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La paura, la destra e noi

Post n°144 pubblicato il 26 Settembre 2008 da mik154

Leggo sull’Espresso della scorsa settimana un’interessante intervista a James Hilmann, uno dei massimo psicologi a livello mondiale. “Alimentare insicurezza – dice Hilmann – è uno dei metodi storicamente comprovati del controllo dello Stato. L’uso delle paure diffuse, la xenofobia, ,l’allarme criminalità, il disordine sessuale, è funzionale alla compattezza sociale, al patriottismo, all’identità religiosa, alla famiglia”. E poi, ancora, rispondendo quale sia l’ansia che lui più avverte: “Il collasso della cultura e dell’educazione”.
Essendo parole non dette da un pericoloso comunista, ma da uno studioso di fama mondiale, ci devono far riflettere. Intanto su cosa è il berlusconismo. Io non sono convinto, alla Montanelli tanto per intenderci, che si tratti di un male passeggero, ma credo che rappresenti fedelmente il degrado della società italiana. Noi siamo uno dei paesi europei con il più alto tasso di analfabetismo. Si parla di 2 milioni di persone. Senza contare tutte le persone che non rientrano in questa definizione, ma alle quali mancano le conoscenze e la cultura minima per interpretare la realtà.
Se a questo aggiungiamo il bombardamento delle televisioni commerciali che ci hanno imposto un modello culturale preciso, non soltanto il semplice consumismo, ma qualcosa di più profondo, una visione precisa del mondo, abbiamo un quadro più completo. La destra ha una sua ideologia precisa, una sua struttura culturale, un’identità profondamente radicata nella testa degli italiani. E punta a consolidare questo suo potere.
Non è un caso allora che si punti a destrutturare la scuola pubblica. Con le superiori e le università sono già un pezzo avanti, con la collaborazione di pessimi ministri del centro sinistra. Ma il vero nodo cruciale è l’istruzione primaria. Perché è lì che avviene l’integrazione con l’altro, lo straniero, il disabile. E’ lì che potrebbe crescere una generazione che non vede l’immigrato come un alieno, perché è stato il suo compagno di banco. Se si cresce guardando un mondo fatto di mille colori, quando arriva qualcuno e ti parla di superiorità della razza padana finisce anche che lo mandi a quel paese.
Insomma, cultura della paura, ideologia radicata soprattutto fra quei settori della popolazione che hanno meno strumenti di interpretazione della realtà e destrutturazione di quel sistema di istruzione che resta uno dei punti d’eccellenza del nostro stato sociale.
La cultura della paura e il rifiuto dell’altro si vede in ogni atto di questo governo e delle amministrazioni locali. Il nemico, in una società in crisi profonda come la nostra è che è più debole: le prostitute, i disabili, gli immigrati, i meridionali (si trova sempre qualcuno che sta più a sud di te). Per chi è debole si sente forte soltanto se confrontato con chi è ancora più debole. Si crea uno stato di insicurezza falsi, si oscurano i motivi veri di allarme (chi parla più di mafia e criminalità organizzata?) e si mettono in atto provvedimenti che non portano alcun risultato ma che alzano un po’ di povere. Vedi i militari utilizzati in funzioni di pubblica sicurezza.
Una volta analizzato il problema, bisognerebbe anche capire cosa fare per cambiare la situazione. Una volta, qualcuno più “visionario” di me, teorizzava la necessità dell’egemonia culturale della sinistra. E io credo che il problema sia ancora questo. Per dirla con le parole efficaci e sintetiche di Giorgio Ruffolo, dobbiamo decidere “chi siamo e cosa vogliamo”. Insomma, di fronte a una destra che a parole disprezza le ideologie ma che ne ha costruita una tutta sua, precisa ed efficace, dobbiamo rispondere sul piano delle idee. Serve una visione alternativa del mondo, se si vuole costruire un partito che non abbia il respiro corto degli appuntamenti elettorali, se si vuole davvero costruire un partito utile all’Italia. Non voglio e non ho le necessarie capacità neanche per tentare un’operazione di questo genere. Ma ho chiaro, in tutto questo, un punto fermo: la difesa della scuola, pubblica e democratica, come si diceva un tempo, non è semplicemente un fatto contingente ma è un elemento strategico per il Partito democratico.

 
 
 
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