Creato da microcosmi il 14/10/2008
il mondo è bello perchè è vario, ed io con lui

Paesaggio

 

Ci sarà la luna.
Ce ne sta
già un pò.
Eccola che pende piena nell’aria.
E’ Dio, probabilmente,
che con un meraviglioso
cucchiaio d’argento
rimesta la zuppa di pesce delle stelle.

(Vladimir Majakovskij)

 

Amo

 

Non  cancelleranno l'amore
né le liti,
né le distanze.
E' pensato,
provato,
controllato.
Alzando solennemente i versi, dita di righe,
lo giuro:
amo
di un amore immutabile e fedele

(Vladimir Majakovskij)

 

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Il dolore

Post n°30 pubblicato il 15 Aprile 2009 da microcosmi

Molte sono le cose che vorrei dire, ma non so trovare le giuste parole...   Solo questo, ora, riesco a fare; un copia incolla dal sito dell' Ansa. Una madre per tutte le madri, un dolore profondo muto, antico e per sempre.

 

 

 

 

Anna una rosa tra le macerie

(di Simona Tagliaventi)

L'AQUILA - Anna sembra uscita da una tragedia greca. I capelli neri scomposti, il viso segnato da un dolore che sembra non potere finire, gli occhi azzurri, limpidi, a cercare qualcuno che non c'é più. Piange suo figlio rimasto sepolto sotto le macerie a piazza Pasquale Paoli all'Aquila, in un palazzo dove quasi tutti erano studenti e dove quasi nessuno si è salvato. Anna è greca, ma, anche se non parla italiano, fa capire il suo dolore con le urla, le lacrime e i gesti. Lo strazio di una madre che racconta di un figlio morto ad appena 28 anni. Getta una rosa bianca tra i detriti che il braccio della gru impietosamente solleva e poi, qualche metro più in là, accende cinque ceri rossi e sette lumini bianchi, sotto gli occhi di chi si trova a passare e non riesce a capire il perché di quel gesto, così strano, così coinvolgente. Fiammelle che si traducono in un un piccolo, grande gesto per ricordare il luogo della sua tragedia. Poi si allontana, quasi non volendo volgere le spalle a quella montagna di detriti che gli hanno portato via un figlio. Manda baci dal bordo della strada e di un marciapiede che non c'é più, grida in greco "ou pausomai eraon se", che significa "non smetterò mai di amarti". Piegata in due dal dolore, Anna si guarda intorno quasi a cercare un conforto che però nessuno le può dare.

Appena si accorge poi che una folata di vento spegne uno dei ceri e qualche lumino, si gira e torna subito a riaccenderli, come se fosse uno sgarbo al figlio quello di non avere una luce che lo illumini, ora che ormai per lui è buio. Fa anche fatica ad accenderle quelle candele, ha le mani fasciate, forse anche lei ha scavato. E ora veglia chi non c'é più tra le macerie. Ma il dolore, ormai, è l'ultima cosa che la preoccupa. Prende l'accendino e, incurante del fuoco che le brucia le garze, ridà vita pazientemente a tutte le fiammelle che il vento ha spento. Accanto a lei, donna di un presepe senza vita, il marito, appoggiato ad una stampella di legno, soffre in silenzio mentre l'abbraccia, ma nulla può contro il dolore straziante di una madre a cui le ruspe stanno portando via anche l'ultima speranza di rivedere suo figlio.

 
 
 
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