Piano sequenza

Saul Leiter - A Master of Color Photography

Le più belle storie d’amore, o se si vuole le più fortunate, sono quelle in cui due persone stanno insieme non per vincolo o necessità, ma per scelta. Tuttavia, può accadere che uno dei due si allontani e allora chi resta, lungi dal sentirsi tradito o defraudato, scrive una cosa così. Non vuole trattenere il già stato ma rimarcare che la morte gli è straniera.

Quel mio ritornare a te
da tutte le strade
per sottrarci da tanta morte

e ricucire i luoghi
feriti
di una vita che qui
è stata vita
per un poco

 

L’errore è all’inizio
in quell’inesausto vivere in trincea

l’errore è nel mezzo
in quel fermo andare e tornare
al taglio

l’errore è in prossimità della fine
in quel minuto puntare
lo specchio sgomento

la conseguenza del mattino
uno schianto in due tempi

e il limite era di vele
azzurro

 

Dove l’azzurro si fa curva
e la vita è una frattura
in fiore sul muro

è qui
dove vivo
anche quando sono altrove

misuro la strada in frammenti
di noi

guardo due volte
guardo da vicino
anche quando è lontano

e se trattenere non posso
tocco
ogni cosa
con le nostre canzoni

la prima
la seconda
l’ultima

e imparo la perdita

 

Di tu in noi
tengo ogni cosa
perfino i refusi
delle ore metodiche

piano
mi muovo nell’ingombro
del nostro tempo
a piedi nudi
fra le formule giudiziarie
il cappello antipioggia
e le risate sulle scale

lascio ogni passo
ogni impronta
lascio ogni gesto

qui

dove avevamo una scadenza

faccio ogni cosa
per l’ultima volta

 

Cettina Caliò

Così la poetessa sul compagno Sergio Claudio Perroni:

“L’assenza è una presenza fortissima: lui è nella mia testa. Ho imparato che la mancanza di una persona con cui hai avuto il privilegio della reciproca appartenenza non si avverte tanto fisicamente, quanto per la scomparsa di alcune cose che c’erano solo perché erano le nostre. Però, quando riesci a venire a patti col dolore, la persona che non c’è più diventa una presenza importante perché te la porti dentro. Ed è come s’io fossi doppia: guardo le cose due volte, una per me l’altra per lui […] Considero un privilegio la nostra vita insieme: era un uomo profondamente sensibile, intelligente, che faticava ad aderire alla realtà perché era tra coloro che hanno bisogno di vivere a una certa quota. E se non possono, preferiscono tirarsi fuori dal gioco. Farò di tutto perché resti, anche con le sue opere”.

foto di Saul Leiter

*Queste non sono letture da ombrellone, nondimeno le letture arrivano e respirano nella tua stessa ombra. E il giorno dopo mentre sei in macchina, un canale vetusto quanto la tua folle idea d’amore ti propone un Battisti che pensavi dimenticato. E non ti resta che convenire una volta di più che tutto torna e niente accade per caso.

Tra meraviglia e spavento

Passi per la vita come i bimbi che con la mano salutano cose incapaci di rispondere, premi il viso sul finestrino dell’auto, del treno, delle tue ore veloci, e saluti navi lontane, case che sfrecciano, greggi incuranti, e quando avviene il miracolo, perché a volte nella vita succede che chi vede il tuo gesto risponda, che una casa agiti le persiane, che una pecora scuota i riccioli, che una nave srotoli bandiere, allora ti porti di scatto le mani alle guance, come i bimbi tra meraviglia e spavento, e ricominci a credere in tutto, con gli occhi che luccicano come in gita da te stesso.

Sergio Claudio Perroni

 È uno stato di beatitudine in tutto simile alla stagione in cui il cuore è intento a prendere coscienza della propria esistenza e neppure sospetta dell’esistenza dell’aggettivo impoetico.

Entro a volte nel tuo sonno

A volte conviene soffiare un po’ sulla vita, lasciarla raffreddare, avere un po’ di pazienza per evitare di scottarsi, a volte con la vita conviene tagliarla più fine, fare bocconi più piccoli, frenare l’istinto per evitare di strozzarsi, a volte con la vita conviene ignorare quella nel piatto degli altri, non chiedere di assaggiare quella del vicino, sono norme di buona educazione, regole di galateo, a volte conviene lasciarne un po’ nel piatto, alzarsi ancora con la voglia, sono trucchi di sopravvivenza, metodi di autoconservazione, a volte con la vita conviene masticarla a lungo, molto a lungo, incredibilmente a lungo, è il segreto per non sentirne più il sapore, il segreto per inventarle tutti i sapori che non ha“.

Sergio Claudio Perroni, Entro a volte nel tuo sonno

Sergio Claudio Perroni si è tolto la vita pochi giorni fa, a Taormina. Aveva 63 anni e una malattia che lo ha spinto in quella direzione. Scrittore, traduttore, autore di testi teatrali, Perroni aveva pubblicato Entro a volte nel tuo sonno lo scorso anno.

Dalla postfazione di Sandro Veronesi:

A ogni vita appartengono scorci sulla bellezza assoluta che ciascuno di noi porta dentro di sé, quasi senza accorgersene. Finestre che possono spalancarsi sull’intensità dolente dei sentimenti, sulla leggerezza dei gesti piccoli e delle emozioni più universali, “confessioni del sentire”, come le chiamava Pessoa, che nelle pagine di Sergio Claudio Perroni conoscono la forma potente e delicata di una poesia che scivola nella compattezza di una prosa breve, per tornare sempre all’origine di un ritmo dettato dal vivere, ancor prima che dallo scrivere. Entro a volte nel tuo sonno ci fa esplorare, come in un ideale atlante dell’anima, tutte le variazioni dell’esistenza – tra paure e passioni, volontà e istinti, mancanze e rinascite – per ricomporre i frammenti dei nostri discorsi interiori quotidiani, e donarci le parole esatte per saperli riconoscere e, finalmente, dire. “ Reinventa quello che tutti abbiamo provato, lo riformula da capo, punto per punto, lemma per lemmal’amore, la colpa, la tristezza, l’estasi, il vuoto, la tenerezza, la solitudine, la curiosità, l’ispirazione, il rimorso, la malinconia -, come se si trattasse, sì, di salvarlo, questo mondo, di imbarcarlo su un’arca e di salvare dal diluvio questo mondo interiore di tutti noi”.

Ancora da Entro a volte nel tuo sonno:

“Ti muovi nel buio e non ti trovi, cammini piano tra le
pareti di casa ma ciò che ti aspettavi non lo tocchi, ciò
che sfiori è inatteso, arriva troppo presto, troppo tardi, ha spigoli nuovi, profili inauditi, allora cerchi a tentoni l’interruttore più vicino, accendi un attimo la luce per orientarti, solo un attimo per non svegliarti del tutto, e quell’attimo ti basta per individuarti, per riconoscere il tragitto un istante prima che scompaia, per incidere nella tua mente la planimetria del buio, e riprendi ad avanzare con la certezza di ogni passo, di ogni gesto, tra forme di cui ti fidi, convinto di sapere la strada nell’invisibile, ma a farti andare avanti è solo il ricordo di quell’attimo, a guidarti è solo la memoria della luce”.