Un blog creato da blackcat23 il 08/05/2005

misunderstood

il viaggio,la musica,la follia....ilmio mondo alla ricerca della notte...

 
 
 
 
 
 

AREA PERSONALE

 
 
 
 
 
 
 

IL MIO POETA...

 

Vieni, mio bel gatto, sul mio cuore innamorato; ritira le unghie nelle zampe, lasciami sprofondare nei tuoi occhi in cui l'agata si mescola al metallo.

Quando le mie dita carezzano a piacere la tua testa e il tuo dorso elastico e la mia mano s'inebria del piacere di palpare il tuo corpo elettrizzato,

vedo in ispirito la mia donna. Il suo sguardo, profondo e freddo come il tuo, amabile bestia, taglia e fende simile a un dardo, e dai piedi alla testa

un'aria sottile, un temibile profumo ondeggiano intorno al suo corpo bruno.

BAUDELAIRE

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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non potevo evitare di soffocare il mio respiro...
i tuoi occhi hanno chiesto il mio aiuto...

sono solo in compagnia del tuo destino...(Jack the Ripper)

 
 
 
 
 
 
 

PABLO PICASSO...

"L'arte non è mai casta, si dovrebbe tenerla lontana da tutti i candidi ignoranti.
Non dovrebbero mai lasciare che gente impreparata vi si avvicini. Sì, l'arte è pericolosa.
Se è casta non è arte."   (Pablo Picasso)immagine

 
 
 
 
 
 
 

 

 

Post N° 50

Post n°50 pubblicato il 19 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

                          Playing the Angel

Un album poliedrico, dalle mille facce, nessuna uguale all'altra, delle sonorità spettrali immerse in suoni elettronici con un marcato ritorno al passato ma un'evidente sperimentazione che fanno di questo un vero e proprio capolavoro destinato a rimanere immortale.
Le parole delle canzoni vestono l'album di un'introspezione perfettamente interpretata con la scelta di sonorità hi-tech e atmosfere suggestive che ti proiettano in un abisso immaginario straordinario, in un cosmo boreale spettacolare.

E cosi' dopo "Exiter"ci riprovano,con enorme solievo da parte dei loro fans.Dopo la parentesi a dir poco deludente,sulle loro carriere soliste,Dave,Martin e Flecher,sono di nuovo uniti e noi siamo pronti ad accoglierli .....buon'ascolto....black

 
 
 

LE FATE E L'ACQUA

Post n°49 pubblicato il 17 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

L'acqua, elemento di rigenerazione e purificazione, è alla base di moltissimi miti che la vedono quale protagonista dell'origine della vita.Per le popolazioni nordiche, ad esempio, l'acqua contenuta nel ghiaccio primordiale si sciolse grazie al vento caldo del sud, gocciolò e diede origine al primo essere vivente, il gigante Ymir. Nei miti babilonesi, all'inizio di tutto esisteva solo la distesa delle acque primordiali; da questa distesa si separarono due principi, l'uno rappresentante le acque dolci su cui poggiava la terra, laltro le acque salate, e quindi il mare, da cui uscirono tutte le creature.In molte altre tradizioni l'acqua rappresenta il caos primordiale da cui emergono le terre e da cui ha origine la vita. La stessa Afrodite, dea dell'amore e della bellezza fascinatrice, era nata dalla schiuma del mare (dal greco afros=schiuma bianca) e le sue sacerdotesse, ogni primavera, si bagnavano nel mare e ne riemergevano vergini a sottolineare il potere rigenerante e purificante dell'acqua.

L'Angelo guardiano di questo elemento e' GABRIELE. I segni zodiacali che gli appartengono sono: CANCRO, SCORPIONE, PESCI. Questa categoria di fate comprende non solo le fate acquatiche, ma anche le sirene, le ondine e le driadi. Le fate dell'acqua sono di aspetto delicato, ma sono forse le più forti tra le fate. Sono le più belle tra le fate degli elementi. Le fate acquatiche sono quelle che conoscono i segreti dell'inconscio umano e sono capaci di entrare dentro la mente degli uomini, leggendone i pensieri. Proteggono la Vita e le persone dotate di poteri esoterici.



 
 
 

LE FATE E L'ARIA

Post n°48 pubblicato il 17 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

Tutte le Fate che che caratterizzano questo elemento posseggono le ali, il loro compito è il più svariato dal produrre la più dolce brezza al più violento uragano. Spesso loro prendono le sembianze degli uccelli, o delle farfalle. Le Fate dell'aria sono le più evolute tutte le altre, perché in esse si possono trovare i quattro elementi: Le ali, simbolo dell'aria; le gambe della terra; lo scintillio del fuoco ed infine la fluttualità simbolo dell'acqua . L'aria è una forza creativa e quindi caratterizza queste fate rendendole intellettualmente versatili. Sono molto attratte dalle persone creative e molte volte regalano a loro l'ispirazione.

Le più importanti Fate dell'aria: Slyphs, Elfi Grigi, Comeles L'Angelo guardiano di questo elemento e' RAFFAELE. I segni sono GEMELLI, BILANCIA ed ACQUARIO. Le Fate dell'aria sono le più eteree di tutte, quasi evanescenti. Esse proteggono il libero pensiero, l'intelligenza e l'individualità'. Sono fate che viaggiano molto, erranti direi, curiose e molto amichevoli. Sono le fate protettrici dei bambini e quelle che più amano aiutare le persone in difficoltà. Si muovono sospinte dai venti, come cristalli di neve... Inoltre esse spesso collaborano con le fate dell'acqua, a cui sono legate profondamente.

 
 
 

LE FATE E LA TERRA

Post n°47 pubblicato il 17 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

Le fate della Terra sono spiritualmente la forza e la natura. Risiedono tra le rocce, in caverne o nella profondità del terreno. Le fate del terreno lavorano per mantenere la struttura fisica del terreno. La loro stretta correlazione al terreno e ai suoi metalli fa si che questi esseri fatati regalino oro o altri metalli preziosi agli umani.

L'Angelo guardiano e' AURIEL.
I segni appartenenti a questo elemento sono: TORO, VERGINE, CAPRICORNO.
Le fate della terra sono le più varie perché comprendono le fate degli alberi, dei fiori, delle rocce e delle caverne. Le fate della terra difficilmente lasciano i propri territori, conducono una vita stanziale. Esse proteggono la fertilità e la famiglia.


