Il lato oscuro della Luna – Vol. 1

Luna

Fu un amico comune a parlarmi di lei. A dire la verità, quando, raramente, lo incontravo, cercavo sempre di evitarlo perché, anche se ottima persona, aveva un difetto per il quale avrei ucciso in quel modo così cruento e violento che, pur sognandolo, non sono mai riuscito a realizzare in nessuno dei miei film: era logorroico come nessuno. Insistette per bere assieme qualcosa, accettai, ma gli dissi: “Solo un minuto perché vado di corsa”, tant’è che, malgrado insistesse a sederci a un tavolo, gli dissi: “No, ho troppa fretta”, e restammo al banco. Mi parlò di lei dicendomi che era una persona speciale e, fra l’altro, era una persona che, come pochi, aveva una conoscenza profonda e completa della Recherche.
Bastò questo a capovolgermi la giornata e, incredibile, fui io a dirgli: “Andiamo a sederci”.
“Non avevi detto di avere fretta, Quentin?”, mi disse.
“Per fortuna sono abbastanza ricco per potermi permettere il lusso di decidere io chi merita la mia fretta e chi no”, gli risposi accompagnando la risposta con quel ghigno alla Clint Eastwood che adoravo.
Quel cambiamento di programma ed intenzioni fu dovuto al fatto che proprio un paio di giorni prima, ripensando alla leggenda che circola su di me e che, in parte, ho alimentato io stesso ovvero quella secondo la quale i miei film nascono dalla mia quasi patologica dipendenza dai fumetti. In parte è così, ma anche dal mio odio innato per il compromesso. Nei miei film non c’è una via di mezzo. Niente feriti, niente prigionieri, niente misure alternative, etica, leggi, giustizia e puttanate varie. Come pure, non succede e non succederà mai che sul manifesto di morte di uno che muore nei miei film, qualcuno possa scriverci: “si è spento serenamente”.
Tornando a quello che pensavo qualche giorno prima, riflettevo sul disagio che mi stava assalendo sull’incapacità di mettere giù una nuova sceneggiatura che, in quantità di morti, potesse superare il Vol. 1 di Bill Kid. Poteva sembrare una cosa facile perché sarebbe bastato raddoppiare il numero di guardie ed avversari ed il gioco era fatto, ma questa, in termini di originalità, sarebbe stata una presa in giro dei miei film, della mia genialità e del mio pubblico. No, avevo bisogno di un copione originale e di una quantità di gente da uccidere che non fossero dei banali “soldati” come in quel volume.
Avevo pensato alla Bibbia che ha il più grande numero di personaggi disponibili per i miei massacri, ma non sarebbe stata un’idea né originale e nemmeno molto competitiva in termini di tipologia di violenza alla Quentin. L’altro copione sul quale avevo riflettuto era stata la Divina Commedia. Anche là una bella quantità di gente e, per un certo verso, Dante aveva fatto il Quentin dell’epoca con la differenza notevole che lui non uccide i suoi personaggi ma, giudicandoli, decide in quale degli alberghi post-vita seppellirli. Io, invece, non li giudico, li uccido e basta. Quel “basta” che, ammetto, è un po’ sibillino per il modo in cui li uccido.
Ecco, la “ricerca” di una sceneggiatura originale per il mio nuovo film era il mio tormento ricorrente di quei giorni e quando il mio amico logorroico pronunciò la parola “Recherche” capii che stavo per fare “Bingo!”. Ora desideravo solo conoscere quella sua amica con la stessa fretta con la quale cerchi quella di cui ti sei innamorato e sai che questa fretta non la risolvi con il “Sono abbastanza ricco per eccetera eccetera”.
Solo per educazione, per non essere scortese, gli diedi il tempo di sederci al tavolo e, prima che parlasse, gli dissi:
“Il mio numero ce l’hai, entro due ore, mettimi in contatto con lei. E’ importante”, e mi alzai.
“Va bene, ma valeva la pena sederci?”
“Sono abbastanza ricco per decidere io quello che vale la pena o meno. Ora devo proprio andare. Entro due ore, è importante”, gli dissi ed andai via.
Immagino che lui abbia pensato: “Se è vero che sei abbastanza ricco per sentenziare su ogni cosa, è anche vero che io sono abbastanza fesso perché ogni volta tocca a me pagare.”
Il ghigno di Clint Eastwood mi tornò sul viso e, malgrado le mie tante epifanie, non avendo mai avuto il dono di una coscienza, continuai a stare alla grande con me stesso.
Il lato oscuro della Luna – Vol. 1ultima modifica: 2023-09-10T13:03:54+02:00da arienpassant

10 pensieri riguardo “Il lato oscuro della Luna – Vol. 1”

  1. Non vorrei ripetermi ma mi fai sorridere, anche quando la faccenda è stramaledettamente seria. Ma tu Quentin, tenendo conto dell’ironia che pervade ogni tuo racconto, sono certa mi capirai.
    p.s. Tornerò per un piccolo approfondimento su Recherche e Dante. Ma sarei tornata comunque, perché se ho capito bene hai in mente un seguito o un completamento di quanto ho appena letto.

  2. Caro Quentin, questa volta torno per un discorso in sospeso con Arien ma che potrebbe anche avere dei nessi con la tua opera.
    Cito Harold Bloom: “Dopo molte letture, si scopre che Proust è essenzialmente uno scrittore comico. Dice che l’amicizia è ‘a metà strada tra lo sfinimento fisico e la noia mentale’. Ancora una volta, osserva che essere innamorati è ‘un sorprendente esempio di quanto poco la realtà significhi per noi’. Esalta la ‘menzogna perfetta’ come nostra unica occasione per il disvelamento della sorpresa.”

  3. “La risposta mi arrivò ben prima delle due ore che gli avevo dato. Aggiungere “è importante” ed “entro due ore” aveva funzionato anche stavolta confermandomi che quando chiedi qualcosa, il successo della richiesta, il più delle volte dipenderà dalla forma più che dal contenuto della richiesta. Limitarsi ad “è importante” rimane un problema tuo, “entro due ore” diventa invece il problema per chi può, deve e voglia farti il favore e riuscire a farlo entro le due ore diventerà più importante del favore stesso e, per lui, sarà più gratificante e meritorio.”, avrebbe detto Quentin.

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