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Viaggio nella lingua italiana (ed oltre)

Post n°3 pubblicato il 28 Ottobre 2005 da threecharlie
 
Foto di threecharlie

Faccio una premessa; da anni seguo una trasmissione radiofonica, su Radio RAI 2, che si occupa di problemi di cuore tra il serio ed il faceto. Da poco è stata trasferita di fascia oraria e quindi da amica fedele delle 08.00 è diventata un'amica da inseguire alle 11.30. Uno degli aspetti che mi piace è che i conduttori (soprattutto la conduttrice) hanno una certa attenzione per la lingua italiana, ed ascoltandoli spesso ricavo utili insegnamenti che cerco di ricordare quando si tratta di scrivere. Oppsss... che sbadato: la trasmissione si chiama "Fabio e Fiamma e la trave nell'occhio".
Ma non è della trasmissione che voglio parlare, né degli argomenti toccati ultimamente, ma perché mi è venuta voglia di scrivere alla redazione ispirato da un loro battibecco circa la correttezza dell'uso del "c'aveva".
Nello scriver loro ho usato un esempio di un romanzo/testo teatrale che amo profondamente; Novecento di Alessandro Baricco. Alla fine della mail mi sono reso conto che avevo, come spesso mi succede, scritto più di quel che era l'argomento della "discussione" e dato che, rileggendomi, penso sia una cosa che mi è venuta particolarmente bene ho deciso di copiaincollarvela qui, in modo che possiate anche voi condividere (o meno) quello che ho scritto:

Miei cari Fabio e Fiamma,
non sono un maestro, né un professore; sono uno che per pagare le bollette a fine mese ha scelto di fare il taxista, ma che nella vita ha incontrato la letteratura, ed ha scoperto di essere in grado di tradurre emozioni, sensazioni, giocando con le parole, e con il loro significato per comporre mosaici che sono l'estensione del mio essere.
Grazie ad un'amica, ho scoperto un autore, uno scrittore, un "dannato" giocoliere della lingua italiana, che con le sue parole mi ha ipnotizzato, come gli incantatori di serpenti indiani fanno con i loro cobra dagli occhiali. Il suo nome è Alessandro Baricco, un uomo che ha saputo portare la letteratura in piazza facendone uno spettacolo, un moderno menestrello dall'acuta conoscenza dell'animo umano e che con questo gioca ed interagisce.
Ma finisco di tessere le lodi dell'autore per passare a quello che ancora adesso definisco il mio libro, quello in cui mi sento a mio agio, come un vestito buono confezionato da un sarto su misura (il vestito, non il sarto), letto e riletto tanto da pensare che prima o poi lo racconterò davanti ad un pubblico, su di un palco, un sogno nel cassetto più realizzabile di tanti altri, uno che posso gestire:
Novecento.
 
Non so se è perché, essendo nato come testo teatrale, il suo approccio con il lettore ed il pubblico dev'essere immediato, lessicale, amichevole; potrebbe anche essere, dato che il suo autore è persona talmente raffinata da aver voluto mettere anche quello tra le righe di quella storia, ma di sicuro il "C'aveva", che deriva come citato dall'ascoltatrice dall"averci", è usato molte volte all'interno del testo.
Vi cito solo il primo che si incontra nel cammino di questa splendida metafora del pianista che mai era sceso da quella nave:
 

..."Quello che per primo vede l'America. Su ogni nave ce n'è uno. E non bisogna pensare che siano cose che succedono per caso, no... e nemmeno per una questione di diottrie, è il destino, quello. Quella è gente che da sempre c'aveva già quell'istante stampato nella vita. E quando erano bambini, tu potevi guardarli negli occhi, e se guardavi bene, già la vedevi, l'America, già lì pronta a scattare, a scivolare giù per nervi e sangue e che ne so io, fino al cervello e da lì alla lingua, fin dentro quel grido (gridando), AMERICA, c'era già, in quegli occhi, di bambino, tutta l'America.