 
 
 

LE FATE E GLI ELEMENTI

Post n°46 pubblicato il 17 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

Considerato sin dai primordi della civiltà umana, il fuoco è stato oggetto di culto, a cui venivano attribuite proprietà magiche. Il fuoco è un elemento naturale a cui vengono associati fenomeni fatati. Durante i riti magici, negli equinozi e nei solstizi venivano accesi dei focolari nei boschi e li si ballava intorno al fuoco . Le Fate dello spirito del fuoco sono mutevoli di natura, e possono diventare veramente ostili quando vengono offese. Abitano dentro ad un fuoco, una scintilla, un lampo anche nell'elettricità statica dei vestiti. Se sei uno dei fortunati ad averla in casa ricordati di trattarla bene e mostrarle gratitudine. Le più forti ed energetiche creature di tutti e quattro gli elementi sono senz'altro le FIAMMELLE, appartenenti, naturalmente, agli spiriti del fuoco. Senza di loro, il fuoco non potrebbe esistere, infatti è il loro intervento che da origine a quella piccola scintilla che diventerà poi il fuoco. Il loro aiuto può essere richiesto, ma attenzione, potrebbe essere maldestro, perché anche la Fiammella più leggera può dare origine a un fuoco tremendo fuori dal suo controllo, specialmente perché esse non comprendono quasi totalmente il risultato delle loro azioni . Si presentano come delle scintille, o delle piccole palle di fuoco, sono anche in grado di cambiare le loro dimensioni a piacimento. Si possono, in natura, trovare anche sotto forma di lucertola dove rimangono inerti vicino alle fonti di calore.

L'Angelo guardiano e' MICHELE. I segni appartenenti a questo elemento sono l'ARIETE, il LEONE e il SAGITTARIO. Le Fate del Fuoco sono creature particolari :esse vivono nei pressi di fonti di calore,dalla tenue luce di una candela sino al più attivo dei vulcani.Queste fate si manifestano attraverso la LUCE. Sono dette infatti, FATE SPLENDENTI. Esse proteggono le passioni, gli amori intensi e la voglia di vivere

 
 
 

IL MONDO DELLE FATE....

Post n°44 pubblicato il 15 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

Numerosissime sono le località dedicate alle Fate - ricche dunque di leggende associate al luogo stesso - come valli, monti, grotte, buche, massi, boschi, pozzi, torrenti, cascate, laghi e altri luoghi legati alle acque.
Secondo una leggenda raccontata dai montanari di Catenaia di Casentino, in un punto alto della montagna detto il Cardetto, si trova una grotta nella quale si ritiene abitino le Fate. Una di esse si innamorò un giorno di un giovane contadino che lavorava la terra in una campo vicino, il quale non rimase insensibile al fascino della bella creatura, ricambiandone appassionatamente i sentimenti; ma per un crudele incantesimo la Fata diveniva una splendida fanciulla per soli tre giorni e per altri tre un grosso serpente. Così quando il ragazzo scavava il solco con l'aiuto dei buoi, lei vi strisciava all'interno, per restargli vicino. Accadde dopo un po' di tempo che il giovane dovette allontanarsi per qualche giorno, per cui incaricò fratello di continuare i lavori, raccomandandogli di non temere, soprattutto, non molestare l'innocuo serpente che ormai per abitudine seguiva la terra scavata dietro l'aratro. Inizialmente il fratello lasciò che il serpente lo seguisse tranquillamente, ma l'ultimo giorno il rettile si accorse che non aveva davanti a se l'innamorato bensì un'altra persona, e sdegnato alzò la testa e spalancò le fauci minacciosamente nei confronti dell'agricoltore, il quale, spaventato, reagì colpendo violentemente l'animale, che fuggì e scomparve... Quando il fratello ritornò e fu informato dell'accaduto, cercò invano disperatamente per molto tempo di far tornare l'amata fata, chiamandola e implorandola senza pace, ma lei non apparve mai più. Allora lui, con il cuore spezzato, decise di rimanerle fedele per tutta la vita, e volle infine che la morte lo cogliesse nel sonno, davanti alla grotta dove l'aveva conosciuta, per ritrovarla e amarla ancora e per sempre nel cielo delle Fate...
Si narra inoltre che anche il lago di Subiolo, in Valstagna, sia un luogo abitato da Fate e da altri spiriti che nottetempo si manifestano con lamenti, grida e sibili inquietanti; pare tra l'altro che lo stesso nome del lago derivi da questi strani rumori, simili al suono dello zufolo, detto in dialetto locale subio. Il seguente è uno dei racconti più interessanti raccolti nella zona: un giovane falegname ritornava una sera sul tardi alla sua casa vicina al ponte Subiolo, dopo aver fatto visita alla fidanzata, quando si sentì ripetutamente chiamare per nome... Con sgomento si accorse allora alla luce dei raggi lunari che un gruppo di Fate danzava sulle acque del lago! "Vieni con noi - gli dicevano - tu non hai mai provato la felicità che ti offriamo, vieni a danzare con noi finché splende la luna..."" No, no - rispose il giovane terrorizzato - laggiù c'è l'acqua e se scendo annegherò."" Hai paura? - Gli chiesero le Fate ridendo - allora guarda, l'acqua è sparita vieni!" Infatti anche i sassolini del fondo erano asciutti e i massi rivestiti di muschio porgevano il soffice divano alle Fate. "No, no! "- ripetè il giovane, ma come soggiogato non poteva staccarsi dal parapetto del ponte - "Non vuoi? - le Fate ripresero - ebbene perché tu abbia a ricordarti di noi, t'offriamo una grazia: chiedi! "Ed egli tremante domandò: "Che io possa con le mie mani eseguire qualunque lavoro d'intaglio." "Concessa - si sentì rispondere - ma non sarai mai ricco!" Alla mente del falegname balenò forse l'idea di opere grandiose, l'artista ebbe forse la sua prima visione. Intanto l'acqua tornava ad uscire impetuosa e spumeggiante da laghetto, stormivano per il vento le fronde dei faggi e la montagna proiettava l'ombra sua immobile, poiché la luna era calata dietro la cima. Le Fate erano sparite. Da quel giorno il giovane falegname realizzò opere in legno meravigliose e di rara bellezza per tutte le chiese del paese e di altri villaggi vicini, ma morì povero come era vissuto e come gli avevano predetto le Fate...

