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Leggi che fanno acqua

Post n°1481 pubblicato il 19 Novembre 2009 da lidermax.mv
 

Cominciamo il discorso piantando ben fissi nel terreno alcuni paletti fondamentali:

  • l’acqua deve essere un bene comune e non una merce;
  •  il servizio idrico integrato non ha scopo di lucro;

  •  la proprietà della rete di acquedotto e distribuzione deve essere pubblica e inalienabile;

  • la gestione deve essere attuata esclusivamente mediante enti o aziende interamente pubbliche;

  • a ogni cittadino deve essere assicurato gratuitamente un quantitativo minimo vitale d’acqua al giorno.

Partendo da questi concetti, diventa necessario capire perchè questo governo, ma anche il precedente era d'accordo, non illudiamoci, sta varando una legge che va nella direzione opposta.

La risposta è come sempre legata ai soldi.

Mantenere una rete idrica ad un livello qualitativamente accettabile, avendo la possibilità di monitorare costantemente la qualità dell'acqua distribuita e l'effettiva distribuzione capillare sul territorio sono attività che richiedono costanti investimenti ed un esborso che il demanio fatica a coprire attraverso l'attuale tariffazione delle risorse idriche.

La soluzione trovata è quindi quella della privatizzazione della distribuzione dell'acqua, nella speranza che la concorrenza di più soggetti porti ad un circolo virtuoso di aumento della qualità, ma senza aggravio economico per i consumatori.

Non stiamo parlando di noccioline ed è inevitabile che un'eventuale privatizzazione coinvolga soggetti privati in grado di gestire a livello nazionale questo tipo di prodotto. Si finirebbe quindi per passare da un monopolio pubblico ad un monopolio privato.

Tutto ciò sarebbe economicamente neutro per i cittadini, se questi ultimi fossero in qualche modo preventivamente tutelati. Cosa che non è.

Quindi la privatizzazione, in assenza di regole prefissate, si tradurrà se non nel breve sicuramente nel medio termine in un aumento di prezzo delle risorse idriche per l'utente finale. Cioè noi.

Chi ci guadagnerà?

I privati che scelgono di entrare nelle societa' di gestione idrica,  dormono sonni tranquilli. Non solo vendono un prodotto essenziale come l'acqua in regime di monopolio ai cittadini ma la legge gli garantisce la copertura dei costi di gestione (integrali) e l'adeguata remunerazione del capitale. Il tutto senza alcun rischio, perche' anche in caso di gestione fallimentare, con sprechi e ruberie, i conti ritornano miracolosamente in positivo: basta aumentare le tariffe, in modo da ottenere anche l'adeguata remunerazione del capitale investito.

Per fare un esempio e' come se la Fiat, a seguito di una perdita di esercizio, potesse inviare a tutti gli acquirenti di Punto, Bravo e Panda una lettera in cui richiede un'integrazione di prezzo.

 

 
 
 
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