Lì, ad aspettare."...

Magari non avrò contribuito molto più di quel che avevano già fatto, ma avevo voglia di dire la mia e così ho fatto.

 

Simpaticamente vostro.

 
 
 

Quando la città rispolvera la storia.

Post n°2 pubblicato il 19 Ottobre 2005 da threecharlie
 
Foto di threecharlie

Miei cari lettori, comincio questo blog con un ringraziamento a chi ha dato nuova vita alla piazza centrale della mia città, Rovigo. Non è un ringraziamento "politico" verso il sindaco o chi per lui, benché sicuramente è artefice del lavoro di maquillage fatto, ma perché ho visto con quanta dedizione gli esecutori materiali hanno ridato luce a monumenti che sono non solo un simbolo della mia città, ma anche, e soprattutto, un simbolo della mia quotidianità.

Hanno restaurato la colonna con il Leone di San Marco ed il monumento a Vittorio Emanuele II, hanno restaurato tutto il porticato che circonda la piazza, i vecchi lampadari, il palazzo Roverella (beh, non è finito ma l'esterno ora è godibile).

Fino a qui, la cronaca, e dubito che possa scuotervi ecessivamente, a meno che non siate anche voi rodigini, e che anche a voi piacciano questi monumenti storici. Quel che penso possa aver spazio per un confronto è sapere cosa pensate della vostra città, se la conoscete, se ci siete passati così tante volte davanti da esservi dimenticati che è testimonianza reale, concreta, e in un certo senso viva del vostro passato, di quel che siete.

Mi spiego; passeggiando per i portici della mia città immagino, e sento, che 80 anni fa passavano di lì bimbi in camicia nera, e che a loro non fregasse più di tanto il colore di quello che avevano addosso. Che 150 fa girassero figuri avvolti in pesanti mantelli per sfuggire i rigori dell'inverno che stava per sopraggiungere, e vento, e nebbia, e galaverna, magari usciti fuori dell'osteria pieni di tutti i quartiniche riuscivano a permettersi; a loro forse non importava un granché che alla Gran Guardia ci fossero i soldati del Regno d'Italia, o i crucchi (Austroungarici) che c'erano stati qualche anno prima. E via così per decenni indietro nel tempo, con voli di fantasia come voli di palloncini legati alla storia reale, altro che le fiction tv... questa è storia mia, storia dei miei nonni, dei mei bis-bis-nonni...

Ci pensate mai voi, alla vostra città in questi termini?

Avete mai visitato, come turisti la vostra città, anche se piccola, anche se dimenticata dalla consuetudine?
Cosa provate, per il luogo dove abitate? Esistono ancora delle radici che vi avvicinano all'essenza del vostro esistere?

 
 
 

Piccola presentazione

Post n°1 pubblicato il 18 Ottobre 2005 da threecharlie

Non ho mai creato un mio blog, non fino ad ora. I motivi sono molteplici, ma credo alla fine che è perché non mi è mai veramente importato apparire. Le persone che ho incontrato nel web in questi anni sono state il mio blog, ed alcune di esse contunuano ad esserne parte vivente. Solo poche, pochissime, sono state quelle a cui ho permesso di toccare la mia anima, come sono fatto dentro, quello che è il mio essere diverso, alieno, insolito, interessante, affascinante...

Ad una, e solo ad una di queste persone ho permesso di mettere le mani nella mia anima, come se fosse una palla di pasta da amalgamare, lievitare, stirare. A lei ho affidato la mia anima, tutta, incondizionatamente, senza rimorsi, senza rimpianti...

Ma non è di questo che parlerò, anzi nemmeno so di quel che parlerò, né di quanto, ma di una cosa sono certo.

Quando scriverò ci sarà da leggere sul serio!

 
 
 
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Un blog di: threecharlie
Data di creazione: 18/10/2005
 

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