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Di chi la colpa?

Post n°17 pubblicato il 02 Gennaio 2010 da ibiscos0
 

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Su una pagina interna del quotidiano "la Repubblica" dei primi di

dicembre è apparsa una serie di articoli sullo stato di salute della

lingua italiana, sul grado di conoscenza delle regole della nostra

lingua possedute dagli studenti di oggi.

Gli articoli prendevano spunto dal "grido di dolore" di molti

rettori di università italiane, presidi che giustificavano l'istituzione

di corsi di recupero di Italiano per le matricole documentando

gli errori più frequenti nei test di ingresso alle facoltà.

 

Questi alcuni degli strafalcioni riportati:

 

Consecutio - Se io sarebbe più abile, tu mi affiderai una squadra

L'apostrofo - Non so qual'è la prima qualità di un'uomo

Il congiuntivo - Se tu saresti più alto, potessi giocare a pallacanestro 

 

Se tutto questo accade, di chi la colpa?

 

Rispondono:

Tullio De Mauro: "I guasti iniziano nella scuola dell'obbligo.

Il buonismo e le promozioni di massa hanno fatto danni,

 non si sbarra il passo a chi non è all'altezza.

Il disprezzo della lingua italiana risiede anche

in certi romanzi di nuovi autori, pieni di parolacce

e di inutili scorciatoie".

Gian Luigi Beccaria: "Credo che il predominio dell'inglese

stia nuocendo all'uso dell'italiano....la colpa è di un

intero percorso scolastico che non sempre funziona.

Inoltre l'uso esclusivo di telefoni cellulari e computer

come strumenti di comunicazione non aiuta la nostra lingua:

l'italiano sta regredendo a dialetto".

Giovanni Tesio (critico letterario e docente all'Università

del Piemonte Orientale): " Ma non dipende solo dalla scuola:

la colpa è anche delle famiglie e dei modelli culturali.

La prevalenza dell'immagine porta a una disattenzione verso

i testi, e comunque è vero che mancano le basi. Me ne accorgo

correggendo tesi di laurea, non solo scritte male, ma anche

piene di strafalcioni. Perché per decenni si è demonizzata

la grammatica, come se tutto dovesse essere facile e

divertente. Ebbene, a scuola non tutto può né deve

esserlo.Un'altra fesseria è credere che la grammatica

s'impari leggendo, quello è un universo che non

accetta usi strumentali. E non è affatto vero

che val più la pratica della grammatica. Altrimenti

non sarebbe possibile che 45 laureati su cento

ignorino il passato remoto del verbo cuocere".

 

Se tutto questo accade, le colpe stanno proprio

nelle cause individuate dai personaggi intervistati?


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