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Prima di addentrarmi nel racconto dei tragici fatti di Triora, per far comprender meglio il contesto in cui avvennero anche a chi non è avvezzo a trattare l’affascinante ma complesso mondo della storia, farò una breve premessa sul fenomeno della stregoneria, che, come essere umano di sesso femminile, mi ha sempre un po’ turbata, poiché, le accuse di questo genere, nel periodo fra il 1400 e il 1700 sono state rivolte nell’80% dei casi a donne. La stregoneria fu una grande macchia della Cristianità di quelle epoche e la responsabilità colpì sia l’Europa cristiana che, dopo la Riforma, quella protestante, anzi, i seguaci di Lutero e Calvino prevalsero nell’ossessione della strega. I protestanti agirono con particolare ferocia fra il 1560 e il 1570, in Svizzera, Germania, Olanda, Polonia, Inghilterra, Scozia e Paesi scandinavi, condannando spesso a morte chi era colpito da questa accusa. I cattolici, invece, si scatenarono in Francia ai tempi della guerra contro gli Ugonotti e nelle città tedesche durante la Guerra dei Trent’anni. Poche furono invece, al confronto, le streghe finite sul rogo in Spagna, Portogallo, Italia, dove, contrariamente a quanto si crede, l’antico tribunale dell’Inquisizione, istituito nel Medioevo e ripristinato all’epoca della Controriforma, agì spesso per controllare e moderare gli eccessi. Le denunce, comunque, erano solite partire non dai giudici, ma dai cittadini di un quartiere o dai contadini di un borgo, che improvvisamente si eccitavano a vicenda, rinfocolavano vecchi rancori e, con le accuse di stregoneria, trovavano un modo per farsi giustizia da soli (e fu questo, in definitiva, che accadde a Triora). |
Triora, alta Valle Argentina, provincia di Imperia. Questo borgo, ha una posizione remota tra i monti della Liguria occidentale. Ancor oggi il territorio comunale è molto vasto e presenta altitudini che vanno dai 458 fino ai 2.153 m. sul livello del mare. Siamo alla fine dell’estate del 1587. Da oltre due anni, una terribile carestia affligge Triora, che allora era considerata il granaio della zona. Attualmente, che di coltivazioni di cereali non c’è più neppur l’ombra, il paese ha conservato ancora la tradizione dei forni, che producono un pane rinomato, preparato con tre diversi tipi di farine, uno dei 37 pani d’Italia, che si trova in vendita anche in quasi tutti i negozi di alimentari e supermercati della costa. Triora, come Bussana Vecchia e gli altri paesi dell’entroterra imperiese, rivela la sua origine medioevale attraverso la struttura delle sue vie più antiche, che formano stretti carrugi, in cui la luce spesso penetra a stento. Persino adesso, in alcuni si respira un’atmosfera strana, cupa ed inquietante, che a me ha sempre dato una lieve sensazione di malessere… In diverse di queste stradine lastricate semibuie, si possono vedere sulle facciate degli edifici targhe marmoree con su incisi parecchi nomi di nativi che, nei secoli passati, son divenuti persone d’un certo rango in qualche campo del sapere o hanno ricoperto cariche religiose di prestigio ma… dopo esser emigrati in Francia o in altre regioni italiane. Anche questo borgo, come quasi tutti quelli dell’interno, si era spopolato nel XX secolo, specialmente dopo l’ultimo dopoguerra e, pure esso, oggi si sta ripopolando e sta attirando stranieri provenienti dal Nord Europa. Ma torniamo alla nostra storia… La tremenda carestia ha portato il popolino all’esasperazione. Tra le ombre dei carrugi, si cominciano ad allungar sguardi biechi e sospettosi ai passanti, si mormora nei gruppetti di comari… si osserva con più attenzione la vicina poco socievole ed antipatica… Si vive, in quel tempo, in questi luoghi, in una dimensione dominata dalla superstizione e da arcaiche credenze. In questa pesantezza di clima sotto l’aspetto psicologico, si cominciano ad additare le possibili streghe… e, con un po’ di buona volontà da parte di tutti… alla fine vengono trovate… e qui comincia la vicenda...
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Post n°17 pubblicato il 03 Gennaio 2009 da jinkhan
Nel 1984 la Finanza stabilì definitivamente che gli edifici del vecchio borgo non appartenevano agli abitanti di Bussana, ma erano di proprietà statale, tuttavia, coloro che risiedevano in paese da più di vent’anni continuarono la lotta contro lo Stato per vedere riconosciuta per usucapione la loro proprietà delle case ristrutturate. Tutte queste battaglie, non ancora concluse, sono state estenuanti e ancor oggi si protraggono a colpi di carte bollate.Tuttavia, il paese è tutto una scoperta, poiché ovunque vi sono degli angoli molto pittoreschi, anche per l'aspetto ottocentesco del borgo mantenuto con cura dai residenti. Una delle maggiori attrattive è rappresentata dalle piccole botteghe caratteristiche e dagli atelier degli artisti, che si trovano un po' ovunque. La vecchia chiesa di Sant'Egidio, mai ristrutturata dopo i crolli parziali, mostra ancora tracce degli stucchi e delle pitture di un tempo; è però visitabile solo dall'esterno, in quanto tuttora pericolante. Il campanile della chiesa, scampato al sisma, rende caratteristico l’aspetto del vecchio borgo ed è considerato dagli abitanti di Bussana Vecchia una sorta di simbolo. Anche l’Oratorio di San Giovanni Battista, posto nella zona ad est, ed anch’esso gravemente danneggiato dal sisma, è visitabile solo dall'esterno. Oggigiorno, diverse manifestazioni teatrali, musica dal vivo, ed esposizioni d'arte vengono svolte nelle sere d'estate a Bussana Vecchia e sono attività sempre molto frequentate. Attualmente, l'economia è fondata prevalentemente sul turismo. Il paese offre diversi ristorantini che propongono specialità della cucina ligure, qualche bar, altri tipi di locali e soprattutto molte botteghe di artigianato ed atelier di artisti che vendono ai turisti le loro produzioni. Ancora adesso, il borgo, solo in piccola parte ristrutturato, con parti inagibili sempre evidenti, mantiene intatte le ferite infertegli dal sisma e vanta una certa fama come meta turistica "di nicchia", per appassionati di borghi suggestivi… Ultimo dettaglio: il percorso del paese si fa totalmente a piedi e richiede una camminata di circa un’ora, che tuttavia non presenta particolari difficoltà. La violenza del terremoto del 1887, il più catastrofico del XIX secolo per queste zone, ha quindi alla fine determinato a distanza di tanto tempo, un destino insolito, positivo e forse unico per un borgo medioevale non molto diverso dagli altri vicini ed è molto interessante, in effetti, per chi ama le atmosfere d’un mondo ormai scomparso, camminare tra case e vicoli, alla ricerca di tracce di vita passata rese uniche da un tragico avvenimento…. La stessa cosa, cioè un accadimento del passato, per certi aspetti ancor più tragico, perché dovuto non ad eventi naturali come qua, ma alla follia umana, ha dato, a distanza di molto tempo, nuovi stimoli culturali ed un positivo impulso economico ad un altro antico borgo non lontano da questo… e sarà proprio quella la trama della mia prossima storia.
