Nella preziosa cornice di Ca’ Pesaro, oggi sede della Galleria Internazionale d’Arte Moderna, è in mostra Ann Ray con una serie di ritratti a celebrità dell’arte, del cinema e della musica. La particolarità di questi lavori è che i soggetti hanno gli occhi chiusi.
Ma…
Cercare di portare alla luce un riverbero dell’identità altrui senza avvalersi del canale privilegiato, gli occhi, è impresa che attiene alla follia, o perlomeno la lambisce. L’osservatore contemporaneo, affatto incline all’interrogazione di sé, come può immaginare ciò che è altro da sé, se non gli è concessa la fuggevole impressione dello sguardo?
Ora, pur riconoscendo alla fotografa parigina la teatralità dello scatto, la dimensione metafisica che vorrebbe proporre resta dislocata oltre, in un recinto ibrido che a differenza della siepe di Leopardi non aprirà all’infinito.
In foto: Willem Defoe e Amelie Dupont.
In sintesi: uocchie ca nun vede, core ca nun crede
(tradotto: occhio che non vede, cuore che non crede.)
Credo che, al di là del discorso fotografico in questione, il contatto visivo sia fondamentale per avere almeno un’idea di chi abbiamo di fronte…e per dirla con Bruce Springsteen: sad eyes never lie 🙂
Ci si guarda sempre meno negli occhi. I filtri sono sempre più frequenti e più spessi, come le distrazioni.