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Con un tempismo eccezionale, da stamattina, sull'autobus che prendo per andare al lavoro, sono apparse una decina di pubblicità del comitato referendario per la modifica della legge sulla caccia in Piemonte.
Peccato che all'inizio del mese, con una discutibile mossa politica di propaganda, il simpatico Presidente della Regione Piemonte Cota, abbia fatto in modo di cancellare la legge che il referendum si proponeva di abrogare, sostituendola con qualcosa che lascia di fatto immutata la possibilità di cacciare quando si vuole e quello che si vuole.
La scusa usata è stato il costo inusitato della tornata referendaria, pari a 22 milioni di euro. La propaganda sta nel fatto che Cota sostiene che tali fondi serviranno ad ammorbidire i tagli alla sanità.
Se da un lato è più giusto legiferare, che limitarsi ad abrogare leggi non eque, questo evento rappresenta un pericoloso precedente di limitazione del potere di democrazia diretta. Se ogni volta che decidiamo, faticosamente, di dire la nostra, per metterci il bavaglio è sufficiente modificare d'un paragrafo la legge che vogliamo abrogare, il nostro potere come cittadini diminuisce drasticamente.
Una Regione, se è nelle sue competenze, dovrebbe legiferare a prescindere, accogliendo o respingendo l'istanza della maggioranza dei suoi cittadini e non favorendo, di fatto, lo 0,6% della popolazione armata di doppietta e fucile a pallettoni.
Tutto quello che si chiedeva con il referendum era di vietare la caccia di 25 specie selvatiche, tra cui la volpe, il cervo, il daino, il camoscio, la quaglia, il germano reale, la tortora e la gazza. Rimanevano comunque esclusi i cinghiali e le lepri, che in alcune zone sono addirittura dannose per l'agricoltura.
Si chiedeva inoltre di non cacciare la domenica, per ridurre il pericolo di incidenti. Per ultimo, si volevano eliminare i privilegi delle cosidette "riserve di caccia", in cui l'attività venatoria è praticamente libera, all'interno della riserva.
La caccia è un business, non è più una necessità di sostentamento.
Se non per qualche industria del settore.
Ci sono lobby che spingono ed interessi in gioco.
Non i nostri interessi di cittadini, naturalmente.
PS: alle prossime elezioni regionali ricordatevi di chiedere a Cota dove son finiti i 22 milioni risparmiati trucidando il referendum...
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