Il ricordo

Edward Hopper | Realist painter, 20th century, American | Britannica

“Bosmans si era ricordato che nella conversazione ritornava una parola: Chevreuse. E in quell’autunno alla radio trasmettevano spesso una canzone interpretata da un certo Serge Latour. L’aveva sentita una sera nel ristorantino vietnamita deserto, mentre era in compagnia della ragazza che chiamavano «Teschio».

Douce dame

Je rêve souvent de vous…

Quella sera Teschio aveva chiuso gli occhi, turbata forse dalla voce dell’interprete e dalle parole della canzone. Il ristorante con la radio sempre accesa sul bancone si trovava in una via fra Maubert e la Senna.

Nella sua mente si affollavano altre parole, altri visi, e perfino dei versi che aveva letto in quel periodo – erano cosí tanti che non riusciva ad annotarli tutti:

«Il ricciolo di capelli castani… Di boulevard de la Chapelle, del grazioso Montmartre e di Auteuil…»

Auteuil. Era un nome che a lui suonava strano. Auteuil. Ma come poteva mettere in ordine tutti i segnali e gli appelli in codice morse, provenienti da oltre cinquant’anni di distanza, e trovarvi un filo conduttore?

Annotava i pensieri man mano che gli attraversavano la mente. In genere la mattina o nel tardo pomeriggio. Bastava un particolare che a chiunque altro sarebbe parso insignificante. Ecco cos’era: un particolare”.

Patrick Modiano, La strada per Chevreuse

Come tutti coloro che hanno bisogno di fare i conti col passato, e non necessariamente a causa di smarrimenti esistenziali, Patrick Modiano, definito il Marcel Proust del nostro tempo, ha narrato in più occasioni appellandosi ai ricordi. Ma i ricordi sanno essere infidi e se è vero che il Tempo (con la maiuscola come vuole Proust) è un insieme di istanti che si sovrappongono, allora diventa difficile aver ragione della foschia che li abita e delle incongruenze restituite dalla memoria.  Ora, Modiano sa il fatto suo e leggere le sue pagine può essere un’esperienza gradevole. Ma ricostruire “l’immenso edificio del ricordo” è tutta un’altra cosa. E un Nobel non basta.

  “Ma quando di un lontano passato non rimane più nulla, dopo la morte delle creature, dopo la distruzione delle cose, soli e più fragili ma più vivaci, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore permangono ancora a lungo, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sulla rovina di tutto, a sorreggere senza tremare – loro, goccioline quasi impalpabili – l’immenso edificio del ricordo”.

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto

Il ricordoultima modifica: 2023-09-19T17:44:48+02:00da hyponoia

11 pensieri riguardo “Il ricordo”

    1. E’ il tuo sorriso che volevo, il resto è sintonia.

      Concordo sulle donne di Vettriano (“decisamente sexy e mai volgari”). Hopper, pur piacendomi, mi trasmette sempre angoscia. Certo anch’essa fa parte della vita ma, con Vettriano, non solo le sue donne, ma anche le stanze, le case e il mare, una risata ogni tanto se la fanno. :))
      Ciao, un bacio.

  1. Sintonia sì, ma non troppa. Non vorremmo scoprirci stucchevoli, vero? Perché a me Hopper non trasmette angoscia ma sospensione dagli affanni. E ora che fai, ti riprendi il bacio? 🙂

  2. :::a dispetto della visione quantica l’unica cosa che accomuna tutti è la morte e l’edificio del ricordo di Proust l’eleva senza dubbio, ma amo i miei ricordi e quelli inventati, in vita, ad esempio, per cui dopo Gao Xingjian nobel 2000, opto con piacere per Patrick Modiano (che non leggerò, faccio sempre così quando ho una mia idea narrativa o di visione, semmai in futuro) rammentando, appunto, proprio oggi una certa trama di Foulard mistico, fumetto a Paris. Quanto ad Hopper, l’ho già mistificato in L’uomo di Gaeta, assieme ad altri grandi, in una visione partecipata della solitudine. Buon20 hyM

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