Patrick Demarchelier è scomparso il 31 marzo a 78 anni. Incappato nelle maglie del furore moralista del #MeToo, senza peraltro alcuna conseguenza legale, è passato alla storia per essere stato colui che trasformò Lady D da principessa triste a icona immortale, e per aver avuto l’onore d’essere il primo fotografo non britannico della Corona. Ricercatore instancabile della “spontaneità”, finì per fare della moda il suo mondo: basta dare un’occhiata agli scatti degli anni Novanta o ai tre calendari Pirelli. La sua carriera ha avuto un triste epilogo nel 2018 proprio in relazione allo scandalo del #MeToo, in conseguenza del quale le Maison che si erano sempre avvalse della sua collaborazione, gli voltarono le spalle. E sulla succulenta ingratitudine degli esseri umani – letale quando mescolata all’ipocrisia – ci sarebbe da disquisire ma non lo farò, perché credo che per Demarchelier non fu motivo di stupore essere messo alla porta.
Christy Turlington
Nadia Auermann
Valentina Zelyaeva
Modella non meglio identificata.
O fin troppo identificata.
Patrick Demarchelier
“le Maison che si erano sempre avvalse della sua collaborazione, gli voltarono le spalle. E sulla succulenta ingratitudine degli esseri umani…”
Siamo noi, parassiti del marketing, che consideriamo ancora l’amicizia, la gratitudine e tante altre robe, dei valori. Sono solo monete di scambio che si svalutano e si rivalutano per puro tornaconto.
Credo che fu un grande fotografo a tutto tondo. Non solo moda, ma anche natura. Non a caso la foto che preferisco di lui è la penultima, mi pare che s’intitoli “L’albero della cuccagna”.
Ti dirò, se essere parassita significa credere in quelli che ormai vengono considerati valori obsoleti (il mio preferito è la gratitudine), voglio morire da parassita, perché la moneta di scambio non mi interessa (lo so, diciamo tutti così, e poi nessuno sa spiegare la bieca piega che ha preso il mondo).
Quanto all’albero della cuccagna, devo dirtelo, mi fai ridere. Ti visualizzo come persona entusiasta di qualcosa che non delude mai…perlomeno in teoria. 🙂
In realtà, la biega pieca, cominciò con il morso della mela. Fiducia e lealtà, vennero subito meno. Quindi era già evidente che il prodotto, altro che perfezione, presentava dei gravi problemi di progettazione ma, se vogliamo dirla tutta, un costruttore onesto non li avrebbe nemmeno immessi sul mercato. Però, se è vero che il pesce puzza dalla testa, il costruttore li mandò subito sul mercato (“tu partorirai con dolore… tu lavorerai con sudore…”). Sì sì, la verità è che il prodotto era abbastanza scadente già come prototipo. In fondo non è che il costruttore avesse usato materiali tecnologicamente raffinati (ejà diciamocelo, se mi fai una donna dalla costola di un maschio che ti puoi aspettare di raffinato? Fra l’altro, mi chiedo pure il maschio da cosa l’ha fatto? Guardando il risultato e pensando ai personaggi che circolano sul pianeta, fra faraoni, imperatori, neroni, crociati, fornai d’anime, bombaroli atomici, dittatori e guerrafondai devo immaginare che usò un impasto di sterco di chissà cosa… mah).
Infatti, proprio per tutti i motivi che adduci, non ha motivo di esistere neppure l’inferno; se siamo stati geneticamente concepiti per essere prodotti marci, che senso ha raccontarsi la favoletta del “se ti comporti bene andrai in paradiso”, sapendo in partenza che in paradiso c’è posto solo per il più grande dei burloni?
Forse se il grande burlone mettesse fine alla favoletta e chiudesse baracca traslocandoci tutti, a suo insindacabile giudizio, un po’ in paradiso ed un po’ all’inferno, il vero paradiso diventerebbe questo pianeta finalmente disabitato da quell’immensa pagliacciata di quelli che sarebbero gli homo sapiens. Quegli homo sapiens che, per ripulire il pianeta, cominciano dalla plastica anziché da se stessi.
E come potrebbero regolarsi diversamente dal momento che si credono dio in terra?
Grazie per la porta aperta. Ricambio il ‘ favore ‘ lasciandoti un regalo, fanne buon uso. Un saluto ad Arien, ci si incrocia come radici abbarbicate. Riguardo al post, la lealtà è il padre e la madre di molte virtù ed è la più dimenticata delle qualità. Belle le fotografie.
Ciao Panfilo 🙂
La DEA DIANA SPENCER lo stimava e apprezzava. Fu un grande fotografo che, di certo, non avrebbe fotografato l’orrida Camilla.
Perché farne sempre e solo una questione di fattezze armoniche? la bellezza s’annida ovunque, ma siamo troppo miopi per stanarla.
Non credo che la bellezza si annidi in Camilla.
Giusto, non è propriamente bella, ma ci sarà dell’altro in lei, diciamo un’altra forma di bellezza, che ha indotto Carlo a prenderla in sposa (e parliamo di un futuro re).
“Modella non meglio identificata. O fin troppo identificata.”
ahahah, è un’aggiunta successiva o c’era già?
è successiva…frequento brutti ceffi, io ;))
eheh
Quel sorrisetto lascia intendere che ti sei sentito parte in causa, paragnosta che non sei altro :))