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APPUNTI PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO [1]

Post n°4 pubblicato il 12 Aprile 2007 da claudiofondelli

[estratto della relazione alla conferenza degli eletti 2007 della Federazione di Arezzo del PRC]

La struttura amministrativa

L’insufficienza delle strutture tecnico-amministrative degli enti locali (in particolare nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 ab.) rappresenta uno dei principali limiti ad un’efficace azione di governo del territorio. Tale carenza, strutturale e non contingente (ovvero non determinata dal nuovo quadro normativo regionale in materia – LRT 1/2005), si è particolarmente acuita nell’ultimo decennio in conseguenza della frammentazione e della proliferazione degli adempimenti in materia edilizia ed urbanistica, nonché dall’introduzione delle procedure edilizie semplificate (DIA) che se da un lato hanno ridotto i tempi di rilascio delle autorizzazioni inerenti l’attività edilizia hanno dall’altro aumentato gli adempimenti della pubblica amministrazione in termini di azioni di accertamento preventivo sottoposti a tempi prestabiliti non posticipabili (15 gg. dalla presentazione dell’istanza è il tempo massimo per effettuare le verifiche di legge da parte del responsabile del procedimento) che determinano un ordine di priorità non dipendente dal programma amministrativo ma dalla consistenza delle istanze edilizie presentate.

La mancanza di un’adeguata struttura tecnico-amministrativa inoltre non comporta solamente ritardi o inadempienze nell’espletamento dell’iter amministrativo di formazione degli strumenti urbanistici, ma soprattutto non consente un’adeguata azione di controllo e gestione nell’attuazione delle previsioni degli strumenti urbanistici, compromettendo spesso il raggiungimento degli obbiettivi fissati e dunque l’efficacia dell’azione amministrativa.

Si può portare ad esempio esplicativo l’iter di approvazione di un piano particolareggiato, Piano di Lottizzazione o altro, di iniziativa privata; sensibilmente diversi saranno i risultati ottenuti nel caso in cui la struttura tecnico-amministrativa si limiti, per mancanza di risorse e personale, ad una mera verifica formale del rispetto delle norme e della legislazione in materia, oppure svolga un ruolo di carattere compartecipativo nella definizione dei contenuti del medesimo (contrattazione delle caratteristiche formali e tipologiche degli spazi pubblici, definizione dei materiali da impiegare, etc.).

Considerando i limiti di spesa ai quali la pubblica amministrazione è sottoposta è palese che difficilmente si potrà sopperire alle carenze presenti nelle attuali strutture tecniche-amministrative, come difficilmente sarà possibile colmare tali deficit attraverso la sola esternalizzazione della redazione degli strumenti urbanistici, sia perché la fase di elaborazione del piano è soltanto una delle componenti del processo di gestione del territorio, sia perché la mancanza di raccordo tra le strutture di gestione e quelle di elaborazione degli strumenti urbanistici può comportare difficoltà e contraddizioni nella fase gestionale.

Se un piano urbanistico di mediocre o pessima qualità può comunque produrre dei buoni risultati a fronte di una gestione accorta del medesimo è altrettanto vero che un piano urbanistico, per quanto di alto profilo, non produrrà alcun risultato positivo se gestito in maniera inadeguata.

Una prima risposta che consenta di qualificare l’azione della pubblica amministrazione può consistere nel cercare di implementare la struttura tecnico-amministrativa dell’area tecnica e se possibile dividerla in due settori, il primo che si occupi dell’attività edilizia ed il secondo di quella urbanistica (anche attraverso la formazione di strutture di carattere sovraccomunale, in particolare nel caso dei piccoli comuni), con personale e strumentazione distinta e, possibilmente con locali separati. L’obbiettivo da conseguire sarebbe quello di strutturare un settore che operi come un “ufficio di piano”, ovvero svolga direttamente sia la fase di elaborazione che quella di gestione degli strumenti urbanistici, affidando esternamente la funzione di coordinamento della fase elaborativa (attraverso il ricorso a profili professionali specializzati) raggiungendo così il duplice obbiettivo di garantire un adeguato livello qualitativo del piano e di qualificare/formare e coinvolgere il personale interno motivandolo e preparandolo adeguatamente a svolgere la fase gestionale.

Se indubbiamente il personale degli enti locali rappresenta un’importante risorsa spesso sotto utilizzata, quando non demotivata, è altrettanto vero che, in particolare nei comuni di medie e piccole dimensioni, non è possibile demandare interamente alla struttura interna tutte le responsabilità e gli adempimenti tecnici ed amministrativi e conseguire contestualmente un innalzamento dell’efficienza e della qualità della loro azione (sia in ambito Edilizio - Urbanistico che dei Lavori Pubblici). Occorre necessariamente procedere con la loro qualificazione attraverso mirate occasioni di formazione ed aggiornamento professionale e con l’interazione con professionalità di rilievo (a cui affidare compiti di coordinamento) che favoriscano lo scambio di metodologie e conoscenze, come dotarsi di “strutture di service” (rapporto a carattere convenzionale con tecnici esterni) temporanee, che instaurando un rapporto di carattere non continuativo non comportano una spesa significativa (non si tratta, tra l’altro, di lavoro precario, essendo rivolto a categorie economiche – i professionisti – che operano per obbiettivi) che si occupino di redigere materialmente la documentazione tecnica necessaria o quantomeno di contribuire significativamente ad elaborarla integrando, senza sostituire, il personale dipendente.

Nel merito della tempestività e dunque dell’efficacia di un processo di riorganizzazione, sul modello di quella sopra indicato, in una fase in cui buona parte delle amministrazioni comunali si sono già dotate del Piano Strutturale, quando non anche del Regolamento Urbanistico, credo sia  importante rilevare che la suddivisione del Piano Regolatore Generale in due strumenti distinti, il primo di programmazione – il Piano Strutturale – ed il secondo di attuazione – il Regolamento Urbanistico – consente di incidere in misura qualitativamente rilevante anche in presenza del primo (che comunque può essere sempre sottoposto a variante), agendo sul secondo e sugli altri atti di governo del territorio quali i piani complessi d’intervento, i piani e programmi di settore, gli accordi di programma, etc. (tutti atti di esclusiva competenza dell’amministrazione comunale e dunque facilmente modificabili), in quanto la mera previsione urbanistica non produce effetti concreti se non all’atto della sua attuazione.

Relativamente al rischio di essere ancor più sottoposti alle pressioni di interessi particolari, a seguito della maggiore autonomia locale introdotta dalla legislazione regionale, credo che questi siano connessi alla alta redditività prodotta dalla trasformazione del suolo a prescindere dalle competenze riservate ai diversi livelli amministrativi (comuni, province o regione). Una maggiore centralità ed autonomia degli enti locali, rispetto ai livelli amministrativi di secondo livello, se può rappresentare un fattore potenziale di rischio per il minor controllo esercitabile da parte di essi (controllo, ad onor del vero, mai efficacemente ed omogeneamente esercitato fino ad oggi), può rappresentare anche l’opportunità di un governo del territorio meno eterodiretto (in fondo il controllo delegato agli enti superiori era pur sempre un controllo politicamente molto influenzato) e più consapevole da parte della comunità amministrata, a condizione che si promuovano significative azioni partecipative in fase di formazione degli strumenti urbanistici ed, in ogni caso, in occasione delle principali scelte di carattere amministrativo dell’ente.

 
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