TorineggiandO

Prof

Venerdì pomeriggio ho risposto all'accorato appello di una carissima amica blogger, che giungeva a Torino con una gita scolastica di "primini" (prima media) e che doveva visitare la Reggia di Venaria, ma per problemi organizzativi non aveva le guide prenotate.

A parte il piacere di vederla, credo che solo la parte di follia latente in me mi abbia spinto a fare una cosa simile.

Io non odio i bambini, intendiamoci. Semplicemente non ne ho, a parte un paio di nipotini, e di conseguenza fatico a rapportarmi. Probabilmente perchè la loro età mentale è di molto superiore alla mia e quindi generalmente ho difficoltà di comunicazione.

Figuratevi dover spiegare una Reggia Sabauda, con tutto quel che ne consegue, ad un'orda urlante di pischellini, fondamentalmente ebbri del fatto d'essere in gita, poco interessati all'analisi geo-storica del Ducato e poi Regno Sabaudo, assolutamente ignari di qualsiasi concetto di architettura.

Il tutto alle 14.30 in pieno sole a 30 gradi di temperatura.

Ed invece è andata bene! Mi hanno fatto un sacco di domande, chiamandomi PROF...

Io in cambio ho cercato di sfrondare il racconto da qualsiasi elemento di noia, mettendo l'accento sul fatto che in fondo nel 1650, se eri annoiato dal lavoro di corte, come Duca o Re, non restava molto altro che andare in gita, proprio come loro, e l'idea di Carlo Emanuele II era stata proprio quella: avere un posto fresco in cui praticare il suo passatempo preferito, cioè la caccia.

Voglio ringraziare personalmente Alberto, uno dei 57, che con le sue preziose domande (almeno una cinquantina...) mi è stato di grande aiuto per calarmi nel ruolo di cicerone.

Sono stato ripagato dallo sforzo per me inusuale, nel momento in cui i bambini sono entrati nella Galleria Grande.

Sono dovuto passare a chiudere una ad una le bocche rimaste spalancate!

Carissima amica blogger, quando vuoi...bis!

Il Circo

Facile ironizzare su questi giovanotti in calzoncini corti che smettono di giocare e piangono come vitelli.

Ma non mi piace fare d'ogni erba un fascio.

Certo, giocare a calcio è sicuramente meglio che lavorare e farlo ad alti livelli, con stipendi che potrebbero sembrare insensati, è ancora meglio. Tutto quello che devi fare è allenarti all'aria aperta durante la settimana, correre dietro ad una palla la domenica e magari segnare anche qualche gol, che in fondo è quello che importa alla gente.

Nulla di poi così diverso dai gladiatori del Colosseo, a parte il finale coi leoni.

Panem et circenses, si è sempre detto. Pane e giochi e il popolo sarà dalla tua parte, pensavano gli imperatori e non è un caso se Berlusconi è il padrone del Milan.

Ma ieri, guardando certe immagini e facendo comunque la tara con la realtà dei veri problemi del paese, appariva chiaro che se una vittoria della Juve non ti paga lo stipendio, almeno ti fa dimenticare per qualche giorno i  tuoi problemi.

Si tratta solo di dare il giusto peso alle cose, senza demonizzare per forza i miliardari in calzoncini, che sono comunque figli di un Mercato, che monetizza le emozioni.

Nel vedere un Del Piero che non si rassegna a smettere di giocare, perchè "lui sta bene e ha ancora voglia di divertirsi a giocare a pallone", ci siamo dentro tutti noi che alle 10 di sera col buio venivamo pescati in cortile dalle mamme per l'orecchio e mentre venivamo riportati a casa urlavamo "ancora uno, ancora uno sennò perdiamo!".

Nel vedere un Gattuso o un Inzaghi che frignano, e la gente sugli spalti che piange con loro, non riesco a provare cinismo: vedo persone che hanno comunque dedicato una vita a fare qualcosa in cui sono diventati bravi, ne più ne meno come un tornitore in fabbrica, e ora è tempo di lasciar spazio agli altri.

Semmai la differenza è che nel mondo del calcio i giovani hanno ancora qualche possibilità di prendere il posto dei vecchi e di guadagnarsi la pagnotta: nel mondo reale ad un prepensionato non corrisponde quasi mai un neoassunto.

Non mi vergogno a dire di essermi emozionato nel vedere 40000 persone in piedi ad applaudire Del Piero, una persona, prima che un calciatore, che ha sempre dato un esempio di comportamento anche in un mondo esasperato come quello del calcio.

E ieri sera, anche se sono un tifoso molto moderato, ho approfittato della finestra del mio ufficio in centro per godermi lo spettacolo della festa Juventina.

Partendo dal presupposto, che al di là del tifo o della squadra preferita, non credo che un fenomeno in grado di mobilitare 450.000, sia da sottovalutare.