Neve

Vilhelms Purvītis, Inverno

Lettone la neve di Purvītis, giapponese quella degli haiku di Yuko, protagonista del delicato racconto di iniziazione di Maxence Fermine. Chi non si lascerà demotivare dalla texture minimale di Neve, scoprirà una storia d’altri tempi. Tempi in cui ci si orientava facendo affidamento sul cuore:

“La neve è una poesia. Una poesia di un candore smagliante.

  In gennaio ricopre la metà settentrionale del Giappone.

  Lì dove viveva Yuko la neve era la poesia dell’inverno.

 Contro il volere del padre, nei primi giorni del gennaio 1885 Yuko intraprese la carriera di poeta. Decise di scrivere solo per celebrare la bellezza della neve. Aveva trovato la propria strada. Sapeva che quella vita sfolgorante non l’avrebbe mai stancato.

 Nei giorni di neve prese l’abitudine di uscire assai presto di casa e incamminarsi verso la montagna. Per comporre le sue poesie andava sempre nello stesso posto. Si sedeva a gambe incrociate sotto un albero e rimaneva così per ore e ore, vagliando in silenzio le diciassette sillabe più belle del mondo. Poi, quando infine sentiva di possedere la sua poesia, la vergava su carta di seta.

 Ogni giorno una nuova poesia, una nuova ispirazione, una nuova pergamena. Ogni giorno un passaggio diverso, una luce nuova. Ma sempre l’haiku e la neve. Fino al calar della notte.”