Settembre 2020: Iron Maiden – IRON MAIDEN (1980)

Iron Maiden

 

Data di pubblicazione: 14 aprile 1980
Registrato a: Kingsway Studios (Londra)
Produttore: Will Malone
Formazione: Paul Di’Anno (voce), Dave Murray (chitarra), Dennis Stratton (chitarra), Steve Harris (basso), Clive Burr (batteria)
 

Lato A

 

                        Prowler
                        Remember tomorrow
                        Running free
                        Phantom of the Opera
 

Lato B

 

                        Transylvania
                        Strange world
                        Sanctuary
                        Iron Maiden
 

Noi facevamo morire di paura i punks
(Steve Harris)

 

Li si considera uno dei gruppi cardine del genere hard rock, heavy metal e soprattutto trash metal. Gli Iron Maiden sono diventati col tempo una sorta di simbolo, non solo del genere, ma icone di tutto ciò che rappresenta il grottesco e il mostruoso, complice la loro iconografia tetra ed estremamente trash, e il loro suono metallico. Negli anni ’80 e nei primi anni ’90 era piuttosto comune il ritrovarsi giovanotti che indossavano gilet dei Guns ‘N Roses o magliette degli Iron Maiden; una sorta di moda hard che si estesa al di là dei semplici dischi in collezione, ma rappresentava un vero e proprio fenomeno di costume societario e generazionale.
Ma gli Iron Maiden non sono certo importanti per il look tamarro di certi coatti metallari degli anni ’80: loro sono una delle band icona di un genere, che già dalla fine degli anni ’60 aveva iniziato a formarsi e ad imporsi con una certa personalità, grazie a personalità speculative e ombrose come quelle dei Black Sabbath o dei Led Zeppelin. Nello stesso tempo gli Iron Maiden rappresentano un’evoluzione del tutto originale di quella proposta lì: il loro concetto di metal non si ferma solo alla sonorità pestone e pesanti, ma dà vita a quel vasto fenomeno denominato New Wave of British Heavy Metal (conosciuto col celebre acronimo NWOBHW), del quale facevano parte anche gente come Saxon, Venom, Def Leppard, che mutuavano dalla ferocia iconoclasta del punk emergente la furia assassina e la coniugavano con le esigenze tecniche del metal d’altri tempi. Insomma non si voleva suonare cupi e pestoni, quanto sporchi e sudici. In questo ovviamente rappresentavano un’alternativa ai vari gruppi punk emergenti come i Clash e i Sex Pistols, riportando su non la rabbia, ma la furia pirotecnica, caratterizzata anche da spettacoli al fulmicotone.
Gli Iron Maiden si formano a Londra nel 1975, grazie ad un giovane bassista, Steve Harris, che aveva già un trascorso in diversi gruppi, e affascinato dalla letteratura. Propone il nome del gruppo prendendo spunto da uno strumento di tortura visto nel film L’uomo dalla maschera di ferrodi Mike Newell. Quello strumento veniva chiamato “vergine di ferro”.
Nel 1978 entra a far parte della band Paul Di’Anno, che prenderà ben presto il posto alla voce principale. E con i vari avvicendamenti in formazione, raggiungono una buona idea di gruppo e della proposta che si vuole spingere, e cominciano a mandare demo dei loro pezzi un po’ ovunque. Questo li porterà ad incidere il loro primo omonimo album, da molti riconosciuto come una vera e propria pietra miliare del genere.
Siamo nel 1980, anno in cui spopolava la new wave cupa dei Joy Division e dei primi Cure, del tripudio eclettico di Sandinista! dei Clash, della festa rock’n’roll di The river di Bruce Springsteen, dell’innocenza post punk di Boy degli U2, del dadaismo etnico e avanguardistico dei Talking Head di Remain in lights, oltre al rumorismo unky dei Gang of Four di Entertainment! Gli Iron Maiden si presentano con una strenna infernale fatta di otto canzoni spinte da una furia assassina, chitarre roboanti e dense di tecnicismi progressivi, batterie con doppia grancassa e un’assordante muro del suono. Si pensava al punk, ma si costruiva l’heavy metal degli anni ’80, di cui ben presto i Metallica raccoglieranno il testimone.
Il disco si apre con l’assalto di Prowler, messo in scena dal dialogo sanguigno tra la chitarra solista e la chitarra ritmica, che non vanno in antitesi, ma si aprono ad un inseguimento sonoro trash e ultrasonico. Remember tomorrow che segue sembra voler ricalcare i passi del Black Sabbath di Paranoid, oltre a schiumare di atmosfere psichedeliche che rimandano ai primi Pink Floyd, per poi ergere muri di chitarre imperiose e sature. L’incalzante Running free mette insieme passioni crossover e sconsideratezza adolescenziale e che in un certo senso segna il passo ad alcune cavalcate pop metal dei Bon Jovi. Mentre nel pandemonio sonoro di Phantom of the Opera, si rincorrono danze occulte e spettrali atmosfere, innervando il tessuto di ciò che è proprio questo NWOBHW.
Il lato B si apre con lo strumentale possente di Transylvania, denso di sonorità vampiresche, che si alzano in un circuito sonoro dettato da una sanguigna chitarra solista. Strange world riporta le atmosfere del disco verso un hard rock bagnato di suoni psichedelici e sognanti, modulandosi a più registri. Con Sanctuary si torna al punk rock di stampo Ramones, demenziale e fumettistico, mentre si chiude con la sanguigna Iron Maiden, suggellando un disco epocale e innovativo per il genere. Nelle ristampe successive fu recuperata Charlotte the harlotte.
Il percorso proseguirà con l’altrettanto convincente Killers dell’anno successivo. Poi la band deciderà di licenziare Paul Di’Anno a causa dei suoi continui eccessi e abusi di alcol e droghe, che non poche grane procureranno alla band. In sua vece arriverà nel 1982 Bruce Dickinson, pubblicando The number of beast, ultimo vero sussulto di una carriera che da lì in poi comincerà a procedere col pilota automatico inserito, spettacoli faraonici e pirotecnici, e uno stile che non si rinnegherà mai più.

 

Settembre 2020: Iron Maiden – IRON MAIDEN (1980)ultima modifica: 2020-09-24T12:57:19+02:00da pierrovox

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