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Orgoglio ed amarezza

Post n°33 pubblicato il 13 Aprile 2009 da threecharlie
 

Oggi ho conosciuto di persona, o forse meglio dire riconosciuto, un personaggio di cui mi ha parlato un collega ex lagunare, con un'accezione tra il mito e la macchietta (in senso buono). Mi diceva, porta con fierezza lo scudetto della X MAS sul bavero della giacca ed io, non conoscendolo, mi immaginavo un nostalgico immerso in un'epoca che non è questa, legato principii sbagliati perché questo è quello che ci hanno insegnato sui libri di scuola: tutto ciò che si avvicina al fascismo è male.

Non è certo mia intenzione farne una questione ideologica, né tantomeno politica, ma sono rimasto affascinato da questa persona (e non personaggio) che nei dieci minuti trascorsi in taxi per portarlo dalla stazione ferroviaria alla sua abitazione ha cominciato a farmi partecipe dei suoi crucci, delle sue amarezze. Solo dopo che è sceso dall'auto e mi sta per allungare una banconota da 50 euro, sulla quale ne restituisco 32, noto il distintivo e capisco che è lui. Finalmente conosco quell'uomo e comincio a parlarci, dicendo che mi interesso un po' della storia recente d'Italia e che scrivo di aeronautica omettendo di citargli wikipedia, mi dico, perché forse non capirebbe bene di cosa parlo.

Il mio esortarlo a parlare di alcuni episodi che riguardavano quel periodo storico italiano lo hanno aperto come un libro. Gli occhi di un verde chiaro erano illuminati e tristi nello stesso momento, lui rivivendo le immagini dei compagni morti a pochi passi ed io cercando di immaginare il più possibile con umiltà e la consapevolezza che io proprio non so cosa sia la guerra, tanto meno la guerra che mi stava raccontando lui. Una delle tante frasi che mi hanno colpito è stato quando salutando il preside della scuola in cui studiava da perito chimico, qui a Rovigo, lo stesso si rivolse a lui con un gesto paterno "mi raccomando Giovanni" e lui rispose "mi dispiace; non me ne vado perché non ho voglia di studiare ma dobbiamo andare a salvare l'onore di questa nostra Italia", sottolineando, sempre con quegli occhi fieri e tristi: "avevo 16 anni, sedici anni! E parlavo di onore!".

Non si può capire quel che provavano allora se non si parla con il Signor Giovanni A.; quel che sento è un documentario orale come nella tradizione di millenni fa, degno di essere immortalato come gesta eroiche se fossimo stati nella Grecia antica o cantate nella tradizione vichinga. L'orgoglio di appartenere, ad un gruppo si direbbe oggi, ad un'unità che aveva uno scopo, un'idea, una speranza, un onore. Non si può capire la storia se non si ascolta il Signor Giovanni; pur con le sue idee chiaramente legate al regime, queste non profumano di politica, non sono delle semplici idee astratte. Quel che ho ascoltato erano il suo mondo, la sua vita, qualcosa di molto, molto concreto.

Estrae dal portafoglio una foto del suo comandante: "Borghese", mi dice, "è stato per noi un padre; siamo arrivati a la Spezia portandoci da vestire da casa, perché, con rammarico, non aveva di che vestirci. Ci riuscì solo dopo sei mesi".

Dovete perdonarmi; questa mia non è un'intervista o una biografia, per cui le date ora mi sfuggono, così come i luoghi precisi, ed il filo conduttore del suo racconto tende a mescolarsi. Quel che mi affascinava più che la storia in se stessa era la sua passione nel raccontarla, forse la consapevolezza che stavo ad ascoltarlo con attenzione lo invitava ancora più a raccontarmi stralci della sua vita, della sua avversione certi personaggi storici e politici, nel definire "drogato" un noto imprenditore a livello nazionale e deprecare le sue connessioni con la politica italiana della parte, in teoria, avversa. Ne ha per tutti, snocciola epiteti a nomi noti della politica italiana di qualche decina di anni fa, ma non lo fa con la sufficienza della semplice "chiacchiera da bar", dove ancora oggi si incontrano decine di tecnici di calcio, di commissari tecnici della nazionale, di politici ed economisti al grido di "io farei così". No, il Signor Giovanni lo fa con competenza, anche se ripeto con la convinzione della sua appartenenza a quel gruppo già citato prima. Lo fa con chi ha vissuto certe cose sulla propria pelle, sul proprio orgoglio. Quando parla di vergogna che prova per la patria, la sua Italia, che non è la mia perché non la riconosco nei suoi racconti, lo fa con la stessa incisività di quando parlava di onore. Giovanni si emoziona, si arrabbia, gli occhi gli diventano piccoli ed umidi, quindi si ri-arrabbia. Parla brevemente della sua parentesi lavorativa del dopo guerra, della medaglia d'oro che gli hanno conferito che con orgoglio ogni tanto toglie dalla cassaforte per ammirarla, sono convinto per il valore simbolico e non per quello prettamente economico. I pensieri si accavallano, lo saluto più volte perché il lavoro mi attende, lui mi chiede come mi chiamo per dirmi, tra le altre cose, qualcosa che suona come: "Roberto, bisogna avere il coraggio di essere onesti con se stessi; se non si è onesti con se stessi come si fa ad esserlo con gli altri?"... mi commuovo...

Ci sono persone che ti conquistano; il Signor Giovanni è una di queste...

Questo vuole essere un omaggio a Giovanni ed a tutti i ragazzi di Borghese, quelli che credevano in dei valori, magari diversi dai miei, ma a cui è innegabilmente doveroso portare rispetto. Grazie per la lezione di storia, di umanità, di coraggio, di passione, di vita.

 

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Commenti al Post:
annina79dgl
annina79dgl il 16/04/09 alle 23:25 via WEB
bellissima storia. ti invidio molto. le persone come Giovanni...sono le mie preferite. datate, passionali, ricche d'esperienza. ci passerei ore ad ascoltarle.
 
rachele662
rachele662 il 24/08/11 alle 17:46 via WEB
Bell'incontro...io mi sarei commossa insieme a lui. Sono una nostalgica di quel periodo anche se generazionalmente non gli appartengo. Peccato che la storia sia sempre stata poco obbiettiva...almeno, questa è la mia opinione. Grazie per averla condivisa. Buona serata
 
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