troverete risucchiati in questo magico mondo di particolari ultradefiniti. Questi sono i link relativi alle immagini da me preferite: Babilonia, che vi incuriosirà nella ricerca dei personaggi nascosti e Biblioteca Ideale, così nitido da permettervi di leggere persino il titolo dei libri. Se invece volete farvi un giro a Parigi, eccovi accontentati! C'è l'imbarazzo della scelta, per cui ... buon click compulsivo!!! |
Post n°669 pubblicato il 11 Maggio 2010 da morton0
L a storia dell’umanità è puntellata da conquiste sociali, battaglie civili, lotte per la difesa dei diritti, che, pur tra mille contraddizioni, hanno sancito l’evoluzione della nostra civiltà. E’ sufficiente pensare, a titolo di esempio, alle campagne per l’abbattimento delle barriere architettoniche, per la tutela delle pari opportunità e per la promozione di condizioni di vita migliori e uguali per tutti. Bene, non tutti sanno però che ci sono lotte vissute in sordina, meno propagandate ma non per questo meno importanti, e che coinvolgono aspetti della vita quotidiana che nessuno di noi si sognerebbe di esibire in piazza. Eh si, è proprio il caso di dirlo, perché è ciò che è successo praticamente dal 1964 al 1981 in Inghilterra e che ha avuto come oggetto del contendere qualcosa di decisamente poco ostentabile: il buco del culo. Veniamo subito ai fatti, perché sento già la sirena dell’ambulanza che avete chiamato per soccorrermi … Tutto ebbe origine, appunto, nell’ormai lontano 1964, poco dopo la mia nascita (questo fatto non dovrebbe interessarvi, ma potrebbe essere un’informazione anagrafica che potreste dare all’accettazione per il mio ricovero), quando uno sfortunato dipendente statale mostrò al suo responsabile un certificato medico in cui si attestava la presenza di emorroidi e la conseguente richiesta di sostituire il modello di carta igienica vigente in tutti gli uffici statali, molto ruvido tipo carta vetrata, con qualcosa di più morbido e sopportabile dal nobile foro. Suscitò rabbia e indignazione il secco no degli amministratori, motivato da ragioni squisitamente economiche e molto poco rettali, al punto tale da avviare una vertenza che, a fasi alterne e a cicli più o meno continui, durò 17 anni, fin quando cioè comparvero sul mercato rotoloni di morbidezza meno cari. Tanto tempo, forse troppo per la patria del cricket e della bombetta, che in quel lungo periodo nel suo ordine di priorità diede il primato alle Isole Falkland (crociera che indubbiamente costò molto ai sudditi della Regina), lasciando le questioni anali in coda alla classifica perché ritenute troppo onerose! Se penso che il simbolo di una famosa marca di carta igienica, nota e decantata per la sua morbidezza e porosità, è proprio una volpe stile british, allora penso anche che questa battaglia, a modo suo, abbia contribuito a rendere migliori la vita dei dipendenti statali inglesi. C’è solo da chiedersi: se la soffice carta ha sostituito gli impervi fogliacci, che fine hanno fatto questi ultimi? Non è che magari sono finiti sui tavoli di qualche Ministero …?!?
