C’è una notizia dell’Ansa (dello scorso 2020) che non smette di indignarmi per l’inaudita violenza verso una bambina di 8 anni colpevole di aver fatto volare via i pappagalli di casa, mentre si occupava di un bimbo di un anno.
È accaduto in Pakistan. La bimba era stata “assunta” da una coppia benestante per prendersi cura del loro bambino, in cambio della sua istruzione. Per il suo gesto, è stata percossa con violenza, poi portata in un ospedale di Rawalpindi, dove a causa delle gravi lesioni al viso, alle mani, sotto la gabbia toracica e alle gambe, Zohra Shah, è morta lo stesso giorno. Nelle sue forme peggiori il lavoro minorile può tramutarsi in schiavitù, sfruttamento sessuale ed economico, e morte. Così Zohra, 8 anni e null’altro.
La vicenda ha scatenato indignazione in tutto il mondo. In rete circola l’opera di Elise Macdonald ‘Girl in a Gilded Cage’ ; appartiene a pubblicazioni giornaliere realizzate durante il blocco del Covid-19 in Sud Africa, e diffusa come simbolo dell’hashstag #giustiziaperzohra che, stando agli aggiornamenti, ha ottenuto- in barba ai diritti mondiali dell’infanzia – solo la promessa del ministro pakistano dei Diritti umani di una riforma sul lavoro domestico nella categoria delle “occupazioni pericolose“. Infatti in Pakistan è illegale solo il lavoro minorile svolto nelle fabbriche e non quello svolto nelle case e nei ristoranti, ma spesso con un trattamento di schiavitù.
Sono almeno dodici milioni i bambini che lavorano in Pakistan a causa dell’estrema povertà e stando ad episodi analoghi e le pene ridotte per i datori di lavoro che si macchiano di omicidio delle giovanissime Cenerentole, è evidente che la loro vita non ha alcun valore in Pakistan, tanto quanto quella di giovani donne uccise per il codice d’onore.
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