Creato da: claudiofondelli il 26/08/2006
appunti per l'amministrazione del territorio

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

Ultimi commenti

L'ipotesi di lavoro che propongo non si pone...
Inviato da: claudiofondelli
il 03/08/2010 alle 16:33
 
Hai beccato giusto, forse unico fra illustri teorici della...
Inviato da: Antonio Bonomi
il 21/07/2010 alle 18:07
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 

I miei link preferiti

Contatta l'autore

Nickname: claudiofondelli
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 55
Prov: PG
 
 

 

 
« APPUNTI PER IL GOVERNO D...OPERE PUBBLICHE E MODELL... »

APPUNTI PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO [3]

Post n°6 pubblicato il 05 Maggio 2008 da claudiofondelli

[estratto dalla relazione alla conferenza degli eletti 2007 della Federazione di Arezzo del PRC]

L’edificazione del suolo

Non c’è dubbio che la forte spinta edificatoria che ha caratterizzato e continua a caratterizzare anche la nostra provincia rappresenta uno dei maggiori fattori di depauperamento delle risorse (a partire dal suolo), di crisi ambientale (per l’eccessiva impermeabilizzazione di vaste aree di suolo, per la concentrazione di elementi inquinanti, congestione del traffico, etc.) e soprattutto di disuguaglianza, in quanto se da un lato le plusvalenze derivate dal processo edificatorio risultano quasi esclusivamente ad appannaggio dei soggetti economici promotori e dei proprietari delle aree edificabili è altrettanto vero che dall’altro i costi di gestione della città (proporzionali alla sua crescita e dunque in costante incremento) risultano a carico dell’intera collettività alla quale, ogni volta che la città incrementa la sua dimensione non proporzionalmente al fabbisogno (leggasi investimenti immobiliari e immobili sotto utilizzati o non utilizzati affatto), viene sottratta una quota significativa di risorse che vengono impiegate per la gestione e la manutenzione delle infrastrutture e delle reti, anziché ridistribuite sotto forma di servizi ed agevolazioni per le fasce sociali più deboli. La “cementificazione”  dunque, se non effettivamente connessa al soddisfacimento di un bisogno, rappresenta soltanto un costo che la comunità si assume per la crescita economica di pochi.

 Tuttavia tale processo si è così fortemente manifestato e consolidato non soltanto per una cultura amministrativa e politica superficiale (quando non illegittimamente interessata) che ha visto la cementificazione del suolo come motore di sviluppo e crescita economica, ma anche per le sempre crescenti difficoltà economiche in cui gli enti locali si sono trovati e che hanno visto negli introiti degli oneri di urbanizzazione derivanti dall’edificazione del suolo un’entrata in grado di controbilanciare l’aumento dei costi e dunque di consentire il mantenimento dei servizi e delle attività amministrative, a partire dalle opere pubbliche, indicate nei mandati elettorali.

 Se è certo che tale processo, di fatto, rappresenta soltanto una posticipazione ad alto tasso d’interesse delle risorse oggi incamerate con gli oneri (in incremento dei costi manutentivi e gestionali futuri) che deve dunque essere superata, è altrettanto evidente che occorre procedere con un’azione progressiva, non traumatica, che consenta comunque all’ente di invertire tale tendenza senza però  dover rinunciare alla qualità ed alla quantità dei servizi erogati ed ai soggetti economici privati di orientarsi sulla trasformazione e riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, rispetto alla nuova edificazione del suolo come avviene attualmente.

 Tale obbiettivo potrebbe essere raggiunto agendo su due distinti fronti; da un lato riducendo le quote di nuova edificazione degli strumenti urbanistici e conseguentemente la quota di oneri da destinare alle spese correnti di bilancio ed introducendo in essi il principio della perequazione (di seguito trattata) e dall’altro operando con scelte di indirizzo che consentano il reperimento di risorse diverse da quelle derivanti dagli oneri di urbanizzazione, anche attraverso azioni come quelle indicate nel successivo paragrafo (la politica abitativa e dei servizi).