Anche in Val d'Aosta è presente una Dama Bianca, una bella ed amabile Fata benefica che appare con lunghe vesti bianche nei prati, sulle alture, ai margini dei boschi. In particolare, protegge gli abitanti di Issime e se proprio non le è possibile evitare sventure o disgrazie, cerca di avvisare pastori e paesani con lamenti e grida acuti e prolungati. Altre dame bianche sono segnalate sul Monte Bianco, sul Monte Rosa e in varie altre località delle Alpi. E a proposito di Alpi, non possiamo dimenticare che secondo una poetica leggenda biellese le magnifiche stelle alpine, che ostentano la loro fragile grazia sull'orlo di insidiosi crepacci, ebbero origine dalle lacrime di una Fata innamoratasi di un mortale.
Per rimanere in zona, riportiamo un brano sulle leggende di Piedicavallo, del poeta e scrittore Nino Belli:"Se voi interrogate con insistenza qualche vecchietto, o meglio ancora qualche vecchiarella, vi racconteranno del gran ballo delle Fate, delle loro corse vertiginose sui fianchi delle montagne, dei loro idilli coi pastori. Vi diranno della loro sovrumana bellezza, com'è ornata la loro fronte alabastrina di edelweiss, avvolte in candidi veli di trina che accentuano le loro forme delicate, bianche come la neve, e come corrano nelle placide notti stellate di balza in balza sopra un carro rilucente tirato da aquile superbe. Vi racconteranno della magnificenza delle loro dimore..."
Nella medesima località del biellese si narra che in una di queste sontuose dimore rilucenti d'oro, cristalli e gemme, situata sulla più alta cima di un monte, per essere più d'appresso all'azzurro sorriso del cielo, abita la regina delle Fate con la sua magica e leggiadra corte.Infine in Val di Susa, stando a quanto riporta M. Savi Lopez nel suo magnifico volume Leggende delle Alpi, esisterebbero - fenomeno unico in Italia - gli equivalenti maschili delle Fate, chiamati Arfai: sono spiriti benefici che abitano le acque della Dora e aiutano le fanciulle a fare il bucato, gentili, timidi, ma allo stesso tempo benefici.

Tornando ai luoghi i cui nomi appaiono frequentemente legati alle Fate, troviamo un'altura nei pressi di Roccacasale, negli Abruzzi, chiamata appunto Colle delle Fate, poiché la gente assicura siano state viste uscire le Fate da due pozzi presenti all'interno delle mura dell'antica fortezza di cui sono ancora visibili i resti nella zona.
In Val d'Aosta, nella Piana di Varrayes, dopo aver piovuto in pieno giorno, si manifesta nei pressi della bòrna de la Fàye (la buca della Fata), una bellissima signora...
A Muzzano, esiste inoltre un luogo chiamato Roccia delle Fate, in cui si ritiene esista un tesoro sorvegliato da un magico serpente: quest'oro incantato viene definito dialettalmente L'oro dell'Elf, probabilmente per il torrente Elvo che vi scorre vicino, il cui nome tradirebbe un evidente riferimento agli Elfi (da notare che in inglese Elfo si traduce in Elf, che al plurale diventa Elves).
In provincia di Teramo, nella gola tra le montagne di Campli e di Civitella, esiste un enorme macigno che sbarra l'ingresso di una grotta contenente un favoloso tesoro composto da tre mucchi di monete di rame, d'oro e d'argento. Si dice che in fondo alla grotta sieda una Fata, intenta a tessere in continuazione, mentre un monaco in piedi veglia silenziosamente il tesoro...
A Palermo si ricorda un cortile, chiamato "cortiggiu di li sette fati", nel quale avvenivano cose meravigliose: ogni notte infatti vi apparivano sette stupende Fate che rapivano temporaneamente una persona, alla quale facevano vedere e provare luoghi ed emozioni straordinari, come gli oceani più profondi, o i cieli più lontani, per poi coinvolgerla in danze, canti e feste da mille e una notte. All'alba riportavano il fortunato mortale nel luogo in cui era stato prelevato, dopodiché scomparivano nel nulla.
I vecchi dell'isola di Pantelleria raccontano dell'esistenza di esseri dotati di poteri magici, che loro chiamano " 'nfate", che si divertono, al pari dei Folletti ad intrecciare i capelli delle ragazze e le code dei cavalli; chiunque tentasse, privo di adeguati scongiuri, di sciogliere gli intrecci fatati, cadrebbe vittima di un incantesimo fatale.
In Sardegna sorgeva invece sul monte Oc, l'incantato palazzo delle Fate, abitato da dame alate, eteree e bellissime, vestite di veli bianchi, verdi e azzurri, che periodicamente si recavano in volo nei paesi per scegliere una persona e portarla nella loro dimora magica; a questa veniva poi mostrata la stanza dei tesori, piena di monete d'oro, perle, gioielli e pietre preziose, dalla quale poteva portare via tutto ciò che voleva. Naturalmente la maggior parte dei prescelti cercava di riempirsi ogni tasca e di arraffare il più possibile di quell'immenso tesoro, ma immancabilmente il giorno dopo, a casa, trovava tutto quanto irrimediabilmente trasformato in carbone; invece chi riusciva a resistere alla tentazione dell'oro e a chiedere la sapienza, o di restare nel palazzo assieme alle Fate, veniva donata la vera ricchezza e una lunga vita saggia e felice.
In Toscana, a Soraggio, le Fate risultano specializzate, come molte loro colleghe italiane ed europee, nel fare il bucato sulle rive del fiume, dove poi stendono accuratamente i panni ad asciugare al sole, ma solo durante l'estate; in inverno infatti si ritirano nelle tane degli orsi o nelle grotte dette Buche delle Fate (il territorio ne comprende almeno tre), a tessere e filare. Quanto a distrazioni amano riunirsi nelle magiche notti di luna piena assieme ad altre colleghe a Pratofiorito, uno dei prati più belli del mondo, a 1.300 m. sopra Bagni di Lucca, per scatenarsi in feste e danze gioiose.
Per concludere, aggiungiamo che le Fate non risultano sempre e soltanto legate a zone particolarmente suggestive e misteriose della natura, o ad antichi castelli e rovine, ma anche a semplici abitazioni. Una consolidata tradizione, nota soprattutto nelle regioni del sud, ci conferma infatti che ogni casa possiede una propria Fata, la quale ama manifestarsi in vario modo, proteggendo o aiutando la famiglia perfino con interventi ultraterreni.Questa italica Fata della dimora appare periodicamente in occasione di avvenimenti di rilievo o per salutare coloro che credono o confidano nei suoi benefici poteri, ma si allontana o scompare per sempre quando all'interno della casa si verificano fatti di sangue o di grave violenza.



