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Un blog creato da jek1944 il 23/11/2008

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I punti su cui discutere 2a p.

Post n°8 pubblicato il 26 Novembre 2008 da jek1944

Modello di struttura per il settore scientifico

Risulta chiaro che ogni università dovrà poter conferire i due primi livelli di laurea, eventualmente in non tutte le articolazioni possibili.

La radicale proposta che io faccio, sulla base delle considerazioni fatte prima, è sostanzialmente quella di ridurre a DUE e non più di DUE le cosidette lauree brevi, una laurea orientata ai settori scientifico tecnici, l’altra a quelli umanistici e giuridico-sociali. I contenuti di questi due primi livelli di istruzione superiore dovranno essere qualitativamente elevati e poco o niente “professionalizzanti”.

Non sta a me suggerire quali tipi di contenuti debba avere la laurea breve per il settore umanistico e giuridico-sociale, ma posso indicare quanto sia necessario per quella del settore scientifico-tecnico. Nei tre anni occorre consegnare allo studente un bagaglio di base di conoscenze fisico-matematiche e di scienze naturali che gli permetta di essere in grado di comprenderne tutta la necessaria integrazione per la conoscenza del mondo fisico (almeno l’equivalente di un corso annuale di fisica e di uno di matematica per ogni anno di corso, due corsi annuali di chimica, due di biologia). Questi potranno essere integrati nel terzo anno da due corsi annuali a scelta, a seconda delle tendenze dimostrate dallo studente nel corso dei primi due anni ed a seconda dell’obbiettivo che pensa di voler conseguire.

I possibili obbiettivi di questo primo livello, che chiamerei di “diploma universitario” in scienza e tecnica, sono molteplici ed ognuno sarà conseguito attraverso una opportuna selezione per passare al secondo livello o per entrare direttamente nel mondo del lavoro.

            -Ingresso diretto nel mondo del lavoro attraverso interviste e/o test per essere collocati in zone di apprendistato “professionalizzante” offerte dal datore di lavoro stesso.

            -Ingresso nell’insegnamento nella scuola media inferiore attraverso concorso.

            -Esame di ammissione specifico ad un corso di laurea di II livello (laurea specialistica) in uno dei settori: Scientifico, Tecnico, Medico, Economico-sociale.

I quadri I e II illustrano a grandi linee la struttura proposta.

Al termine del corso di secondo livello, conseguita la laurea specialistica, lo studente deve essere in grado di conseguire uno dei seguenti obbiettivi:

            -Ingresso diretto ad un livello di quadro, nel mondo del lavoro attraverso interviste e/o test per essere collocati in zone di apprendistato (non più di un anno) “professionalizzante” offerte dal datore di lavoro stesso.

            Ingresso nella scuola media superiore attraverso concorso.

            Esame di stato per l’accesso ad una professione libera

            Esame di ammissione specifico ad un corso di dottorato di ricerca

E’ essenziale, per l’equiparazione dei diritti delle università UPP, che l’accesso al dottorato non possa avvenire nell’università dove si è conseguita la laurea specialistica. Questa norma avrebbe anche lo scopo di rompere, fin dall’inizio, il fenomeno dell’ “inbreeding” che vede i ricercatori nascere e morire nella stessa struttura. Inoltre essa contribuirebbe al miglioramento della qualità della selezione che non sarebbe falsata da fattori localistici.

Questo principio di non località va fatto valere di norma per tutti i passaggi all’interno della struttura universitaria, da questo momento in su. Così il dottore di ricerca che desideri accedere alla docenza universitaria dovrà entrare nel primo gradino permanente della stessa in un ateneo diverso da quello dove si è addottorato. Analogamente per il passaggio da un gradino all’altro della carriera. E’ solamente in questo modo che le selezioni verranno ripulite dai dannosi fattori localistici. Sommato al fatto che le Università, per effetto della  necessità di una buona valutazione della struttura, saranno spinte ad assumere personale sempre più valido, questo provvedimento renderebbe il “concorso” universitario un oggetto che potrebbe essere tranquillamente gestito localmente, come viene fatto in larghissima misura in tutti i paesi europei.

Questa mobilità va correlata con provvedimenti economici adatti a permetterla (stipendi, offerta di abitazioni calmierate etc.) e comunque attuata specialmente nei primi livelli della carriera.

Quindi il mio suggerimento e’: obbligo di trasferimento nei passaggi laurea-specialistica-> dottorato e dottorato-> ricercatore, ma poi progressione di carriera all’interno della stessa universita’. In questo senso bisognerebbe anche cominciare a distinguere tra reclutamento e progressione di carriera!

Consistenza delle strutture e costi

Valuterò solo i costi del personale e delle risorse minime che ad esso personale devono essere destinate per metterlo nelle condizioni minime di concorrere validamente alle gare di finanziamento pubbliche (nazionali od internazionali) per la ricerca di base.

            La ricerca moderna, che non sia quella della “Big Science”, per la quale occorrono centri mondiali come quelli della fisica delle alte energie o della fisica spaziale, viene fatta in larga misura nelle Università (si veda un qualsiasi periodico scientifico) da equipes di ricercatori che operano a vario livello: da un leader, che generalmente è un professore al massimo gradino della carriera; da un certo numero di collaboratori, generalmente più giovani, anch’essi appartenenti allo staff permanente dell’istituzione (da due o tre, per le equipes più piccole, a numeri superiori anche di molto per le grandi equipes o per le aggregazioni di più equipes sotto uno stesso leader); da un numero circa equivalente di altri collaboratori non facenti parte dello staff permanente, ma che hanno già conseguito un titolo di dottorato (i cosidetti post-doc); dai dottorandi e dai laureandi. In una equipe di una università UR i dottorandi dovrebbero essere almeno uno per ogni membro permanente dello staff. Nelle università UPP, lo staff permanente con gli eventuali post-doc ed i laureandi dovrebbe essere sufficiente ad assicurare quella attività minima di ricerca che è essenziale a caratterizzare il lavoro di insegnamento universitario.