Inoltre, nei casi dove risulta complessa e difficoltosa la limitazione delle nuove quote edificatorie (come in presenza di strumenti urbanistici già vigenti o  in mancanza di una larga condivisione di tale obiettivo), per limitare un eccessivo scostamento tra fabbisogno abitativo e patrimonio edilizio edificato o in corso di edificazione (che come prima evidenziavo rappresenta un costo per la comunità in termine di gestione e manutenzione delle reti e delle infrastrutture) potrebbe essere opportuno introdurre negli strumenti urbanistici (Regolamento urbanistico in particolare) il principio dell’attuazione delle previsioni edificatorie per fasi successive, ovvero subordinate al conseguimento di determinati livelli di soddisfacimento da monitorare attraverso verifiche ex-post periodiche (introducendo un limite minimo di utilizzo effettivo del patrimonio edilizio - a titolo esemplificativo si può ipotizzare non inferiore all’80% - da conseguirsi quale presupposto per prevedere l’attuazione di una nuova quota edificatoria - sempre a titolo esemplificativo ipotizzabile nell’ordine del 20-30% della previsione complessiva).

In merito ai criteri da adottare  per l’individuazione delle aree soggette a trasformazione urbanistica da inserire nel Regolamento Urbanistico, potrebbe essere opportuno ricorrere alla metodologia dell’Analisi di Soglia (ideata da j. Kozlowski e sperimentata in Italia da F. Forte ed altri) o di altra metodologia analoga che dia priorità a quelle previsioni il cui costo di attuazione risulta complessivamente meno oneroso, rispetto alle altre opzioni possibili, per la collettività (in sintesi che sia dato priorità alla trasformazione delle aree libere prossime a quelle attualmente urbanizzate ed in particolare a quelle contigue agli ambiti il cui ampliamento risulta possibile senza interventi significativi sulla rete viaria e sulle reti dei servizi).

Merita inoltre un approfondimento il principio della perequazione urbanistica, recentemente introdotto dalla legislazione regionale (ma già presente e praticato da un decennio in altre regioni, quali l’Emilia Romagna), la cui peculiarità principale è quella di ridistribuire la rendita tra tutti i soggetti interessati dalla trasformazione urbana e non soltanto tra i proprietari delle aree edificabili, oltre che – più utilmente – ottenere come contropartita ai diritti edificatori concessi la cessione non onerosa delle aree necessarie per attuare le previsioni urbanistiche di interesse pubblico, quando non addirittura la realizzazione stessa delle infrastrutture e delle reti.

Anche se risulta evidente che far dipendere l’acquisizione delle aree e la realizzazione di infrastrutture e reti dall’attuazione di quote di nuova edificazione significa correre il rischio, concreto, di innescare una spirale di crescita urbana incontrollata, assolutamente deleteria  (occorre dunque prestare particolare attenzione all’applicazione di tale principio) la sua applicazione resta tuttavia necessaria, nel quadro normativo esistente, per evitare di incorrere in alcuni rischi quali l’indennizzo ai proprietari delle aree per mancata attuazione della previsione pubblica (vedi paragrafo successivo la politica abitativa e dei servizi) e perchè, se utilizzato intelligentemente, può invece rappresentare un effettivo strumento di redistribuzione indiretta di parte del plusvalore derivante dalla rendita fondiaria a tutta la collettività.

In sintesi, se il principio perequativo generalmente si attua attribuendo una parte della quota edificatoria alle aree di piano destinate ad usi pubblico e compensando il proprietario che le cede con una parte del plusvalore derivante dalla loro vendita, estendendo la distribuzione dei diritti edificatori proporzionalmente su l’intera area omogenea (Utoe) di piano, interessando anche le aree pubbliche esistenti (verde, impianti sportivi, scuole, etc.) l’Amministrazione Comunale sarà detentrice di una determinata quantità di quote edificatorie che potrà successivamente cedere (attraverso l’espletamento di una gara di evidenza pubblica) capitalizzando in termini monetari il valore delle medesime (azione legittima in quanto tali aree concorrono a formare gli standard urbanistici per l’edificazione del suolo), ovvero incamerando direttamente parte del plusvalore derivante dalla rendita fondiaria senza aggravio per l’acquirente finale (in quanto il prezzo di vendita è fissato dal mercato e dunque indipendente dai costi sostenuti dall’imprenditore).

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/territorio/trackback.php?msg=4633211

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
Nessun Commento
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963