Novembre 2017: Willy DeVille – MIRACLE (1987)

Miracle

 

Data di pubblicazione: 31 ottobre 1987

Registrato a: Londra

Produttore: Mark Knopfler

Formazione: Willy DeVille (voce), Chet Atkins (chitarra), Errol Bennett (percussioni), Vicki Brown (cori), Margot Buchanan (cori), Mickey Feat (basso, cori), Guy Fletcher (tastiere, cori), Mark Knopfler (chitarra), Jamie Lane (batteria), Jeff Porcaro (batteria)

Lato A

(Due to) Gun control

Could you would you

Heart and soul

Assassin of love

Spanish Jack

Lato B

Miracle

Angel eyes

Nightfalls

Southern politician

Storybook love

Le canzoni di Willy erano notevoli:

romantiche, originali e puntavano diritto al cuore

(Mark Knopfler)

Prima di andarsene, un triste 6 agosto 2009, Willy DeVille aveva sostenuto che i suoi dischi avrebbero venduto di più con lui da morto che non da vivo. Trovava la cosa non proprio piacevole, ma in fondo pensava che questo sarebbe bastato ad alimentare il mito e ad accendere la scintilla su di lui. Non sappiamo in effetti quanto è stato riscoperto Willy dopo la sua morte, ma non sempre la popolarità è indice di qualità, come non sempre le masse hanno l’orecchio attento al talento. Willy DeVille comunque resta uno dei massimi esponenti di una rivisitazione del rock, soprattutto in chiave latina, mescolando con disinvoltura e coraggio blues, roots rock, country ed elementi pop nelle sue canzoni. Il fascino sinistro emanato dalla sua chioma alla mohicana, uno sguardo allusivo, tenebroso e nello stesso tempo carismatico avrebbe di sicuro meritato ben altri consensi, perlomeno quelli di un certo Bruce Springsteen. Ma poco importa, poiché ci sono sempre i suoi dischi, destinati ad eternarne il grande talento, e la straordinaria dote magnetica, fatta di eccessi, dipendenze, risalite e risurrezioni.

Ha due vite artistiche Willy DeVille: la prima in una serie di gruppetti che poi giungeranno tutti nella formazione dei Mink DeVille, band underground e dotata di un carisma particolarmente tendente alla fusione di diversi accenti della cultura rock, da quello più tradizionale a quello più tendente alle nuove sonorità. In particolare è da citare in questa sede il piccolo capolavoro che fu Coup de Grace del 1981. La seconda vita artistica è quella in cui decide di fare da solo, prendendo in toto il suo nome e portare avanti il suo percorso artistico senza paura alcuna. E per il primo album da solista pensa nientemeno di alzare il tiro chiamando in cabina di regia nientemeno che un mostro sacro come Mark Knopfler, leader dei Dire Straits. L’ambizione è quella di fare un disco in cui lui “potesse suonare come Knopler e quest’ultimo cantare come Willy”. Ma non voleva nemmeno che il disco divenisse una specie di altro album dei Dire Straits, ma che avesse una fisionomia ben precisa, che unisse tanto le sue accorate tendenze latine alle incursioni hard, senza rinunciare a ricami e abbellimenti vari, pensando tanto a Van Morrison quanto anche a Lou Reed.

Il risultato è stato Miracle, ed fu stupefacente. E gli permise persino un successo di un certo spessore, complice anche la nomination agli Academy Awards del 1987 per Storybook love, scritta a quattro mani con Mark Knopfler. L’album si apre con i colpi di pistola, le bordate chitarristiche e l’animo soul di (Due to) Gun control, conferendo da subito al disco una sorta di atmosfera cinematica che non avrebbe di sicuro sfigurato in uno dei film di Quentin Tarantino. In Could you would you sembra di riascoltare il Bruce Springsteen di Tunnel of love, con tanto di testo romantico e atteggiamento da bucaniere rubacuori. I toni latini di Heart and soul, tanto vicini a Caetano Veloso e José Feliciano, esprimono un disincantato sentimento religioso che dispiega così dolcemente nell’Ave Maria del ritornello. Segue l’esercizio pop di Assassin of love, che cerca approcci con la musica leggera degli anni ’80, prendendo spunto tanto dai Police di Synchronicity quanto anche dai Tears of Fears. Chiude il primo la rarefatta Spanish Jack, con le sue atmosfere sospese e i puntelli arpeggiati della chitarra, che un po’ anticipa quello che Bob Dylan farà nel suo Oh mercy due anni più tardi. Struggente e bellissimo!

La title-track che apre il secondo lato, quasi sorprendentemente pare avere dei legami del tutto inaspettati con Madonna, e ci piace pensare che forse è stata questa a ispirarle Like a prayer, anche per via del videoclip misticheggiante. Angel eyes invece si concede un vestito sonoro latino-caraibico scintillante, fresco, frizzante. Mentre Nightfalls si riveste di atmosfere notturne, tanto care a Knopfler, qui riconoscibilissimo, tanto che il pezzo pare uscire direttamente da Love over gold dei Dire Straits. In Southern politician la mano di Knopfler si fa ancora più evidente, tanto che è facile ravvisare qualche familiarità con Industrial disease ma anche con Money for nothing. Chiude la già citata Storybook love, scritta come colonna sonora per il film The princess bride, e chiude il disco facendo ancora una volta pensare ad un Bruce Springsteen ancora etereo, riflessivo. E tutto questo farà di Miracle un album straordinariamente eclettico, ma anche così sorprendentemente equilibrato, dove ogni tassello combacia alla perfezione con gli altri.

Il resto della carriera di Willy DeVille lo vedrà in azione tra qualche alto e basso, problemi personali con la tossicodipendenza e diverse grane familiari, compreso il suicidio della sua seconda moglie. Prima che un bastardissimo cancro al pancreas ce lo portasse via, aveva inciso e pubblicato Pistola, sorta di testamento spirituale di un cuore nomade amante della bellezza e della passione.

Willy il bucaniere ci resta. Con la chitarra come una spada sulla prua di una nave fantasma. A indicarci l’isola che non c’è mentre la truppa fischia furiosa un rock’n’roll d’annata. Ci resta una parte di lui. Se ne muore un pezzo di noi. Cuore compreso

(Daniela Amenta)

Novembre 2017: Willy DeVille – MIRACLE (1987)ultima modifica: 2017-11-06T06:58:24+01:00da pierrovox

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