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L'eterna giovinezza.

Post n°224 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da vitotroiano

Non volere accorgersi che l'avvento del governo dei tecnici ha cambiato radicalmente il panorama politico italiano, significa – soprattutto - non volere prendere atto della fine di un'epoca storica che ha preso il nome di bipolarismo. Berlusconi lo ha fatto, mentre Bossi che ricorda, qua e là la metafora struggente di Oscar Wilde che ne “Il ritratto di Dorian Gray" inseguiva l''impossibile eterna giovinezza col risultato di finire travolto dall'inesorabile incalzare del tempo.
Non volere accorgersi che l'avvento del governo dei tecnici ha cambiato radicalmente il panorama politico italiano, significa – soprattutto - non volere prendere atto della fine di un'epoca storica che ha preso il nome di bipolarismo. Incardinato, ovviamente, su Silvio Berlusconi del quale ricorre in questi giorni il diciottesimo anniversario della discesa in campo.
Uno dei più tenaci negazionisti del cambiamento drastico avvenuto è Umberto Bossi che ricorda, qua e là la metafora struggente di Oscar Wilde che ne “Il ritratto di Dorian Gray" inseguiva l''impossibile eterna giovinezza col risultato di finire travolto dall'inesorabile incalzare del tempo.
Altro che spadone di Alberto da Giussano, qui siamo in piena reverie d'un tempo che non torna più, di una stagione destinata all'archivio. L'uscita dalla scena governativa (non politica, intendiamoci) di Silvio Berlusconi ha significato innanzitutto l'esaurirsi di una alleanza, già messa in crisi irreversibile da Fini e da un Terzo Polo che, come dice la parola stessa, butta al macero il concetto di bipolarismo, ma anche dalle (ir)responsabilità della Lega nell'opporsi, stando nei ministeri, alle richieste europee cui Tremonti era invece attento, finendo con la destablizzazione del Governo Berlusconi.
E siccome la sinistra aveva paura di nuove elezioni temendo di vincerle, ecco che dal cappello del Quirinale è uscita la sorpresa Monti. Dal trauma, il più rapido a riprendersi è stato il Cavaliere che ha avvertito fin da subito l'impotenzaaaaaa di qualsiasi posizione oppositoria, specialmente da parte sua e del Pdl, ben consapevole che la patente di statista si può conquistare non solo stando a Palazzo Chigi, meglio ancora se fuori, con in mano la golden share del nuovo governo di Supermario.
Berlusconi e lo stesso Alfano, sanno di giocare una partita con ottime carte ma pur sempre complessa, a volte simile a una scommessa date le tensioni dentro il corpaccione di un Pdl leaderistico dai tratti anarchici, ma con molteplici opzioni, in primis con Casini oltre che con Bersani. Al contrario, Bossi e i suoi boys peraltro in piena guerra civile di successione, tengono l'orizzonte basso, ristretto ed obbligato dell'opposizione condita di insulti.
Che altro può fare una simile Lega se non opporsi a Monti, per di più muovendosi in un Nord che ha assolutamente bisogno di risposte nazionali e internazionali, come mandano a dire i suoi ceti produttivi col popolo delle partite Iva già fedeli al Senatur, e che lo guardano ora con crescente disappunto in preda a violenti dissensi interni che interessano esclusivamente lo zoccolo duro e il cerchio magico.
Peraltro, che fastidio può provocare nel gelido governo Monti il turbinio disordinato dell'opposizione leghista se non qualche battito impercettibile di ciglia? Se persino Di Pietro, una specie di sottoprodotto berlusconiano privato del suo artefice, spera in un paso doble con Vendola per ricatturare Bersani, che resta da fare all'opposizione se non abbaiare alla luna? Prendendosela, come fa il Bossi, con le mezze cartucce nell'illusione che l'insulto da bar rinsangui una leadership allo stremo, col risultato di rafforzare il disegno stabilizzante del Cavaliere, le scelte di Monti e una complessiva convergenza dei tre poli verso una politica destinata, prima o poi, a riprendere in mano proprie le vicende italiane.
Qui emergono i rischi e i limiti vistosi della Lega. La sua crisi è politica segnala la fine di un'epoca, accentuata dal trauma del governo tecnico che ha causato un surplus di guai, oltre la dissidenza maroniana, oltre la grave malattia del suo leader: che credibilità ha infatti oggi un movimento che si spaccia per separatista avendo fatto dal '94 ad oggi, tutte le politiche e il loro opposto, trovandosi ora scaricato dal governo prima e poi dal potere notevolissimo accumulato (si pensi solo alla Rai), e che adesso minaccia la giunta di Formigoni, ben conscidel fatto che se riuscisse ad avere la sua testa, cadrebbero subito dopo quelle di Cota e di Zaia.
Bingo!

 
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INTERCETTAZIONI SPETTACOLO

La non politica che in Italia ormai manca da quindici anni, in questi giorni, si infiamma sulle presunte intercettazioni che riguarderebbero il Presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi, che non è il male di questo Paese, dal '94 ad oggi è stato indagato 800 volte: nemmeno il capo dei capi (Riina) è stato così tanto perseguitato. In un Paese, dove la democrazia è occupata dal potere della magistratura e della stampa la forbice tra benessere e malessere continua ad allargarsi sempre di più. Con questo provvedimento proposto dal Governo si spera di chiudere, per sempre, una lunga stagione iniziata con la falsa rivoluzione del'92 sotto il nome "Tangentopoli". L'Italia stà diventando sempre più un Paese irriconoscibile e, questo, gli Italiani non lo meritano

 
 
 

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