 
 
 

Post N° 43

Post n°43 pubblicato il 14 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

Il Gatto Nero


Edgar Allan Poe



Per il racconto piu' straordinario, e al medesimo tempo piu' comune, che sto
per narrare, non aspetto ne' pretendo di essere creduto. Sarei davvero pazzo a
pretendere che si presti fede a un fatto a cui persino i miei sensi respingono
la loro stessa testimonianza.
Eppure pazzo non sono, e certamente non vaneggio.
Ma domani morro', e oggi voglio scaricare la mia anima. Mio scopo immediato e'
di porre innanzi al mondo, in modo piano, succinto, e senza commenti, una serie
di casi semplicemente domestici. Nel loro concatenarsi questi fatti mi hanno
terrificato, mi hanno torturato, mi hanno annientato. Non tentero' tuttavia di
spiegarli. Per me essi non hanno rappresentato che orrore; a molti invece piu'
che terribili essi sembreranno BAROQUES. In seguito forse un intelletto sapra'
condurre il mio fantasma al senso comune, un intelletto piu' calmo, piu'
logico, meno eccitabile del mio, il quale scorgera' nelle circostanze che io
descrivo con terrore, null'altroche un normale susseguirsi di cause e di
effetti naturalissimi.

Sin dall'infanzia sono stato conosciuto per la docilita' e la mitezza del mio
carattere. Ero talmente tenero di cuore, anzi, che i miei compagni mi avevano
preso a soggetto delle loro beffe. Amavo soprattutto gli animali, e i miei
genitori mi avevano concesso di possedere una grande varieta' di bestiole
preferite. Passavo con questi animaletti la maggior parte del mio tempo, e la
mia piu' perfetta felicita' consisteva nel nutrirli e nell'accarezzarli.
Questo tratto caratteristico della mia indole crebbe in me coll'andare degli anni e,
divenuto adulto, trassi da cio' una delle mie principali fonti di soddisfazione.
A coloro che abbiano provato un vivo affetto verso un cane
fedele e intelligente non occorrera' che io spieghi la natura e l'intensita'
del piacere derivante da questa tendenza. Vi e' qualcosa nell'amore spoglio di
egoismo e ricco di sacrificio di una bestia senz'anima, che va direttamente al
cuore di colui che abbia frequenti occasioni di saggiare la pacchiana amicizia
e l'instabile fedelta' del cosidetto UOMO.

Mi sposai giovane, e fui felice di ritrovare in mia moglie una tendenza non
contrastante con la mia. Avendo notato la mia debolezza verso gli animali
domestici, non perdeva occasione di procurarmi quelli che mi piacevano.
Avevamo diversi uccelli, dei pesciolini, un bel cane, alcuni conigli, una scimmietta,
e UN GATTO. Quest'ultimo era un animale bellissimo, di grossezza notevole,
completamente nero, e straordinariamente intelligente. Parlando della sua
intelligenza, mia moglie che in cuor suo non era scevra di una certa punta di
superstizione, faceva frequenti allusioni all'antica credenza popolare secondo
la quale tutti i gatti neri siano streghe travestite. Non che ella si
esprimesse mai SERIAMENTE su questo punto, e cito questo particolare soltanto
perche' mi capita ora, proprio per caso, di ricordarlo.
Pluto, cosi' si chiamava il gatto, era il mio animale preferito e il mio
compagno di giochi. Io soltanto gli davo da mangiare, ed egli mi seguiva
dovunque, per casa: anzi duravo fatica a impedirgli di accompagnarmi persino
per la strada.
La nostra amicizia si protrasse cosi' per parecchi anni, durante i quali il
mio temperamento e il mio carattere in genere, ad opera del demone Intemperanza
(arrossisco nel confessarlo), subirono un radicale mutamento verso il peggio.
Ero divenuto di giorno in giorno piu' scontroso, piu' irritabile, sempre piu'
incurante dei sentimenti altrui. Ero giunto a usare verso mia moglie un
linguaggio sconveniente. Alla fine arrivai persino alla violenza personale
contro di lei. Naturalmente anche le mie besrtiole ebbero a soffrire di questo
mutamento del mio carattere. Non solo le trascuravo, ma le maltrattavo. Verso
Pluto comunque sentivo ancora abbastanza tenerezza per trattenermi dal
picchiarlo, mentre non mi facevo scrupolo di perquotere i conigli, la scimmia,
persino il cane, se essi per caso o per affetto mi si mettevano tra i piedi.
Ma il mio male peggiorava, quale male infatti e' peggiore dell'alcool? E infine
persino Pluto, il quale ormai invecchiava, ed era di conseguenza alquanto
stizzoso, persino Pluto comincio' a subire gli effetti del mio cattivo
carattere.

Una sera, ritornando a casa dai miei vagabondaggi per la citta', ubriaco
fradicio, ebbi la sensazione che il gatto evitasse la mia presenza. Lo
afferrai, e l'animale, allora, spaventato dalla mia violenza, mi produsse
sulla mano, con i suoi denti, una lieve ferita. In un attimo fui invaso da una furia
demonica. Non mi riconoscevo piu'. Era come se la mia anima originaria mi si
fosse a un tratto spiccata dal corpo, e una malvagita' peggio che infernale,
alimentata dal gin, pervase ogni fibra del mio essere. Mi tolsi di tasca un
temperino, lo apersi, afferrai la povera bestia per la gola, e deliberatamente
gli feci saltare l'occhio dall'orbita. Arrossisco, avvampo, rabbrividisco,
mentre la mia penna descrive questa inaudita atrocita'.

Allorche' col mattino la ragione mi ritorno', dopo che il sonno aveva fatto
dileguare lungi da me i fumi dell'orgia notturna, provai un sentimento per
meta' di orrore, per meta' di rimorso, per il delitto di cui mi ero reso
colpevole; ma non era che un sentimento debole e ambiguo, e l'anima ne rimase
intatta. Mi rituffai nei miei eccessi, e ben presto affogai nel vino ogni
ricordo del mio misfatto.

Coll'andare del tempo tuttavia il gatto guari'. Certo la sua occhiaia vuota
aveva un aspetto pauroso, ma l'animale non pareva soffrire piu' alcun dolore.
Si aggirava per la casa come al solito, ma com'era da aspettarsi, fuggiva
terrorizzato non appena mi vedeva. Mi era rimasto ancora abbastanza del mio
vecchio cuore per sentirmi a tutta prima addolorato da questo evidente
disgusto da parte di una creatura che un tempo mi aveva tanto amato.
Ben presto pero' a questo sentimento succedette una viva irritazione.
E infine si impadroni' di me, per sommergermi in modo definitivo e irrevocabile,
lo spirito della PERVERSITA'.

