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Carmen e il suo Laboratorio

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Abbiamo chiesto alla nostra mediatrice culturale Carmen, che opera nel Centro “Damasco 3” di Dugenta (BN), di raccontarci la sua esperienza di formatrice all’interno del Laboratorio “Integrandoci con l’Italiano” che quotidianamente vede impegnati un gruppo circa 10 ragazzi migranti. Ecco Carmen cosa ci racconta:

“Un’ esperienza unica quella dell’insegnante nei Centri di Accoglienza: si sviluppano in te tutta una serie di sentimenti nascosti che si canalizzano in azioni concrete, conosci nuovi mondi e nuove culture, nuove idee e nuovi modi di pensare il mondo! Si attua una fruizione e nello stesso tempo un’evoluzione di te stessa; comprendi nuove difficoltà della vita, nuovi modi di superarle e nuovi meccanismi per essere più altruista con gli altri.

Gli studenti che si avvicinano per la prima volta alla lingua italiana sono felici e motivati, anche se poi scoprono che non è così facile la strada che stanno percorrendo: tantissime regole ed eccezioni e specialmente coloro che parlano inglese, iniziano a sentirsi afflitti dalle troppe regole della nostra lingua, ma poi, seguendo passo passo i suggerimenti dell’insegnante, che gli spiega anche i “trucchi” per imparare bene la lingua, iniziano a sorridere e ad andare avanti e la maggior parte di coloro che iniziano, raggiungono ottimi livelli di conoscenza rispetto al punto di partenza.  Li trovi dopo sempre più motivati e desiderosi di apprendere; non a caso molti hanno iniziato a studiare anche Educazione Civica o Educazione Stradale, Geografia o Storia, ad ascoltare canzoni italiane o a guardare film in Italiano. Che bello! Un grosso in bocca al lupo a questi ragazzi!”

Carmen

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Storia di migranti. Il racconto di S.: “Il destino ha scelto di condurmi in Italia”.

Mi chiamo S. vi racconto la mia storia. Oggi sono in Italia per cambiare la mia vita. Dell’Italia io conoscevo il calcio e che era il Paese Cattolico più importante del mondo perché c’è il Papa. Inoltre io sapevo che in Italia ci sono molti campi agricoli ma in realtà, vivere in questo grande Paese non era nelle mie aspettative. Io sono in Italia perché così ha voluto il mio destino. Adesso vi racconto perché.

