Creato da lavocecelata il 28/06/2007
nel confessionale delle nuvole

 

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Mélanie dormiva..

Post n°25 pubblicato il 02 Luglio 2007 da lavocecelata

coppia

Mélanie dormiva..

 

Guarda quel paesaggio.Si può dire che ci sia qualcosa di romantico, ma anche di molto vicino al luogo dove vorresti chiudere gli occhi per l’ultima volta.Qualcosa che somiglia molto alle note di un’ultima canzone, che ti culli fino a farti chiudere gli occhi per l’ultimo sonno.
Un luogo fatto per quell’ultimo istante, per quell’ultimo passaggio, dove alla fine tutto si compie.Non nell’attesa superba di una verità senza dubbio alcuno, ma con l’idea sottile di quell’unità, di quella realizzazione del visibile con l’invisibile, del sognato-sperato e della realtà, senza più discordanze.
Un paesaggio.
Una canzone.
Un’anima in cerca di destinazione.

Mélanie dormiva, ed una sorta di sorriso ironico le aleggiava leggero sul viso.Forse erano le sue sopracciglia, arcuate come un accenno di eterna sorpresa, o il taglio della sua bocca che sembrava trattenere un segreto maliziosamente allegro.
Mélanie dormiva, con la guancia sinistra appoggiata sullo stomaco di Manrico, che appena sveglio le spiava il viso ed il sogno mentre la teneva avvinta a sé col braccio sinistro e con la mano scorreva dall’ascella ai glutei godendo al tatto della pelle liscia di quel caldo corpo.
Mélanie dormiva, mentre Manrico con la mano destra sollevava il piumoncino verdemare ed inspirava voluttuosamente l’odore mischiato dei loro corpi: un odore aspro e fruttato, un odore di sessi caldi e di sudori, di umidità impazienti e golose.
Mélanie dormiva, quando la mano vogliosa di Manrico, in una lunga carezza, divideva i glutei stretti e le sue dita si intrufolavano nel taglio caldo, bruciante come il fuoco.
Mélanie dormiva, e non vide Manrico che voglioso si portava le dita al naso, chiudendo gli occhi per meglio percepire l’intimo sapore di lei e lesto si leccava le dita bagnandole.
Mélanie dormiva, mentre le dita umide di Manrico tornavano tra i suoi glutei sodi per carezzare lentamente il minuscolo lembo di seta del perineo.
Mélanie dormiva, e chissà sulla soglia di quale sogno stava, perché le palpebre si stavano muovendo, come se gli occhi nel buio stessero vedendo qualcosa.
Fu allora che accadde.
Il primo indizio che Manrico ebbe della nostalgia fu l’odore.L’odore salato delle alghe e dell’acqua marina, nell’aria mattutina di una camera chiusa, di un appartamento in un quartiere di Zurich, Svizzera era da considerarsi un piccolo miracolo in sé stesso.Il caldo e l’odore di un corpo di donna, con cui aveva giocato, vinto e perso per tutta la notte, era scomparso all’improvviso, per lasciare aria e spazio al profumo del mare, del suo mare.
Manrico non poteva non fidarsi dei propri sensi, perché non era possibile sbagliarsi riguardo a quel che stava sentendo, neppure in quella camera da letto di Ruti: era il profumo del mare, del mare aperto, delle acque verdi-blu saporose di sale, di alghe, di salmastro.
Le primissime ore del mattino, per Manrico erano la parte del giorno preferita, e forse la più irreale e la sensazione che quell’odore gli fece provare fu una specie di brivido che attraversò i suoi nervi e la sua mente.
Ricordi netti, come onde si susseguivano.Gli uni  dietro gli altri, accavallandosi.Le grigie barche umide e rugginose, i moli coi gabbiani che si litigavano le bitte, i passi incerti sulle coperte scivolose, i motori ansimanti, la fuliggine dei fumaioli, la bruma mattutina.
“Cosa succede..qui?”.
Aveva parlato a voce alta, come se il suo interlocutore interiore avesse potuto rispondergli.
Niente, non era successo niente.
Solo un attacco violento di nostalgia.
Mélanie si mosse nel sonno e sbavando sullo stomaco di Manrico cambiò di guancia.Ora la sua bocca umida era quasi sul pene dell’amante.Lui notò la cosa distrattamente.