Di questo spirito la filosofia non si cura. Eppure sono sicuro,
quanto sono sicuro che la mia anima vive, che la perversita' e' uno degli
impulsi piu' primitivi del cuore umano, una di quelle facolta' o sentimenti
primari non analizzabili che dirigono il carattere dell'Uomo. Chi non ha
almeno cento volte commessa un'azione sciocca o vile, per nessun altro motivo se non
perche' sa che non dovrebbe commetterla? Non proviamo noi una tendenza perenne,
a dispetto di ogni nostra migliore saggezza, a violare cio' che e' la LEGGE,
soltanto perche' la riconosciamo tale? Questo spirito di perversita', ripeto,
produsse in me il decadimento finale. Era questo insondabile anelito
dell'anima A TORTURARE SE STESSA, a violentare la propria stessa natura,
a fare il male soltanto per amore del male, che mi sospinse a continuare e infine a
consumare l'offesa che avevo inflitta alla bestia innocente.

Un mattino, a sangue freddo le passai un cappio al collo e la impiccai al ramo
di un albero; la impiccai, con le lagrime che mi sgorgavano dagli occhi e col
piu' amaro rimorso nel cuore; la impiccai PERCHE' sapevo che mi aveva amato, e
PERCHE' sentivo che non mi aveva dato alcun motivo di offesa; la impiccai
PERCHE' sapevo che cosi' facendo commettevo un peccato, un peccato mortale che
avrebbe posto in tale pericolo la mia anima immortale da sottrarla (se una
cosa simile fosse possibile) perfina all'infinita misericordia dell'Infinitamente
Misericordioso e Infinitamente Terribile Iddio.

La notte di quel giorno in cui avevo compiuto questo gesto crudele fui
risvegliato nel sonno da grida di "al fuoco! Al fuoco!". I cortinaggi del mio
letto erano in fiamme, tutta la casa ardeva. Fu con grande difficolta' che mia
moglie, una domestica e io stesso riuscimmo a salvarci dall'incendio. La
distruzione fu totale. Tutta la mia sostanza venne inghiottita dal disastro, e
da quel momento in avanti io mi abbandonai alla disperazione.

Non ho affatto la debolezza di cercar di stabilire un nesso di causa e di
effetto tra questa sciagura e l'atrocita' da me commessa. Ma sto enumerando
una catena di fatti, e non desidero percio' lasciare incompiuto anche un solo
eventuale anello. Il giorno successivo all'incendio mi recai a ispezionare le
macerie. Tutti i muri della casa erano caduti, a eccezione di uno solo. Si
trattava di un muro divisorio, non molto massiccio, che si trovava verso il
mezzo della casa, e contro il quale aveva sempre poggiato la testa del mio
letto. In questo punto l'intonaco aveva in gran parte resistito all'azione del
fuoco, un particolare che io attribuii al fatto essere stata quella parete
appunto ripulita di fresco. Intorno a questo muro si era radunata una densa
folla, e molte persone sembravano esaminare un certo tratto di parete con
attenzione minutissima e ansiosa. Le parole "Strano!", e "Incredibile!", e
altre espressioni consimili eccitarono la mia curiosita'. Mi avvicinai e vidi, quasi
fosse scolpita in BAS-RELIEF sulla superficie bianca, l'immagine di un gatto
gigantesco. L'effetto era reso con una precisione che aveva veramente del
fantastico. Intorno al collo dell'animale penzolava una corda.

A tutta prima, nel trovarmi di fronte a quella apparizione, poiche' non potevo
considerarla altrimenti, fui invaso da uno sbalordimento e da un terrore
incontrollabili. Ma in seguito la ragione mi venne in soccorso.
Mi rammentai di avere impiccato il gatto in un giardino adiacente alla casa.
Quando era stato dato l'allarme d'incendio questo giardino era stato immediatamente
invaso dalla folla, e tra questa qualcuno doveva aver tolto l'animale dall'albero e doveva
averlo gettato attraverso la finestra aperta, nella mia stanza. Forse avevano
fatto questo con l'intenzione di svegliarmi. La caduta di altre pareti aveva
schiacciato la vittima della mia crudelta' nella massa dell'intonaco spalmato
di fresco; e la calce di questo, unitamente alle fiamme a all'AMMONIA esalante
dalla carogna avevano poi compiuto la raffigurazione che io ora vedevo dinanzi.

Per quanto riuscissi a placare con questa riflessione il mio cervello, se non
completamente la mia coscienza, e giustificare cosi' il fatto sorprendente che
ho teste' narrato, non mi fu tuttavia possibile sottrarmi alla profonda
impressione che esso aveva provocato sulla mia fantasia. Per mesi interi non
riuscii a liberarmi del fantasma del gatto, e durante tutto quel tempo il mio
spirito fu tormentato da un sentimento indefinito che poteva sembrare, ma non
era, rimorso. Giunsi sino al punto di rimpiangere la perdita dell'animale e a
guardarmi attorno, nei sordidi ambienti che ormai frequentavo d'abitudine, in
cerca di qualche altro esemplare della stessa specie, se non proprio del tutto
identico, da poter coccolare, e grazie al quale sostituire la bestiola perduta.

Una notte, mentre sedevo, in stato di semistupidimento, in una taverna
malfamata, la mia attenzione fu improvvisamente attratta da un oggetto nero che
posava sul coperchio di una delle tante botti enormi piene di gin o di rum
costituenti il principale arredamento della stanza. Gia' da alcuni minuti stavi
fissando proprio il coperchio di quella botte, e fui percio' sorpreso di non
essermi accorto prima dell'oggetto che vi era adagiato sopra. Mi avvicinai e lo
toccai con la mano. Era un gatto nero enorme, grosso quanto Pluto, e che gli
assomigliava in tutto tranne che per un unico particolare. Pluto non aveva un
solo pelo bianco in tutto il corpo, mentre questo gatto aveva l'intera zona del
petto ricoperta di una larga se pure indefinita macchia bianca.

Non appena lo toccai l'animale si alzo' immediatamente, si mise a ronfare
forte, si strofino' contro la mia mano, parve insomma felice della mia
attenzione verso di lui. Era dunque proprio il gatto di cui andavo in cerca.
Offersi subito al taverniere di acquistarlo, ma l'uomo dichiaro' di non avere
alcun diritto su quella bestia, poiche' non ne sapeva nulla, ne' mai l'aveva
veduta prima.