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Post n°668 pubblicato il 15 Dicembre 2009 da morton0
"L'amore è un bellissimo fiore, ma bisogna avere il coraggio di coglierlo sull'orlo di un precipizio" (Stendhal) In questo aforisma di Stendhal è racchiusa tutta l'ambivalenza della forza attrattiva e, nello stesso tempo, della consapevolezza del rischio che il sentimento dell'amore porta con sé. E' incredibile pensare come ciò che più siamo propensi a cercare nella vita, l'amore completo ed eterno, rappresenti anche qualcosa che in parte temiamo. Molte persone (o magari anche noi, almeno una volta nella vita) hanno sperimentato la vertigine di un sentimento così forte, la voglia di volare ma anche il bisogno di rimanere zavorrati a terra. Ma da dove viene la paura di amare? Assurdo pensare di trovare una risposta nelle scarne righe di un post, ma possiamo comunque provare a fare qualche breve riflessioni in proposito. La risposta più immediata che verrebbe in mente a tutti è che le delusioni pregresse possono aver lasciato il segno, che nessuno dopo una bastonata sui denti ha voglia di rimettersi in gioco. Allora, la paura di essere nuovamente feriti e di essere esposti ad un dolore ancora più devastante ci può condurre sulla strada della rinuncia, che può prendere due diverse direzioni. La prima ha a che fare con la chiusura in se stessi, ovvero il rifiuto sordo e silente ad avviare nuove relazioni, in una resa totale razionalizzata attraverso pseudo giustificazioni sui presunti lati negativi nell'intraprendere una nuova storia ("non si sa mai cosa posso trovare, in fondo sto bene così") o sulla ricerca puntigliosa dei difetti dell'altra persona. Un’altra direzione, che implica anch'essa una rinuncia ad amare, potrebbe essere quella di "tenere i piedi in due scarpe", di vivere contemporaneamente diverse relazioni "mordi e fuggi", di cambiare spesso rabbiosamente partner per non cambiare dentro, per non fare i conti con la rabbia che si ha dentro, in un tentativo vano di autoanestetizzarsi da un dolore troppo grande per poter essere accolto ed elaborato. Ma c’è una seconda riflessione da fare: a volte dietro la paura di amare può nascondersi un’altra paura, ovvero quella di smarrirsi, di annullarsi, di vedere dissolti i confini tra sé e la persona amata. Non si tratta semplicemente del timore di perdere la propria libertà, ma di qualcosa di più profondo e che riguarda la paura di lasciarsi andare, di perdere il controllo di sé, delle proprie emozioni e, in ultima istanza, della propria vita. Ci si nasconde così dietro la maschera del distacco e della fuga dai sentimenti, in un rapporto dove tutto è già noto e deciso, dove non si lascia spazio all’imprevisto, alla sorpresa, all’immaginazione, al moto passionale. In tutti i casi, la paura può essere vista come una forma di difesa, come un’emozione che ci fa compiere atti il cui scopo immediato è quello di proteggerci dal pericolo, ma che alla resa dei conti ci si ritorcono contro, in una sorta di autogol dove tutto ciò che noi viviamo come negativo non può trovare altro che una conferma nella realtà. |
Post n°667 pubblicato il 07 Dicembre 2009 da morton0
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Bambino
Bambino, se trovi l'aquilone della tua fantasia legalo con l'intelligenza del cuore. Vedrai sorgere giardini incantati e tua madre diventerà una pianta che ti coprirà con le sue foglie. Fa delle tue mani due bianche colombe che portino la pace ovunque e l'ordine delle cose. Ma prima di imparare a scrivere guardati nell'acqua del sentimento.
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Post n°665 pubblicato il 14 Ottobre 2009 da morton0
In questi giorni risuonano ancora gli echi dei commenti relativi all'assegnazione del premio Nobel per la Pace al Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, assegnazione che ha suscitato non poche perplessità anche da parte di chi vi scrive: frettolosità, parziale infondatezza, determinato più dal nome e dalle parole, che da scelte concrete. Altri ne colgono un sottile disegno politico da retrobottega, qualcuno (Murdoch) si spinge oltre sostenendo che Obama in questi giorni si sia comportato più come cittadino di Chicago che Presidente di una Nazione e che, quindi, il conferimento del Nobel potrebbe essere stato un tentativo di recuperare terreno dopo la mancata assegnazione delle Olimpiadi ... (a dimostrazione che il binomio media e politica o antipolitica è potente non solo da noi, ma questa è un'altra storia). Ritornando al Nobel, esagerato, si; precipitosa l'assegnazione, certo, ma molti sono anche pronti a concludere con la speranza che sia di buon auspicio per il futuro. Qualche piccola prova, anche se non legata all'evento specifico, pare stia arrivando. Se per Pace intendiamo qualcosa che va oltre alle motivazioni di un premio ("per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli"), ma una dimensione di vita che può manifestarsi solo se sorretta da principi di giustizia e di eguaglianza, nel rispetto dei diritti inalienabili di ogni uomo anche all'interno dei confini del proprio stato, allora non possiamo non continuare, pur con le nostre legittime perplessità, a condividere l'ottimismo e la stella del buon auspicio. E veniamo alla “piccola” grande prova. In questi giorni Obama sta ponendo fine alla cosiddetta politica del Don’t ask, don’t tell (Non chiedere, non dire), più comodamente Dadt, voluta dal Presidente Clinton nel 1993 e tuttora in vigore, secondo la quale i soldati gay possono effettivamente arruolarsi nell’esercito degli Stati Uniti, solo a condizione di non rivelare e di non dare alcuna prova del loro orientamento sessuale. Come dire, vi faccio entrare (e nel 1993, forse, era già qualcosa …), ma, mi raccomando, state zitti e ascoltate in silenzio le esaltazioni della gnocca dei vostri commilitoni: qui dentro siete tollerati, ma non si può dire perché siamo tutti figli di una morale borghese, bigotta e maschilista, con quel tanto di ipocrisia che basta per completare l’opera. I numeri parlano chiaro: per gli effetti del Dadt sono stati circa 12000 in America i soldati che, pur avendo ottenuto meriti militari nei campi di azione più infuocati (Iraq, Afghanistan) sono stati poi congedati perché, facendo outing, con la loro condotta omosessuale avrebbero tradito il codice militare. Obama, estinguendo in tal modo un debito contratto con la comunità elettorale gay che lo ha sostenuto, si propone di compiere un intervento politico di enorme portata rivoluzionaria proprio all’interno di quello che, per antonomasia, viene considerato lo strumento di guerra, cioè l’esercito. Porre fine alla discriminazione sessuale nell’esercito può voler dire andare nella direzione di quel buon auspicio a cui tutti ci aggrappiamo, poiché significa riconoscere negli uomini e nelle donne omosessuali il diritto di esserci, di contribuire alle sorti del proprio paese, di fare la Storia anche a partire dalle proprie, diverse storie. Se Pace significa anche questo, e non solo ritiro immediato di truppe, allora un Premio dato sulla carta può forse tradursi in una cambiale firmata al mondo, verso una politica più attenta ai bisogni delle persone nelle loro molteplici, straordinarie diversità
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Post n°664 pubblicato il 22 Settembre 2009 da morton0
Non amo parlare di Berlusconi e delle suoi presunti festini. Non certo per questioni politiche e neanche per senso di pudore ... Semplicemente non mi va, perchè lo ritengo perfettamente inutile e di nullo interesse. Ma questa storiellina, ricevuta via mail un po' di tempo fa, è davvero simpatica. Leggiamola: |
Post n°662 pubblicato il 13 Settembre 2009 da morton0
I dati emersi nella fuga di notizie di questi giorni sembrano essere certi: Caster Semenya, campionessa mondiale degli 800 metri a Berlino, è metà uomo e metà donna, in quanto in possesso di attributi maschili e di organi femminili. Che dire? Tutto in perfetta regola, ogni elemento può rientrare nelle rassicuranti categorie di sempre. La Iaaf (International Association of Athletics Federations) e il comune buon senso di chi si aspettava tutto ciò hanno avuto quello che di fatto speravano di ottenere: un chiaro, lucido caso di ermafroditismo, come tale da tacciare nelle sue implicazioni sportive. Non so cosa succederà ora, con ogni probabilità le verranno tolti i titoli conquistati a Berlino. La giustizia sportiva seguirà il suo corso, come sicuramente è giusto che sia. E'successo a Pistorius per i vantaggi che gli avrebbero procurato le sue protesi (per lui ci siamo indignati ...), succede ora a Semenya e ai vantaggi derivanti dal suo dosaggio massiccio di testosterone (per lei/lui siamo meno inclini ad indignarci, ma si sa: ci sono diversità più vicine, altre più lontane ...). Ma chi è davvero Semenya? Ci interessa davvero sapere chi c'è dietro la fredda etichetta diagnostica, che si da il caso sia anche un pesante stigma sociale, di "ermafrodita"? Toh, forse c'è una persona, magari un ragazzo o una ragazza (si parla di un/una diciottenne, per carità!), che ha tentato in tutti i modi di farsi strada tra chiusure mentali del suo paese, possibili rifiuti, latenti o manifesti, della sua famiglia, derisione e scherno dei coetanei. Magari, un ragazzo o una ragazza che nello sport ha cercato disperatamente un luogo di rivalsa, un motivo di riscatto, perché nella vita si può anche accettare di perdere, ma se madre natura ti ha sputato contro in questo modo, merda, o corri e vinci, oppure ti spari ... Semenya l'ermafrodita perde. Vince la logica classificatoria, vince la giustizia sportiva, vince la cieca e ossessiva ricerca di un ordine universale, dove tutto deve essere al suo posto e