Leonor Fini, Autoritratto, 1968
Quanto cela e quanto disvela un autoritratto? Bisognerebbe chiederlo ai maestri in mostra a Palazzo Attems Petzenstein, a Gorizia. Forse ci spiegherebbero che tentando di riprodurre le proprie fattezze, si sono imbattuti nel loro sostrato. Che è ombra e sostanza.
Josef Maria Auchentaller, Autoritratto, 1931
Francisco José de Goya y Lucientes, Autoritratto
Angelika Kaufmann, Autoritratto, 1781
Ferdinand Georg Waldmüller, Autoritratto giovanile, 1828
Richard Gerstl, Autoritratto, 1907
Elke Krystufek, Imperial Elke, 1999
Un autoritratto non credo che celi o disveli più o meno di quanto faccia un ritratto qualunque ovvero non cela e non disvela nulla. Se, com’è vero, la bellezza sta negli occhi di chi guarda (stessa cosa vale anche per la bruttezza, of course), tutti i ritratti non sono altro che una rappresentazione figurativa di un oggetto, di un paesaggio, di una natura morta o viva che sia. Sono somiglianze interpretate dal pittore che, come per la fotografia, hanno la valenza di un particolare istante. E’ evidente che, in ciascun ritratto, potrà prevalere quello che vediamo o quello che vogliamo vedere o, peggio, quello che vogliamo mostrare o, peggio ancora, quello che sappiamo che farà piacere al modello. Penso ai ritratti del passato dove il pittore falsificava la realtà di un’immagine al solo scopo di far piacere al modello o alla modella. Per non dire dell’arte cosiddetta sacra, dove al di là dalle aureole, l’espressione degli occhi era sempre in estasi a prescindere dalla vita di merda che ti era toccata o dalle torture carnali che stavi subendo.
In fondo, il photoshop è nato assieme ai primi graffiti. Nell’autoritratto uguale, come in una autobiografia. Come nella vita, fino a una quarantina d’anni fa, era difficile capire quanto ci fosse di vero e quanto di photoshop intorno a noi.
Poi le cose sono cambiate. Fra labbra, seni, culi, nasi, trapianti di capelli, pillole miracolose e talk show, diciamo che, rispetto al passato, siamo più fortunati. Abbiamo un dubbio in meno. Oggi è tutto photoshop.
:))
“E’ evidente che, in ciascun ritratto, potrà prevalere quello che vediamo o quello che vogliamo vedere o, peggio, quello che vogliamo mostrare o, peggio ancora, quello che sappiamo che farà piacere al modello.”
La stessa cosa vale per l’autoritratto, e dunque vedi che si cela o si disvela qualcosa? 🙂
Non distrarti, questo l’ho scritto proprio all’inizio: “Un autoritratto non credo che celi o disveli più o meno di quanto faccia un ritratto qualunque ovvero non cela e non disvela nulla”. :))
Idem per un’autobiografia…prova a immaginare la tua, racconteresti tutto, anche le nefandezze? non l’abbelliresti, magari in buona fede?
Domanda da alunno a prof: “abbellire” e “buona fede” non sono un ossimoro?
No, perché lo fai in buona fede, senza averne piena contezza…
No, perché lo fai in buona fede, senza averne piena contezza…
Quanto all’obiezione, non so spiegarmi meglio in questo istante, le 5 sono un orario sacrilego per abbandonare Morfeo 🙂
Dicevo…
Per me un autoritratto non è mai il risultato di un analisi obiettiva di sé, per il semplice fatto che è impossibile restituirsi in maniera oggettiva (i filtri mentali esistono). Lo stesso può dirsi per un’autobiografia, anche se, per il fatto di essere composta da pagine, l’autore ha più margini di manovra, e qualora intellettualmente onesto, può riuscire nell’impresa (non dimentichiamo, però, che esistono individui che, con l’intento di scavare dentro di sé, si fustigano, e neppure questo va bene). Detto ciò, la sentenza è data, l’udienza è tolta 🙂
Ok, ci vediamo in Cassazione.
Bella carrellata di autoritratti.
La mostra deve essere davvero affascinante.
I ritratti mi han sempre affascinato. Non per il contenuto, ma per la tecnica. Posso affermare che sia tutto iniziato da un ritratto, il primo eseguito, potevo avere 11 anni. E ciò che mi spingeva era il desiderio di fedeltà.
I ritrattisti, gli specialisti, fanno della fedeltà la loro impronta.
C’è da fare una differenza in questo. Picasso è unanimamente riconosciuto come un grande della pittura.
Credi possa esser definito un ritrattista?
Questa differenza è importante per valutare gli autoritratti. Che non sono comissionati.
Io ho eseguito dei ritratti su commissione ed è differente l’approccio verso un autoritratto.
Potresti non crederci, ma la maggioranza degli autoritratti sono prove tecniche, un modo per analizzare fino all’esasperazione, le espressioni e le masse.
Un artista si diverta si prende persino in giro, ma di fondo c’è sempre un determinato studio dietro.
Che in molti casì poco centra con gli aspetti interiori dell’artisti.
Non so disegnare tanto meno dipingere, gli aspetti tecnici di autoritratti et similia li lascio a chi, come te, se ne intende. Io mi beo delle suggestioni 🙂