Seguitai ad accarezzarlo, e mentre mi disponevo a ritornare a casa, l'animale
dimostro' subito una evidente intenzione di accompagnarmi. Naturalmente ne fui
ben contento, e di quando in quando mi chinavo a lisciargli il pelo pur
seguitando a procedere nel mio cammino. Non appena giunto a casa la bestia si
addomestico' subito e divenne immediatamente il coccolo di mia moglie.

Per parte mia mi accorsi ben presto che in me sorgeva contro l'animale una viva
antipatia. Era proprio il contrario di quanto avevo preveduto, ma non so
perche' o come fosse, la sua manifesta tenerezza verso la mia persona mi
indispettiva e disgustava. Gradatamente questi sentimenti di ribrezzo e di
insofferenza si tramutarono in un odio profondo. Evitavo l'animale; un vago
senso di vergogna e il ricordo del mio precedente atto di crudelta' mi impediva
di maltrattarlo fisicamente. Per alcune settimane mi trattenni dal picchiarlo,
o dal fargli comunque del danno, ma a poco a poco, oh, per lentissimi gradi,
giunsi a considerarlo con un ribrezzo indescrivibile e a fuggire
silenziosamente la sua odiosa presenza come sarei fuggito dal lezzo
pestilenziale di una malattia contagiosa.

Quel che alimentava senza dubbio il mio odio verso l'animale era stata la
scoperta, il mattino successivo alla sua venuta nella mia casa, che anche
questo gatto, al pari di Pluto, era cieco di un occhio. Questo particolare
invece non aveva fatto che renderlo ancora piu' caro a mia moglie, la quale,
come gia' ho detto, possedeva in sommo grado quella umanita' di sentimenti che
era stata un tempo il mio tratto caratteristico, e la fonte di molte tra le mie
piu' semplici e piu' pure soddisfazioni.

Ma quanto piu' la mia avversione per questo gatto cresceva, tanto piu' sembrava
aumentare da parte sua la tenerezza verso di me. Seguiva i miei passi con una
ostinazione che sarebbe difficile far comprendere al lettore. Dovunque mi
sedessi, subito si accovacciava sotto la mia seggiola, o mi balzava sulle
ginocchia, importunandomi con le sue insopportabili feste. Se mi alzavo per
passeggiare, ecco che correva a mettermisi fra i piedie per poco non mi faceva
cadere, oppure conficcando nel mio vestito i suoi unghioli lunghi e aguzzi, si
arrampicava con questo sistema sino al mio petto. In quei momenti, benche' mi
divorasse il desiderio di distruggerlo con un colpo solo, ero trattenuto dal
far cio', in parte dal ricordo del mio precedente delitto, ma soprattutto,
lasciate che lo confessi subito, da un vero e proprio TERRORE dell'animale.

Questo terrore non era esattamente il terrore di un possibile male fisico, e
tuttavia non saprei come altrimenti definirlo. Ho quasi vergogna di ammettere
- si', persino in questa cella d'infamia, ho quasi vergogna d'ammettere, - che il
terrore e l'orrore ispiratimi dall'animale erano stati rafforzati da una tra le
piu' chimeriche assurdita' che sia possibile immaginare. Mia moglie aveva piu'
d'una volta richiamata la mia attenzione sulla stranezza della macchia di peli
bianchi di cui ho gia' accennato, e che costituiva la sola differenza visibile
tra questo misterioso gatto e quello che io avevo ucciso. Il lettore si
rammentera' che questo segno, per quanto grande, dapprincipio era molto
indefinito, mentre invece in seguito (per gradi lentissimi, quasi
impercettibili, e che la mia Ragione si rifiuto' a lungo di ammettere,
respingendoli come un'assurda fantasia) aveva infine assunto nettezza di
contorni e una forma precisa. Esso era divenuto ora la rappresentazione di un
oggetto che rabbrividisco a nominare, e per questo soprattutto odiavo e
paventavo e avrei voluto sbarazzarmi di quel mostro SE SOLTANTO LO AVESSI
OSATO, poiche' questo segno, ripeto, si era finalmente trasformato nella figurazione
limpidissima di un oggetto odioso e ributtante: era divenuto una FORCA, oh,
lugubre e terribile macchina di orrore e di delitto, di agonia e di morte!

E adesso la mia miseria superava la miseria tutta dell'Umanita' intera. E una
BESTIA BRUTA, il cui simile io avevo cosi' sprezzantemente annientato, una
BESTIA BRUTA doveva foggiare per ME, per me uomo, fatto a immagine
dell'Altissimo Iddio, un cosi' intollerabile tormento? Ahime'! Non conobbi piu'
ne' di notte ne' di giorno la benedizione del riposo! Di giorno l'animale non mi
lasciava solo neppure per un istante; e di notte mi svegliavo di ora in ora
di soprassalto, da incubi grevi di indicibile paura, per sentirmi l'alito caldo
di QUELLA COSA sulla faccia, e la vasta massa del suo corpo. Incubo incarnato
che non avevo il potere di scuotermi di dosso, eternamente incombente sul mio
CUORE!

Sotto l'incalzare di siffatte torture, quel poco di bene che ancora restava in
me scomparve. Pensieri malvagi divennero i miei soli compagni, ed erano i piu'
tetri, i piu' malvagi dei pensieri. L'ombrosita' abituale del mio carattere si
tramuto' in un odio forsennato di tutte le cose e dell'intera umanita'; mentre
degli scoppi improvvisi, frequenti, incontrollabili di collera ai quali ora io
ciecamente mi abbandonavo, la mia docile moglie, era divenuta, ahime!
la vittima piu' consueta e piu' paziente.

Un giorno ella mi accompagno' per necessita' domestiche nello scantinato del
vecchio edificio dove la nostra poverta' ci costringeva ora ad abitare.
Il gatto naturalmente mi aveva seguito giu' per i ripidi scalini, e, avendo io evitato
per vero miracolo di cadere lungo disteso per causa sua, mi aveva esasperato
sino alla follia. Sollevai una scure e dimenticando nella mia collera il terrore
puerile che sino a quel momento mi aveva trattenuto la mano, diressi contro
l'animale un colpo che certo lo avrebbe ucciso all'istante se fosse calato
come io avrei voluto.
Ma questo colpo fu arrestato dalla mano di mia moglie.
La sua intromissione mi colmo' di furore demoniaco e liberando violentemente il mio
braccio dala sua stretta le affondai la scure nel cervello. Ella cadde morta
stecchita, senza emettere un gemito.