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Post n°16 pubblicato il 02 Gennaio 2009 da jinkhan
Alla fine degli anni cinquanta alcuni artisti scoprirono il villaggio e decisero di stabilirvisi creando una comunità artistica ideale. Il fondatore fu l'artista torinese Mario Giani (in arte Clizia), che dopo aver scoperto il luogo nel 1959, volle, con altri artisti, venire ad abitare nel villaggio. Venne redatta una specie di costituzione che ne regolava la vita. Dato che le case semidistrutte non erano più di proprietà di nessuno, chiunque avesse voluto stabilirsi nella vecchia Bussana avrebbe potuto scegliersi il proprio rudere e ristrutturarlo usando esclusivamente i materiali ancora presenti sul luogo. Si poteva usufruire di esso solo per finalità artistiche, e quando si decideva di abbandonare il villaggio, colui che subentrava doveva solo rifondere le spese effettuate per la ristrutturazione. In caso di abbandono per più di tre anni, i locali ristrutturati dovevano ritornare alla comunità, che poteva assegnarli ad altri artisti. Inoltre, non era allora ancora consentito vendere le proprie opere o mettere in piedi atelier nel borgo. Durante questo periodo, il villaggio attirò molti artisti itineranti, che potevano dormire e mangiare per poco o niente in un ostello organizzato da Clizia. L'acqua doveva essere trasportata a mano all'interno del villaggio, come qualsiasi materiale da costruzione non ricavabile dalle macerie. Non c'era all'epoca alcun servizio sanitario né fognario. Questa costituzione funzionò fino a quando gli abitanti del villaggio, circa una dozzina, cominciarono a ritenere poco corretto che il frutto del loro duro lavoro di ristrutturazione dovesse appartenere all'intera comunità, quindi optarono per il mantenimento comune solo di alcuni luoghi, tra cui una galleria che raccoglieva le opere di tutti gli artisti del villaggio. Nel 1963 Clizia abbandonò il borgo, nel frattempo abitato ancora solo stagionalmente, ma il nucleo di artisti continuò a crescere, fino ad arrivare ad una trentina di persone nel 1968. Bussana Vecchia era ormai divenuta internazionale: si era creato un villaggio di artisti e liberi pensatori che comunicavano tra loro principalmente in inglese e francese, riunendosi in spazi comuni. Alcune divergenze interne, tuttavia, cominciarono a dividere gli artisti, e gli spazi comuni andarono sempre più restringendosi, fino al 1968, quando nacque il primo atelier individuale. Intanto, mentre gli abitanti stagionali ritenevano che fosse sufficiente per le proprie esigenze vivere con candele e acqua di fonte, la popolazione stanziale spingeva per l'allacciamento del paese alla rete idrica ed elettrica. Intanto, si era arrivati agli inizi degli anni settanta, che videro i primi problemi interni sul riconoscimento legale dei luoghi: la proprietà privata iniziò a delinearsi come una necessità, in netto contrasto con gli ideali iniziali della Comunità degli Artisti. Nel frattempo, i discendenti degli abitanti originari del paese fondarono l'associazione degli "Amici di Bussana", con l'intento di riappropriarsi delle zone appartenenti ai propri antenati, ed in tal modo cintarono e dichiararono propria l'intera area nord del paese. In questo periodo, il villaggio era ancora visitato solo da un turismo di élite, poiché gli stagionali avevano altre risorse per vivere e si recavano a Bussana Vecchia dei periodi limitati, motivati da fini creativi. Ben diverse erano le esigenze di coloro che avevano cominciato a risiedervi ormai permanentemente e che dovevano vivere solo coi proventi della propria attività artistica. Essi miravano ad attirare nel luogo, a fini di lucro, il turismo di massa, come di fatto avvenne. Intanto, nel 1974, l’acquedotto comunale venne allacciato al paese. Con l’inizio degli anni ’80 la popolazione residente ammontava ormai ad un centinaio di abitanti. Gli abitanti non erano più esclusivamente artisti come in principio, poiché, il boom economico di quel periodo spinse molti ad investire nel turismo estivo, ed infatti furono aperte botteghe artigianali meno attente agli aspetti artistici, che abbassarono il livello qualitativo delle opere prodotte.
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