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Infelicità e depressione a 40 anni.

Post n°6 pubblicato il 31 Gennaio 2008 da angiolettopm
Foto di angiolettopm

Si dice che la vita inizi a 40 anni. In realtà, la soglia dei 40 anni invita tutti noi a fermarci e riflettere un attimino. Pensare alla nostra posizione sociale, alla nostra carriera professionale, alla nostra affettività viene automatico e spontaneo, quasi quasi un "tiriamo le somme". Stamane, leggendo un quotidiano locale, mi attira un articolo che espone i risultati di una ricerca effettuata dai ricercatori dell'University of Warwick and Dartmouth College (Usa) con dati raccolti su oltre due milioni di persone in 80 Paesi ). In pratica si è riuscito a tracciare una specie di "curva della felicità", rigorosamente a forma di "U", avente la concavità, ovvero il picco inverso, intorno all'età dei 40 anni.

Sembra che l'arrivo degli "anta", oltre alle prime rughe, può anche dare "il la" a tristezza e depressione. infatti, sembra che il rischio depressione sia più basso in giovanissimi e anziani, ma si innalzi vertiginosamente con l'arrivo della mezza età. In particolare lo studio, che sarà pubblicato su 'Social Science & Medicine', fissa a 40-44 anni il picco della vulnerabilità a infelicità e depressione. Mentre negli Usa si sale a 50 anni per gli uomini (40 per le donne), una differenza di genere rilevata solo in questo Paese. Nel campione esaminato ci sono anche italiani. Un dato che si scontra con quello di precedenti ricerche, secondo cui il rischio di cadere nei lacci di malumori e depressione fosse costante nel corso della vita. Questa volta, però, i numeri e il fatto di aver preso in esame così tanti Paesi gioca a favore della tesi della mezza età.

"Accade a uomini e donne, single e sposati, ricchi e poveri, con o senza figli", sottolinea Andrew Oswald dell'University of Warwick, secondo il quale però non è chiara la ragione della vulnerabilità in questa fascia d'età. Il fatto è che per molti i 40 anni segnano l'inizio di un periodo buio, dicono i ricercatori, da cui si emerge solo dopo i 50. La buona notizia, dice Oswald, è che entro i 70 anni si è tornati in media felici e mentalmente sani proprio come accadeva a 20.

Come dire che a 20 anni l'entusiasmo di una vita davanti fa superare più facilmente le difficoltà, mentre dopo i 50 anni, maturando il concetto dell'accontentarsi e di non avere più tante pretese da noi stessi, si torna a sorridere più frequentemente. Eppure 40 anni dovrebbe, dico "dovrebbe" data la cara e tanto amata gerontocrazia italiana, essere l'età maggiormente produttiva, in cui ognuno da il massimo apporto alla società, ma forse questo accade davvero. Quindi il prezzo da pagare è l'essere maggiormente infelici e depressi del solito.

Forse infelicità e depressione nascono dalla voglia di reagire, di cambiare le cose che secondo noi non vanno, dal non riuscire a raccogliere le forze fare ciò?

Infelicità e depressione diminuiranno quando finalmente ci renderemo reconditamente conto che la vita è fatta di attimi e bisogna accontentarsi di quello che si ha?

 
 
 
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Data di creazione: 11/01/2008
 
 

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