Appena compiuto questo odioso crimine, mi posi immediatamente e con frdda
deliberazione all'impresa di occultare il cadavere. Sapevo che non mi era
possibile rimuoverlo dalla casa, ne' di giorno ne' di notte, senza correre il
rischio di essere notato dai vicini. Formai nella mia mente molti progetti. A
tutta prima pensai di tagliare il cadavere in pezzi minuti e di distruggerli nel
fuoco. In un secondo tempo decisi di scavare una fossa nel pavimento della
cantina. Poi architettai di gettarlo nel pozzo del cortile, oppure di porlo
dentro una scatola, come se fosse della merce, e ordinare al portiere di
portarlo via da casa. Infine escogitai quello che mi parve l'espediente
migliore. Decisi di murarlo nella cantina stessa, come si narra solessero
murare le proprie vittime i monaci medievali.

La cantina era adattissima a uno scopo come il mio. Le sue pareti erano state
costruite rozzamente, e di fresco intonacate con cemento grossolano, cui
l'umidita' atmosferica aveva impedito d'indurirsi. Inoltre in una delle pareti
vi era uno sporto, provocato da un falso camino, o caminetto, che era stato
riempito e trasformato in modo da somigliare al resto dello scantinato. Mi
assicurai che mi sarebbe stato facile spostare i mattoni in quel punto,
inserirvi il cadavere, e tornare a murare il tutto come prima, in modo che
nessun occhio umano potesse scorgervi alcunche' di sospetto.

I miei calcoli non dovevano ingannarmi. Con l'aiuto di una sbarra di ferro
scostai facilmente i mattoni, e dopo avere accuratamente deposto il cadavere
contro la parete interna, lo puntellai in quella posizione mentre andavo via
via riaccomodando senza fatica l'intera opera muraria cosi' come era stata
originariamente costruita.
Mi ero procurato con tutte le possibili cautele della calce e della sabbia,
avevo preparato l'intonaco in modo che non era
assolutamente possibile distinguerlo dal vecchio, e con esso ricopersi
accuratamente la nuova opera muraria. Quando ebbi finito mi accorsi con
soddisfazione di aver compiuto un buon lavoro.
Il muro non sembrava essere stato manomesso minimamente.
Spazzai con attenzione minutissima il pavimento dei
rifiuti e delle scorie di cui lo avevo sporcato.
Mi guardai attorno trionfante e dissi a me stesso:
"Meno male! Le mie fatiche non sono state vane".

Subito dopo, il mio primo pensiero fu quello di andare in cerca dell'animale
che era stata la causa di tanta sciagura, poiche' ero ormai fermamente deciso ad
ucciderlo. Se fossi stato in grado di acchiapparlo in quel momento, il suo
destino sarebbe stato indubbiamente segnato, ma, a quel che pareva, l'astuta
bestia si era spaventata del mio precedente accesso di collera, e si guardava
bene dal presentarsi al mio cospetto, date le attuali condizioni del mio umore.

Mi e' impossibile descrivere, o fare immaginare al lettore, il senso profondo,
quasi estatico di sollievo che la constatazione della scomparsa dell'odiata
creatura suscito' nel mio petto. Per tutta quella notte non si fece vedere, e
cosi' per una notte almeno, da quando si era introdotto nella mia casa,
riuscii a dormire di un sonno profondo e pacifico; si', DORMII nonostante il peso del
delitto che mi gravava sull'anima!

Passo' il secondo giorno, passo' il terzo, ma il mio tormentatore non comparve.
Tornai a respirare come un uomo libero. Certo il mostro, spaventato, era fuggito
dalla mia casa per sempre! Non lo avrei piu' veduto! La mia felicita' era al
colmo! Non sentivo quasi la colpa del mio truce misfatto.
Mi erano state rivolte alcune domande, ma avevo saputo rispondere a tutte
in modo soddisfacente.
Era stata persino ordinata un'inchiesta, ma naturalmente nessuno aveva scoperto
nulla. Ero certo di avere ormai assicurato un avvenire tranquillo e sereno.

Il quarto giorno successivo all'assassinio entro' pero' inaspettatamente in
casa mia una squadra di poliziontti che procedette a un rigoroso esame dei locali.
Sicuro pero' della inaccessibilita' del mio nascondiglio non provai alcun
imbarazzo. I funzionari di polizia mi pregarono di accompagnarli nela loro
perquisizione. Ogni angolo, ogni ripostiglio fu attentamente esplorato. Infine
scesero in cantina per la terza o quarta volta. Non uno solo dei miei muscoli
tremo'. Il mio cuore batteva calmo come batte a chi dorme nel sonno
dell'innocenza. Percorsi la cantina da un capo all'altro, tenendo le braccia
incrociate sul petto, e aggirandomi di qua e di la' con disinvoltura. I
poliziotti si dichiararono soddisfatti e si disposero ad andarsene.
L'esultanza del mio cuore era troppo intensa perche' potessi trattenerla.
Bruciavo dal dire ancora una parola sola, per rafforzare il mio trionfo, e
rassicurarli doppiamente dela mia innocenza.

- Signori, - dissi infine, mentre gia' stavano salendo i gradini, - sono lieto
di avere calmato i vostri sospetti. Vi auguro buona salute, e vi porgo i miei
omaggi. A proposito, signori, questa... questa e' una casa costruita
meravigliosamente bene. - (Nel desiderio morboso di parlare con disinvoltura,
quasi non mi rendevo conto delle parole che proferivo).
- Posso dire anzi che e' una casa costruita in maniera ECCELLENTE.
Queste pareti, ve ne state gia' andando, signori? queste pareti, guardate come sono solide! -
E a questo punto, in una vera frenesia di sfida, picchiai pesantemente con la mazza
che tenevo in mano proprio su quel tratto di opera muraria dietro al quale stava
il cadavere della moglie che io avevo tanto amata.

Ma possa Iddio proteggermi e liberarmi dagli artigli dell'Arcidemonio! Non
appena gli echi dei miei colpi si furono spenti nel silenzio, ecco che ad essi
una voce rispose dal segreto loculo! Era un pianto, dapprima soffocato e
interrotto, come il singhiozzare di un bambino, che rapidamente si enfio' sino
a divenire un unico lungo, alto, continuo urlo, indicibilmente strano e inumano,
un ululato, uno strido guaiolante, per meta' di orrore e per meta' di trionfo,
quale solo avrebbe potuto levarsi dal fondo dell'inferno, se le gole di tutti i
dannati nella loro angoscia e tutti i demoni nell'esultanza della dannazione
umana si fossero insieme congiunte.

