WestSide

C’era una volta un tizio che di nome faceva Cesco. Costui era un po’ svogliato, con la testa sulle nuvole, e a volte persino al di sopra di queste. Cesco, che all’epoca dei fatti avrà avuto sì e no sui trentacinque anni, aveva una strana mania: collezionava biglietti da visita. In qualsiasi posto andasse egli domandava sempre se c’era un biglietto da visita per lui. E c’è da dire che di chilometri il Cesco ne ha percorsi molti. Infatti lui era un camionista. L’abitacolo del suo camion, che era un vecchio Iveco abbastanza malmesso e pericolosamente scricchiolante, era tappezzato di biglietti da visita provenienti dai luoghi più disparati. Ne aveva persino alcuni che erano i biglietti da visita di altri biglietti da visita di persone importanti, che non conosceva.
Un giorno, mentre stava percorrendo alla modesta velocità di 87 km/h la strada dissestata che portava da Arsego a Borgoricco, decise che fosse giunto il momento di fare una piccola pausa. Perciò accostò e fermò l’Iveco in una piazzola di sosta. Vista l’ora si chiese se non fosse il caso di fare una capatina in quella trattoria che aveva notato poco innanzi sulla destra. Così, sotto il sole dell’una e trequarti, si apprestò a percorrere quei duecento metri decisivi, per avere finalmente sotto i denti un buon pasto. Quando giunse di fronte alla porta della trattoria, volse la testa al cielo e notò il nome della trattoria “Trattoria Pizzeria da Chicco”, recitava l’insegna.
Deve essere un bel posto, si disse. Una volta entrato, al posto della solita cameriera prosperosa, ad accoglierlo vi trovò un ometto piuttosto alto ma non molto in carne. Buongiorno, disse l’ometto, è da solo?
Sì, rispose Cesco.
Le va bene quel posto là? Chiese l’ometto indicandogli un tavolino isolato nell’angolo della sala.
Cesco fu un po’ stupito dalla proposta dell’ometto, dato che il locale era praticamente vuoto, se non era per un gruppo di formiche che si stavano abbuffando di una grossa briciola di pane.
Perché proprio là? Chiese Cesco.
L’ometto non rispose perché nel frattempo era già andato a preparare il tavolo al nuovo cliente, sputando vigorosamente sulla tovaglia di tela cerata per levare alcune macchie risalenti a qualche settimana prima.
Posto strano, tipo strano, pensò Cesco. Così, senza fare più domande, prese posto sulla piccola sedia di plastica che a malapena riusciva a contenere il suo piuttosto grande fondo schiena.
Cosa desidera? Chiese incuriosito l’ometto, dopo aver atteso una decina di minuti in modo da lasciare il tempo necessario al cliente per scegliere la pietanza che più si addiceva al suo appetito.
Uhm, prenderei una pizza…una capricciosa, disse Cesco già con l’acquolina in bocca.
Mi dispiace, non ce l’abbiamo.
Peccato, allora una prosciutto e funghi.
Neanche questa.
Una diavola?
Ehm…terminato il salamino.
Allora una con le verdure ai ferri?
Finite anche quelle.
Una margherita? Disse ormai sconsolato Cesco. Pensava di conoscere già la risposta. Infatti:
Finito il pomodoro, la mozzarella e la pasta.
Insomma, niente pizza eh? Chiese.
Eh no! Rispose l’ometto che sembrava trovarsi d’accordo con Cesco riguardo alla mancanza degli ingredienti fondamentali.
Allora prendo una pasta al pomodoro, disse Cesco rassegnato.
Le avevo detto che era finita la pasta! Disse l’ometto.
Ma, scusi un attimo, disse Cesco piuttosto alterato, ma se non c’è nessuno, come è possibile che abbiate finito tutto? Mi sta prendendo in giro?
No di certo signore, disse l’ometto che ora sembrava a disagio. Il fatto è che…
Mi perdoni se la interrompo, intervenne Cesco, ma come si chiama lei?
Chicco, rispose l’ometto.
Ah, fece Cesco, adesso mi è tutto chiaro.