Era lontano, ormai.
I suoi pensieri stavano viaggiando su due piste e forse provenivano da un cuore diviso a metà.
Una pista era nota, conosciuta e familiare, una pista che mai l’avrebbe potuto tradire.L’altra era un’incognita.Un’avventura impervia, dai contorni fumosi e sicuramente irta di ostacoli malamente prevedibili.Ma niente più l’attraeva dell’ignoto, delle nuove prove che avrebbe dovuto superare, perché per lui l’esistenza non  era che una somma di esperienze, di tentativi, di delusioni anche, forse le vere maestre di vita.Non su sarebbe tirato indietro, almeno fino a quando Mélanie non lo avesse voluto più.
- Io devo partire. -
Manrico guardò ostentatamente il suo orologio.Erano le otto di sera e voleva che tutto fosse ben chiarito.C’era ancora tempo: il treno svizzero sarebbe partito alle 23,59 per Milano.
Mélanie aveva assunto un atteggiamento insofferente e scostante, eppure nemmeno un’ora prima si erano nuovamente abbracciati a lungo, con metodo e dedizione, per darsi tutto al ricordo che l’un l’altra si sarebbero lasciati.Girava per la casa indolente, parlottando in tedesco e guardando di traverso quell’ italiano maledetto.
- Sono mesi che manco da casa.Non fuggo da te. –
- Ah sì? – commentò lei, con finto sarcasmo.
- Sì.Proprio così.Sono partito da Milano per consegnare una borsa, e l’ho fatto essenzialmente per mettere insieme due soldi.Non volevo e non potevo tornare a casa a mani vuote.
Mélanie arrossì di rabbia.
- Puoi sempre spedirli i soldi.. -.
Manrico tornò ad occuparsi del pavimento cercando le parole giuste.
- Non è una fuga da te.Ma non intendo nemmeno fuggire da mia moglie. -
- Sei impossibile!Ma che razza d’uomo sei? –
Questa era una di quelle domande alle quali è molto difficile trovare una risposta.Manrico restò in silenzio, imbarazzato.Poi cercò di rifarsi.
- Ti ho forse promesso qualcosa? – cercò di mettere più amore possibile nel porle quella domanda.
Mélanie si sedette sul divano, lontana da lui.
- Pensavo che saresti rimasto con me. – stava per piangere.
- Non posso decidere così su due piedi, non saprei nemmeno cosa fare, qui in Svizzera. -
- Ci penso io.Guadagno bene per due.Tu non devi pensare a niente. -
- Ti rendi conto di cosa mi chiedi?Finiresti per cambiare idea su di me.Lasciami andare a casa, Mélanie.Adesso vediamo la situazione spinti dalla fretta e dall'affanno. -
- Ma io ti voglio qui. Non sopporto l'idea che tu parta.-
C’è sempre chi parte e chi resta ad aspettare.
Chi resta deve fare i conti più difficili.
Deve fare i conti con gli spazi occupati da chi è partito e che ha lasciato l’ impronta della sua presenza negli oggetti usati della casa, la tazza dove beveva il caffè, il portacenere preferito,  il divano dove si allungava e da dove tirando una gonna,  prendeva  il via un gioco d’amore, il letto sul quale si dormiva vicini e la voce che rimbalza nell’aria, registrata dalle pareti, ecco che la senti di nuovo ed allora un tuffo al cuore ed i ricordi che sommergono come un 'maelstrom', rivelando la solitudine che come un’ombra segue passo passo anche se a volte non la si scorge, triste ed abitudinaria compagnia.
Manrico si allungò per prendere una mano di Mélanie che gli si avvicinò e l’abbracciò strettamente, nascondendo il viso sul suo petto.Piangeva piano, come una bimba appena prima di addormentarsi ad un sonno liberatorio.
Manrico non poteva piangere.Non se lo sarebbe mai permesso, ma l’avrebbe voluto fare, anche solo per una volta, per vedere se il pianto lenisce almeno un po’ il dolore.

A volte capita che per intraprendere un viaggio, si debba salire su un aereo o su un battello, a volte si prende un treno, altre un auto, oppure si può sedere sulla scomoda sella di una moto.
Certi viaggi rimangono impressi nell'anima, forse è l'anima che viaggia e le si tiene dietro, la si segue per non perdersi o perderla.
Un viaggio in una dolce notte, oppure può essere anche un viaggio in una notte di gelido freddo penetrante, non lo so.Ma è sempre una notte perfetta per viaggiare, una notte serena.
Fredda e pulita, l'aria.
Una notte di Luna calante, di falce tagliente come una scimitarra, che però non limita affatto lo splendore dorato di Sirio ed il blu screziato di bianco di Alpha Centauri.
Tutt'insieme è caduta la nebbia, spessa, frontale, proprio davanti agli occhi.
Un muro lattiginoso ed impalpabile, odoroso di umidità marcia e pesante da respirare, soffocante.
Quanto si allunga il Tempo nella nebbia?
Passa così lentamente, il tempo, che sembra fermarsi, forse m'aspetta, visto che non so dove io vada, nè dove io sia.
La nebbia si dissolve, tutto d'un tratto.
Vedo apparire dei rapidi fulgori di luce che sciabolano nell'oscurità della notte. Adesso so dove sono, ma questo non ha importanza.
Non importa chi lo sa.
Ogni ora di ogni notte, c'è sempre un faro che scintilla.
Scintilla per tutti.

 

 

allafinestra 

 

 
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