Di quel che fossero i miei pensieri in quel momento e' follia parlare.
Sentendomi venir meno, arretrai barcollando verso la parete opposta. Per un
attimo i poliziotti, giunti gia' in cima alle scale ristettero immobili,
raggelati dall'orrore e da una specie di arcana paura. Un attimo dopo dodici
braccia robuste si davano da fare attorno alla parete. Questa cadde di colpo in
tutta la sua massa.
Il cadavere, gia' quasi interamente decomposto e chiazzato
di sangue raggrumato, apparve eretto dinazi agli occhi degli agenti. Sul suo
capo, con la sua rossa bocca spalancata e l'unico occhio di fiamma, sedeva lo
spaventoso animale la cui malizia mi aveva indotto al delitto, e la cui voce
rivelatrice mi aveva consegnato al boia.


Avevo murato il mostro dentro la tomba!

- Fine -

 
 
 

Come si vestira' una fata????

Post n°42 pubblicato il 13 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

Cosa vede una fata quando si guarda allo specchio?
A volte il viso di una ragazza, altre volte le rughe di una vecchia,
la lingua biforcuta di una serpe, le ali bianche di una farfalla...
non per niente la capacità di mutare d'aspetto e di dimensioni è una delle loro caratteristiche principali.
Ma anche se si divertono a mostrarsi agli uomini nei più strani travestimenti,
le Fate sono in genere bellissime ed eternamente giovani,
risplendono lievemente al buio e amano portare ricchi gioielli e abiti sontuosi,
lunghi fino a terra per mascherare uno dei loro grandi difetti (molte fate hanno zoccoli caprini al posto dei piedi).
Ci sono tuttavia anche fate del tutto insensibili al fruscio e al luccichio delle gemme preziose:
le timide e solitarie fate dei boschi e delle foreste.
Indossano semplici tuniche bianche o verdi oppure abiti fatti di foglie e di fiori freschi,
quando non vanno in giro coperte soltanto dai loro lunghissimi capelli.

 
 
 

Post N° 41

Post n°41 pubblicato il 10 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

Fin dall'antichità le Fate sono state motivo ispiratore di innumerevoli ballate, racconti e canzoni di trovatori e poeti che illustrarono e cantarono bellezza, incantesimi, gesta e avventure di questi esseri affascinanti.
Nel medioevo, la leggenda bretone delle Fate di Loc-il-Du incantava dame e innamorati, e questi personaggi fantastici esercitavano un'influenza occulta, ma reale, in ogni luogo.
In Bretagna i ricordi e le usanze in proposito sono numerosi ed evidenziano il particolare rispetto degli abitanti della regione nei loro confronti.
Collin de Plancy racconta che alla nascita dei loro figli, i bretoni si preoccupavano immediatamente di apparecchiare nella stanza attigua a quella del parto una tavola abbondante e ricca di vivande per tre persone, al fine di rendersi favorevoli le fate dette le tre madri, e ringraziarle adeguatamente della loro visita propiziatoria e soprattutto per i doni particolari che avrebbero lasciato al neonato. Sempre in Bretagna, come scrive Savi Lopez, le Fate hanno i loro corrispondenti spiriti maschi detti Fayou.
Nella stessa regione si tramanda inoltre il ricordo di particolari Fate, poste a tutela di menhir e altri monumenti druidici, le quali conoscevano il destino degli uomini e degli eventi, comandavano gli elementi ed erano in grado di spostarsi in un attimo da un capo all'altro del mondo. Ogni anno, all'inizio della primavera, celebravano una solenne festa notturna alla luce della luna piena, durante la quale consumavano un magico pranzo, per poi disperdersi alle prime luci dell'alba.
Secondo le fonti originali, queste fate erano vestite di bianco, esattamente come le sacerdotesse dei culti druidici.
Oltre queste tradizioni, dalle quali affiora il ricordo di antichi riti iniziatici e religiosi, si affermano numerose altre credenze, non di rado di natura superstiziosa.
Questi esseri, chiamati anche "Korrigans" - si afferma - non erano fatti né di carne, né di ossa, né di muscoli. Pertanto ciascuno di esse poteva diventare terribile come un'armata intera, oppure ridursi a dimensioni talmente ridotte da potersi posare su una spiga di segale senza curvarne il gambo. Mille testimonianze ci raccontano come i contadini potessero spesso sorprenderli nascosti a riposare sotto un ciuffo d'erba... E non v'era pastore, né mezzadro che le temesse, quando la notte calava, quando le nubi si abbassavano e la bruma offuscava a poco a poco ogni cosa, ed esse si riunivano formando ronde fantastiche. Ognuno sapeva che l'influenza di questi buoni gèni era per i villaggi benigna e benefica. Al tramonto, il loro fievole canto si levava lontano, per ritmare le danze delle giovinette. Esse leggevano nel gran libro aperto dei prati e dei boschi...

 
 
 

BESEECH

Post n°40 pubblicato il 09 Ottobre 2005 da blackcat23
Foto di blackcat23

Gruppo ghotic metal nel 2004 escono con un cd da favola "DRAMA",il 5 settembre è uscito il loro ultimo lavoro"Sunless days".

Questo gruppo arricchisce il proprio sound attraverso melodie gotiche e surreali,il loro stile ricorda gli Evanescenze e un po' gli H.I.M,ma  la loro musica è inconfondibile.

Vengono agli albori nel 1996 con un'album"...From A Bleeding Heart",dove la loro musica si fa subito notare,in seguito nel 2000 con "Black Emotion"fanno impazzire gli amanti del genere con il singolo"Ghoststory"mentre l'anno che li consacra al patibolo del successo e' nel 2004 con "Drama",lavoro ricco di atmosfere tetre e macabre,un lavoro alla ricerca dei lati oscuri della mente,ed è una contina ricerca del precedente album,tutto questo accompagnato dalla bella voce di Lotta Hoglin.

I BESEECH SONO:

Erick Molarin(voce maschile)
Lotta Hoglin(voce femminile
)
Robert Vintervind(chitarra)
Jonas Stromberg(batteria)
Michael Back(tastira)
Daniel Elofsson(basso)

spero che riusciate ad ascoltarli,ne vale la pena!
P.S:consiglio rivolto a Nekro,Korn,Himvalo85!!!

un bacio dalla vostra black

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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immagine..la camera era nuda
come le nostre anime

da quella finestra vedo rispecchiare i miei stati inquieti
non oso entrare...

ho voglia di uscire,
via per la strada che unisce le nostre menti....

io non saro' mai tua....
tu...non mi cercherai...

 
 
 
 
 
 
 

KLIMT

immagine..OH tu Dana,
perla di bellezza di tutte le donne
 
 
 
 
 
 
 

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