Creato da vitotroiano il 08/01/2008
politica-attualità
 

 

« Maroni: Cattivi con i cl...Nessuno è indispensabile »

Mi vergogno di essere stato Comunista

Post n°94 pubblicato il 12 Febbraio 2009 da vitotroiano

 Luciano Violante

 

È il 10 febbraio. Siamo nella sala della Lupa, la più importante di Montecitorio, per la “Giornata del ricordo”. L’aria, all’inizio, è quella delle cerimonie. Saluti cortesi, scambio di parole di circostanza. Alle 18 il presidente della Camera pronuncia un sobrio intervento. Poi le luci si spengono e comincia la recitazione di un pezzo teatrale che si chiama “Una grande lapide bianca”.

Il testo è il monologo sull’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia e sulla tragedia delle foibe. Un anziano, sloveno o croato, non importa, riceve il diario di un suo vecchio compagno di giochi, italiano, poi costretto all’esodo. Una voce fuori campo legge brani di quel diario. Ad ogni brano il vecchio risponde con il suo punto di vista. Gli italiani erano stati sempre a far da padroni sulle case, sulle terre, sull’aria persino e ora finalmente dovevano andarsene via. Dovevano essere cacciati. Poi parla l’autore del diario, caricato su un treno con la piccola sorella perché i genitori si sono persi, forse uccisi. Il treno va verso sud. A Bologna il treno è fermo per ore perché, è un fatto storico, c’è una manifestazione di sinistra, prevalentemente pci contro gli esuli considerati traditori perché avevano lasciato un paese comunista.

Poi riprende lentamente la sua marcia lungo l’Adriatico, sino a Jesi. L’esule è italiano, si sente ancora più italiano perché ha scelto di andare via e di stare con gli altri italiani. Ma questi italiani non lo considereranno un concittadino, lo guardano con sospetto e guardano con sospetto tutti coloro che sono venuti via. A Jesi sono chiusi in un campo e alloggiati in baracche, come fossero prigionieri. È la tragedia che molti esuli subirono. Ma non è di questo che voglio parlare. A un certo momento del monologo vengono rievocate le foibe, la tragedia delle giovani donne violentate, degli italiani legati due e due e precipitati nelle foibe perché contrari o sospettati di essere contrari all’annessione alla Jugoslavia di Trieste e di parte del suo territorio. Mentre la tragedia era raccontata io mi sono sentito in imbarazzo. Se fosse stato raccontato un brano di vita a Mauthausen mi sarei immedesimato nella storia, mi sarei sentito a mio agio, orgoglioso di appartenere alla storia di quei vinti che poi hanno vinto. Mi sono reso conto per la prima volta, che la mia storia politica era stata dalla parte degli aggressori, di chi legava il fil di ferro ai polsi delle vittime, prima di precipitarle, non dalla parte di chi aveva i polsi legati. Dalla parte di chi aveva violentato e non dalla parte di chi era stato violentato. Certo, mi sono battuto, tra i primi e anche senza un grande seguito, perché la storia politica e umana del confine orientale fosse letta sino in fondo.

Da presidente del Gruppo Ds, con il pieno sostegno di Piero Fassino, allora segretario del partito, mi sono schierato e ho schierato il Gruppo per l’approvazione della legge sulla giornata del ricordo. Anche se non tutti nel Gruppo e nel partito erano d’accordo. A Trieste, e altrove, in più occasioni, ho ribadito l’intollerabilità dei lunghi decenni di silenzio. E tuttavia mi sembrava che le implicite accuse delle parole della piéce riguardassero anche me. Perché l’aver appartenuto al partito comunista e il sentirmi tutt’ora dentro quella rigorosa educazione politica e quel complesso di valori civili e repubblicani mi faceva sentire tra quegli assassini. Come si sente un uomo di An quando si parla di San Saba o di via Tasso? Come si sente un cattolico quando si parla dell'Inquisizione o dei preti pedofili? Ma non basta questo a consolare. Anzi, è una deviazione. Il punto è che sinché la sinistra non celebrerà le foibe e la destra non celebrerà Fossoli resteremo divisi nelle nostre storie e nelle nostre memorie.

