Ottobre 2018: Guns ‘N Roses – APPETITE FOR DESTRUCTION (1987)

Appetite for destruction

 

Data di pubblicazione: 21 luglio 1987
Registrato a: Rumbo Studios (Canoga Park), Take One Studio (Burbank), The Record Plant (Los Angeles), Can Am Studio (Tarzana)
Produttore: Mike Clink
Formazione: Axl Rose (voce, percussioni, sintetizzatori), Slash (chitarre, chitarra ritmica), Izzy Stradlin (chitarra ritmica, cori), Duff McKagan (basso, cori), Steven Adler (batteria)

 

Lato A

 

                        Welcome to the jungle
                        It’s so easy
                        Nightrain
                        Out ta get me
                        Mr. Brownstone
                        Paradise City

 

Lato B

 

                        My Michelle
                        Think about you
                        Sweet child o’ mine
                        You’re crazy
                        Anything goes
                        Rocket queen

 

E’ una vita molto pericolosa la mia!
(Axl Rose)

 

Non sono certo stati un gruppo di chierichetti i Guns N’ Roses, anzi, spesso i loro eccessi, le loro uscite di testa, i loro scazzi, i casini intercorsi tra faccende legali e vicende personali, hanno preceduto la loro fama. E dice molto che il loro disco d’esordio vero e proprio fosse una specie di “programma di vita”: appetito per la distruzione, o autodistruzione, oseremmo dire.
Ma una cosa è certa: i Guns N’ Roses sono stati la band che negli anni ’80 è stata veramente capace di risuscitare lo spettro dell’hard rock, che si credeva morto e sepolto dopo l’avvento del punk. Loro furono la via di mezzo appunto tra il punk dei Ramones e il grunge dei Nirvana. Il loro lato eccessivo e giocoso, in netta contrapposizione con le smanie nichiliste e adolescenziali dei primi, e la depressione acuta dei secondi, è stato salutato nel bel mezzo degli anni ’80 come una sorta di celebrazione assoluta dell’animalità scenica, della delinquenza elevata allo stato di arte, e soprattutto del trionfo assoluto delle chitarre e dei suoi virtuosismi. In un certo senso Axl Rose e Slash, sorta di Batman e Robin dell’hard rock degli anni ’80, amici/nemici, erano diventate le icone assolute, oltre che lo stereotipo più conclamato di tutto ciò che rappresentasse il rock in quel periodo, nel bene e nel male. Diversamente da Bon Jovi, loro incarnavano la vita dei bassifondi, e la loro musica voleva diventare qualcosa di più di un semplice fenomeno di costume: voleva riflettere innanzitutto i loro eccessi, proiettarli direttamente nella musica e nelle esibizioni dal vivo, ma anche toccare con mano senza paura i fantasmi della vita moderna, caratterizzata dalla violenza urbana, dagli stupri e dal consumo delle droghe. Croce e delizia appunto tanto del loro enorme successo, che li porterà ad aprire i concerti per gente come Aerosmith e Rolling Stones, quanto del loro immediato declino, che li vedrà consumarsi in beghe legali pesantissime, accuse reciproche e autentiche autoparodie. Ma non è di questo che vogliamo parlare; qui si tratta di musica, e quindi ci rivolgiamo al loro primo album, Appetite for destruction, che si rivelò una vera bomba in tutti i sensi, dal successo commerciale ad un nuovo modo di intendere e suonare l’hard rock.
Rappresentato da una copertina grottesca, frutto di un dipinto di Robert Williams, e poi immediatamente censurata per via delle scene violente che riportava, e cambiata con un’altra rappresentante un tatuaggio di Axl Rose, il disco si immerge con energia violenta, e senza sosta alcuna, nelle maglie della vita eccessiva del gruppo di Los Angeles. Dice tutto il primo brano, Welcome to the jungle, sorta di “lasciate ogni speranza o voi che entrate” che inaugura un disco in cui la vita violenta di strada viene celebrata con riff micidiali, assalti vocali urlati e graffianti, e una ritmica pesante. Si capisce sin da subito che si avrà a che fare con qualcosa che metterà a dura prova i timpani e la mente, e che non vi sarà certo spazio per romanticherie o momenti di sosta alcuni. E