Quando vivevo in Africa, io aiutavo mio padre che era autista di pullman nella periferia di Conakry in Guinea. Intanto io studiavo alla Scuola Coranica chiamata “Sonfonia” dove imparavo gli insegnamenti del Corano. Quando ero bambino sognavo di diventare meccanico per aggiustare automobili ed avere una mia officina. Quando sono cresciuto, ho sentito che questa vita mi era stretta così ho parlato con mio Padre e gli ho detto che io volevo andare via. Lui mi ha detto che mi dava il permesso di partire solo quando avrei raggiunto i 24 anni.  Intanto i miei amici partivano tutti, chi per altri Paesi africani più ricchi, chi per l’Europa e in me cresceva la voglia di emularli. Un giorno, quando avevo 20 anni circa, io decido di partire e chiedo a un mio amico che si occupava di far passare i clandestini attraverso la frontiera con il Mali di aiutarmi. Io però non avevo soldi e lui mi ha aiutato lo stesso perché noi “siamo uguali” e capiamo le difficoltà e cerchiamo di aiutarci. In Mali ho lavorato per un’agenzia di trasloco per 8 mesi. Però questo lavoro non mi bastava così ho deciso di andare in Algeria. Ho viaggiato in pullman nel deserto per quattro giorni e ad ogni frontiera dovevamo pagare le guardie di confine. Una volta arrivato in Algeria ho lavorato a nero per un anno in un cantiere ad Algeri. Un giorno un controllo delle autorità algerine ha fatto una verifica nel cantiere e mi ha scoperto senza documenti, quindi sono stato mandato via dal lavoro e prelevato dalla polizia insieme ad altre cinquanta persone e portato nel deserto al confine con la Libia a Debdeb. Sono restato li per un mese poi  giorno è venuta una macchina a prendermi con la promessa di offrirmi una lavoro in Libia e così sono andato ma, una volta arrivato a destinazione mi sono accorto che si trattava di una specie di prigione. Quelle persone che mi hanno prelevato mi hanno imposto di chiamare i miei genitori per pagare un riscatto per non farmi restare in prigione. Ogni giorno questi uomini mi picchiavano per convincere i miei genitori a pagare ma loro non potevano pagare. Così, visto che questa gente non  poteva ottenere nulla da me e anche da altri, ci hanno spedito con un furgone verso la costa dalle parti di Sabrata e ci hanno costretto a salire su un barcone per l’Italia.
Il viaggio in gommone è stato difficile e pericoloso, avevo paura e non sapevo che cosa mi aspettava, eravamo in 140 persone e molti hanno vomitato tutta la notte durante il viaggio perché il mare era mosso. Quando ci ha intercettato una nave ci ha fatto salire a bordo e quando siamo saliti alcune persone hanno issato a bordo il motore del gommone e poi hanno squarciato il gommone lasciandolo affondare. La grande barca ci ha portato al porto di Salerno dove ci hanno fatto un controllo sulla nostra salute e dopo averci fatto mangiare e dormire ci hanno inviato i posti diversi. Io sono capitato a Benevento dove mi hanno portato in questura, mi hanno fatto le foto, le domande e poi mi hanno portato nel centro di accoglienza straordinaria nel quale attualmente sono residente.

Io adesso sono contento di stare in Italia, ogni giorno io scopro qualcosa di nuovo, sto imparando la lingua, frequento la scuola Media e spero di potermi integrare in questo bellissimo paese così che un giorno io posso trovare un lavoro (qualsiasi esso sia), ottenere i documenti e tornare in Africa a trovare la mia famiglia e la mia fidanzata che mi aspetta. Ho un futuro che attende di compiersi e sono fiducioso, il mio destino avrà in serbo per me molte cose.

S.

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Un grazie che scorre nelle vene

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Nei giorni passati è stata organizzata da parte dei Centri di Accoglienza rifugiati del Consorzio Maleventum di Benevento, la comunità bengalese “Bangladesh Students League” e l’Associazione AVIS che opera a Napoli e Provincia, una mattinata dedicata alla donazione del sangue.

Un gruppo di 25 ragazzi di origine bengalese si è impegnata di propria iniziativa e a titolo gratuito a donare il sangue per ringraziare la popolazione Italiana e le comunità sul territorio che si prodigano nei servizi di accoglienza per le persone in difficoltà.

“Il nostro gesto – ha commentato Moheuddin Howlander rappresentante del gruppo – vuole essere un modo per dimostrare riconoscenza a chi ci tende una mano. Noi vogliamo sentirci utili per la Comunità nella quale adesso sentiamo di appartenere. Vogliamo dire grazie attraverso questo piccolo gesto e lo facciamo nei giorni durante i quali si festeggia nel nostro Paese, il Bangladesh, la ricorrenza per la liberazione dall’oppressione pakistana ad opera del nostro Padre della Patria Sheikh Mujibur Rahman che ha versato il proprio sangue per liberare tutti noi ”.

I miei Blog Amici

Il Blog dei Centri Accoglienza Straordinari del consorzio Maleventum – Benevento

Accogliere significa capire. Per capire culture differenti bisogna saper condividere le proprie esperienze e prestare ascolto a quelle degli altri. Integrazione significa saper accettare le differenze viste come ulteriore risorsa di arricchimento personale. Questo è quello che cerchiamo di fare attraverso il nostro "Contaminando Blog"!