Prima, nel pomeriggio, Giorgia Meloni mi aveva chiesto, per una radio del suo ministero, rivolta ai giovani, se non dovessimo costruire una memoria condivisa. Mi è sembrato necessario spostare la risposta dal tema della memoria al tema della identità. Si è parlato spesso di memoria condivisa. Ma la memoria per ciascuno di noi è il proprio personale rapporto con la storia generale e con le vicende della propria vita. È perciò difficile che sia condivisa. L’identità deve essere condivisa, non la memoria. Essere italiani vuol dire avere avuto tanto Fossoli quanto Baisovizza. E deve significare sentirsi tanto dalla parte di chi stava sui vagoni piombati quanto dalla parte di chi era precipitato nelle foibe. Il problema italiano non è la memoria; è l'identità. Ci sentiamo ancora oggi appartenenti a storie diverse perché queste classi dirigenti guardano poco al futuro e rinvangano continuamente il passato dell’altro per trovarvi argomenti di divisione, come se la storia dell’altro non riguardasse anche noi. E se io contrappongo a chi mi sbatte le foibe sul tavolo, i crimini di guerra di settori dell’esercito italiano nella ex Jugoslavia, resteremo cittadini di due Italie diverse. Se il mio avversario contrapporrà gli omicidi del triangolo rosso alle torture delle brigate nere, confermeremo che siamo cittadini di due Italie diverse. Su questa divisione lucreranno politici astuti e nel burrone tra le Italie del nostro passato potrebbe precipitare l’Italia del nostro futuro.

Costruire l’identità italiana avendo il coraggio di farci entrare anche la storia dell’altro, condannando tutto ciò che bisogna civilmente condannare, anche se viene dalla propria parte, ma sapendo che anche quella è storia d’Italia, ci renderebbe capaci di capire la drammaticità della nostra vicenda nazionale e ci darebbe la possibilità di costruire un futuro comune e migliore.

Capisco che molte obiezioni potrebbero essere fatte e rispettabili. Tuttavia occorre che si discuta anche di questo se si vuole perseguire l’interesse dell’intero Paese, dentro il quale deve stare l’interesse della propria parte. Diverso sarebbe se si intendesse perseguire l’interesse della propria parte, anche contro l’interesse del Paese.

Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 22/11/09 alle 11:31 via WEB
E' con vero piacere che leggo questo articolo, credo che nel fondo del cuore ogni Uomo non si inventa bugie. Sempre più riesco a stimare Uomini che hanno il coraggio e l'umiltà di riconoscere gli errori, siano di destra che di sinistra, il mio rammarico è che gli Uomini che per fede politica si sono trovati in questa situazione oggi continuino a pretendere di stare al potere. E' l'ora che Uomini come Violante facciano scuola rinunciando a qualsiasi incarico istituzionale e che con il loro esempio riescano a convincere chi, con il potere è convinto di dare sempre lezioni. Io,sessantatreenne,fortunatamente non ho mai scelto di entrare in politica, sicuramente non avrei avuto il consenso dei voti ma,se così fosse stato,oggi da qualunque parte fossi avrei vergogna. Diamo spazio ai giovani, a quei giovani che sempre più cercano di affacciarsi alla ribalta, essi non hanno scheletri nell'armadio e noi attenti cittadini avremo di nuovo voglia di ascoltare la Politica.
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

Ultimi commenti

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
 

INTERCETTAZIONI SPETTACOLO

La non politica che in Italia ormai manca da quindici anni, in questi giorni, si infiamma sulle presunte intercettazioni che riguarderebbero il Presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi, che non è il male di questo Paese, dal '94 ad oggi è stato indagato 800 volte: nemmeno il capo dei capi (Riina) è stato così tanto perseguitato. In un Paese, dove la democrazia è occupata dal potere della magistratura e della stampa la forbice tra benessere e malessere continua ad allargarsi sempre di più. Con questo provvedimento proposto dal Governo si spera di chiudere, per sempre, una lunga stagione iniziata con la falsa rivoluzione del'92 sotto il nome "Tangentopoli". L'Italia stà diventando sempre più un Paese irriconoscibile e, questo, gli Italiani non lo meritano

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963