mai fuori posto. Semenya a posto non è, Semenya paga restituendo la medaglia, ma anche la sua dignità dipersona. Un pensiero a lei, ributtata nell’inferno da dove tentava di uscire. Un messaggio a chi si occupa di queste cose e che sicuramente non legge queste righe: nulla da dire sulla correttezza del verdetto, crudamente inattaccabile e ineccepibile, ma tanto da dire sui modi attraverso ai quali si è arrivati a questa conclusione … Non servivano riflettori, non serviva tanta fanfara per proclamare una pomposa intenzione a sistemare le cose, come le leggi dello sport e e di madre natura “richiedono” … Quando ci sono di mezzo persone, magari di diciotto anni, ermafrodite o non, serve di più un silenzio rispettoso, perché all’inferno già di per se si sta male, ritornarci dopo una favola, ancora di più … |
Post n°661 pubblicato il 11 Settembre 2009 da morton0
Pochi giorni fa mi sono imbattuta in un titolo scritto a caratteri cubitali in uno dei giornali gratuiti che si trovano in metropolitana, titolo che recitava così: "si è spenta la televisione". Come dire che con la morte di Mike finisce, in maniera irreversibile, un pezzo di storia d'Italia. Che la TV si stesse spegnendo da un po' di tempo, ancor prima della triste dipartita del nostro, lo si era percepito da una chiara serie di rantoli: programmi trash, contenitori di spettacolo di pessimo gusto, reality show ove regna incontrastata l'esaltazione della stupidità, dibattiti televisivi al vetriolo ma vuoti di contenuti ... A prescindere dai giudizi di valore, peraltro soggettivi e comunque rispettosi nei confronti di chi si appassiona per questi spettacoli, sarebbe utile soffermarsi un attimo a riflettere su cosa è realmente cambiato nella TV di oggi rispetto a quella di ieri. La televisione di ieri, quella di Mike ma anche di Corrado, di Raimondo Vianello e dell'indimenticabile Enzo Tortora, era una magica valigia di miti portatili, fatta di presentatori onnipresenti e tuttofare che, con i loro modi garbati e con la loro morale borghese, rappresentavano un efficace concentrato di tutti i bisogni, i valori, le speranze, le delusioni, i sogni dell'italiano medio. Non miti lontani e patinati, presi a prestito dalla celluloide d'oltre oceano, ma persone vicine a noi, con la loro immediatezza e il loro modo semplice di parlare alla gente. Per dirla alla Eco, non dei supermen ma degli everymen, persone di tutti i giorni. Oggi i miti sono stati frantumati e assumono le sembianze di "nobili" decaduti che vanno su un'isola o in una fattoria alla ricerca delle ultime briciole di notorietà, oppure di volti anonimi che la visibilità la rincorrono esibendosi in una casa ed esposti al nostro Grande Occhio. La TV di un tempo era anche la TV dell'attesa, dei rituali anticipatori, del prepararsi emotivamente al grande avvenimento, che puntualmente andava in onda all'ora X del giorno Y. Che si trattasse dello sbarco sulla luna, di Rischiatutto o del Festival di Sanremo, quella era la televisione che faceva del tempo il suo punto di forza, a differenza di oggi dove tutto viene inghiottito nel grande magma del format, che conserva la sua serata clou, ma che vive soprattutto delle molte "code" in fasce orarie diverse, spalmandosi in modo indifferenziato e tentacolare in tutti i momenti della nostra quotidianità. Infine, quella TV faceva sentire vicini, aggregava, diventava motivo e stimolo di conversazione: nei luoghi di ritrovo, ma anche sui mezzi pubblici o per telefono. Nata con Mike nei bar, la scatola magica sapeva catturare l'attenzione di tutti, senza incatenarla nell'ebetismo passivo da anestesia totale, ma, anzi, contribuendo a creare una comunità di discorso (quale grande espressione antesignana del blog ...!) difficilmente riscontrabile ora. Tutti vedevano la stessa cosa, tutti, nel bene o nel male, fruivano di un unico messaggio, a differenza di oggi, dove la frammentazione dei palinsesti, delle offerte e dei servizi (TV digitale, pay per view, pacchetti televisivi) portano le persone ad avere ognuno il proprio programma, in una sorta di Babele di contenuti e di lingue diverse Miti che si sgretolano, rituali che si dissolvono, spazi di comunicazione che si annullano, in TV ma anche fuori dalla TV ... eh si, caro Mike, dopo di te tante cose si stanno spegnendo ...! |
Pechino 2008-Berlino 2009: oggi come un anno fa ... I genitori di Usain erano preoccupati ... il loro bambino cresceva a dismisura, in una famiglia che contemplava soggetti, loro compresi, decisamente più larghi che lunghi ... ma baby Bolt, sin da allora, voleva fare le cose di testa sua ... e cresceva, cresceva, cresceva spaventosamente, al punto da indurre i suoi genitori a richiedere un consulto medico. Il "piccolo" Usain stava sovvertendo i valori di Mamma Genetica, mostrandosi da subito più lungo che largo. |
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