            Prendendo una equipe di ricerca anche minima quindi occorre pensare ad uno staff permanente composto da un professore di I fascia, uno o due di seconda (1,5), tre ricercatori stabili e cinque o sei dottorandi (5,5) per una equipe di UR (i post-doc si suppongono pagati sui fondi di ricerca reperiti); per una equipe di UPP avremo in media invece 1,5 elementi per ogni fascia di staff permanente. Naturalmente l’Istituzione deve provvedere agli spazi sufficienti (studi e laboratori) dove l’equipe possa operare, che mediamente si possono quantificare in un minimo di una cinquantina di mq di spazio per persona. Inoltre occorrono i servizi: servizi tecnici, segreteria, mezzi di comunicazione, accesso a biblioteche rifornite etc. Inutile, anzi dannoso, per una istituzione ampliare l’organico delle sue equipes in assenza di questi requisiti fondamentali. Non basta ancora: ciascun membro dell’equipe deve poter contare su una dotazione minima finanziaria per poter come minimo iniziare il lavoro che gli permetta di inserirsi nei canali competitivi di finanziamento della ricerca, diciamo 10-15 migliaia di euro per persona. Per la equipe minima della università UPP avremo quindi in media una spesa corrente (stipendio e dotazione minima) di almeno 400-500 migliaia di euro, prima ancora di spendere qualcosa in vero e proprio sforzo di ricerca. Per una UR questa cifra va almeno triplicata.

E’ ovvio il motivo per cui in primis si deve pensare ad una limitazione del numero di università UR: la finitezza delle risorse e la necessità della loro concentrazione.

L’organizzazione, dal punto di vista finanziario e logistico, di una università di ricerca completa, che disponga di tutti i settori (che è una necessità, nel panorama moderno dello sviluppo delle conoscenze, data la grande dose di interazione che può verificarsi tra settori diversi), è opera gigantesca e costosa. Le risorse per la ricerca devono essere largamente presenti, e ciò che ne determina il livello di organizzazione e di costo è la competizione internazionale e niente altro. Non è pensabile che un paese come l’Italia possa contare su un numero di centri di questa fatta limitati solo dai desideri locali di possederne uno. Il numero di università oggi censite nel nostro Paese ammonta più di settanta, quando il numero di una trentina esistente nell’anno 1970, quando il livello degli studi superiori era decisamente più alto di quello odierno, era già sovrabbondante.

Io stimo che non si possano pensare nel nostro paese più di venti università UR e forse di una quarantina di UPP.

E’ altresì evidente come non possa essere il ricorso alla forma, a dir poco nebulosa, della Fondazione privata a risolvere il problema.

Ridistribuzione dell’organico

Non sarebbe quindi impossibile ridistribuire questi docenti, tra le università UR ed UPP, tenendo presenti i criteri che sono stati elencati per la definizione dei due tipi di istituzioni. La ridistribuzione andrebbe fatta ad organico fermo, ma rapidamente, in modo da poter mettere a regime tutto il meccanismo quanto prima possibile. Provo ad illustrare le fasi del periodo transitorio:

-          Definizione delle 20 università UR

-          Ogni unità delle università UR ed UPP mette in “mobilità” i docenti di ogni fascia di cui ritiene poter fare a meno, sulla base di valutazioni compiute dal settore locale di appartenenza.

-          Ogni unità delle università UR ed UPP richiede la eventuale copertura di posti di organico già disponibili o che si renderanno disponibili nel corso della fase transitoria.

-          Nel passaggio da una università UR ad una UPP, in questa fase transitoria e solo in questa fase transitoria, il personale che si trasferisce passa alla fascia superiore con trasferimento di budget e sua integrazione da parte dello Stato all’Università di destinazione.

-          Nel passaggio da una Università UPP ad una UR, in questa fase transitoria, e solo in questa fase transitoria, il personale che si trasferisce conserva la sua fascia con trasferimento di budget. Il trasferimento avviene alla fascia superiore solo se la Università di destinazione integra il necessario budget.

Queste disposizioni assumono che vi sia un’incentivazione positiva per docenti di fascia inferiore a migrare da università UR ad università UPP progredendo di un gradino nella carriera, con eventualmente la speranza di un ritorno ad una università UR in un secondo tempo tramite trasferimento ordinario per semplice chiamata. Molte situazioni in cui elementi buoni che non si trovano a loro agio nell’unità di appartenenza per aver raggiunto una maturità incompatibile con la bassa autonomia di ricerca, o per altri motivi, dovrebbero trovare soluzione con questo meccanismo. L’Università UPP di destinazione vedrebbe aumentato il proprio budget di organico, e potrebbe sperare in una maggior consistenza della sua ricerca allo scopo di migliorare il suo stato nella valutazione comparativa nazionale.

Se questa assunzione è valida si dovrebbe mettere in moto il meccanismo di ridistribuzione degli organici per arrivare alla fase stabile.

Sono pensabili altre incentivazioni per rendere la ridistribuzione più efficace.

 

(da: Giovanni Giacometti)

 

 

 

 

 
 
 
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