infatti segue subito il secondo assalto di It’s so easy, con un Axl Rose che canta nel suo registro più basso, tanto da ricordare Iggy Pop al tempo degli Stooges. Nightrain invece è la risposta sonora robusta e incattivita che i Guns danno ai Bon Jovi, facendo intendere che la loro concezione di rock è muscolare e decisamente più cattiva, facendo leva soprattutto alla vita dei sobborghi metropolitani di Los Angeles, anche se qualcuno riferisce che il brano invece è una specie di dedica al vino californiano Night Train Express. L’influenza degli AC/DC caratterizza notevolmente Out ta get me, dove i riferimenti al consumo delle droghe si fanno decisamente espliciti. Mr. Brownstone invece è uno dei pezzi più sorprendenti dell’intero album, immersa nei suoi ritmi tribali e nei suoi effetti funky. Il primo lato si chiude con l’enfasi corale di Paradise City, epica nella sua elevazione sintetica, mastodontica nel suo incedere marziale, e pomposa come solo gli Europe potrebbero suonare. Eccessiva si, proprio come loro! E si chiude un primo lato, ed è praticamente impossibile non muovere il culo anche solo una volta, e senza aver buttato giù una sola cazzo di goccia di sudore!
Il secondo lato si apre con il delicato arpeggio di My Michelle, quasi una sorta di appropriazione indebita del celebre pezzo dei Beatles, ma è solo un’illusione, proprio perché immediatamente il brano deflagra in un roboante muro di chitarre, e Axl urla come un ossesso, rivolgendo evidenti inviti erotici ad una sua amica. Il bullo romanticismo prosegue nella frenetica Think about you. Mentre Slash offre una delle interpretazioni più memorabili e riconoscibili di sempre nella celeberrima Sweet child o’ mine, vero e proprio inno della compagine californiana: riff e assolo da paura, e Axl che miagola squisitamente. In questa sede poi abbiamo una nuova versione di You’re crazy, inizialmente pensato come brano acustico, e qui riproposto con una furia punk che tanto fa pensare ai Ramones. La versione iniziale la si può ascoltare nell’ep Lies, pubblicato l’anno seguente. Dal repertorio degli Hollywood Rose, vecchia band dove militavano alcuni membri della band, viene ripescata Anything goes, e si chiude con una dedica ad una Rocket Queen, forse una ragazza immaginaria cui Axl Rose delega aspetti pregnanti di tutto ciò che è la retorica rock.
Questo album è quindi sangue e sudore, sesso ed eccessi. Non c’è spazio per la pace interiore in questi assalti sonori, e non vi è pace nemmeno per loro. Di fatti questo Appetite for destruction resterà forse il vero e proprio capitolo degno di vera nota del gruppo californiano, unito all’interessante ep Lies, che tra le altre cose recuperava Live fuck like a suicide, e includeva alcune bellissime canzoni come Patience, One in a million, mettendo in primissima linea anche il loro aspetto più scarno, meno rumoroso, e perché no, romantico. Il resto della carriera vedrà la pubblicazione del doppio album Use your illusion, che pur non mancando di momenti di notevole scrittura, affogherà purtroppo per loro nella melassa rock, nella retorica e nell’autocelebrazione, salvo perdere del tutto la bussola col disco di cover The spaghetti incident, e cadere nel ridicolo vero e proprio per la pubblicazione sempre rimandata di Chinese democracy, registrato nel 1993, e pubblicato definitivamente solo nel 2008. Come detto in precedenza, lasciamo perdere in questa sede cacciate varie e problemi con le droghe, nonché dissidi interni tra i vari membri della band, e le reciproche accuse. Di tutto ciò si è occupato ampiamente la grande macchina del fango del gossip, cui loro non hanno mai mancato l’occasione di dare in pasto sempre più succulenti bocconi di merda da pubblicare ai quattro venti. A noi invece piace ricordarli così: come una band giovane e pimpante (e pomposa), vitale e fresca, come solo il buon rock’n’roll sa essere!

 

Ottobre 2018: Guns ‘N Roses – APPETITE FOR DESTRUCTION (1987)ultima modifica: 2018-10-25T12:05:27+02:00da pierrovox

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