Luglio 2019: The Stooges – THE STOOGES (1969)

The Stooges

 

Data di pubblicazione: 5 agosto 1969
Registrato a: The Hit Factory (New York)
Produttore: John Cale
Formazione: Iggy Pop (voce), Dave Alexander (basso), Ron Asheton (chitarra, voce), Scott Asheton (batteria), John Cale (piano, sleigh bell, viola)

 

Lato A

                        1969
                        I wanna be you dog
                        We will fall
 

Lato B

                        No fun
                        Real cool time
                        Ann
                        Not right
                        Little doll

 

La musica è la vita!
(Iggy Pop)

 

Quando le utopie della Summer of love si preparavano a celebrare il loro funerale in quel di Altamont, e l’hard rock di stampo zeppelliano ormai stava prendendo piede ovunque, devastando con massicce dosi muscolose fatte di riff roboanti e blues luciferino tutto ciò che fino ad allora era stato colore, droghe e amore libero, si stava preparando qualcosa che era destinato a cestinare una volta per tutte ciò che aveva portato alla nascita e alla crescita dei miti: il punk. Il genere punk rock sarà la rivoluzione di metà anni ’70, e con esso nulla sarà più come prima, ma i suoi germi risiedono in un gruppo di ragazzi devastati, che dai miti si erano formati nutriti, con massicce dosi di sesso, droghe ed eccessi vari, ma nello stesso tempo volevano non uniformarsi a loro. Quel gruppo non tendeva tanto ad essere la nuova versione dei Beatles o dei Rolling Stones, ma puntava ad inaugurare una nuova stagione, dove essere pionieri di qualcosa di veramente nuovo. Quel gruppo erano gli Stooges.
Il gruppo era composto da una serie di ragazzotti assatanati di vita ed eccesso, tra i quali emergeva il leader Iggy Pop (nome di battesimo James Newell Osterberg, noto anche come l’Iguana per via delle sue performance animalesche e primordiali), che aveva chiamato a raccolta i fratelli Ron e Scott Asheton e il bassista Dave Alexander. Grazie al loro suono sporco e grezzo, i testi grondanti di ogni tipo di sconcezza e frasi oltraggiose, e soprattutto a delle esibizioni dal vivo devastanti, gli Stooges si riveleranno sin da subito come uno dei gruppi più influenti e importanti di tutta la storia del rock, oltre che, come già detto, precursori di un genere scoppiettante e nichilista come il punk rock. Assieme agli MC5, e più tardi alla sacerdotessa Patti Smith, gli Stooges sono stati una delle realtà proto-punk più importanti e devastanti di sempre, e si può affermare senza paura di smentita, che senza di loro il rock non sarebbe stato la stessa cosa.
Iconico e rappresentativo del genere è l’omonimo album d’esordio, che ritrae il gruppo in una curiosa veste doorsiana (non a caso avevano in comune la stessa casa discografica), è un’autentica pietra miliare del rock. The Stooges mescola con disinvoltura tanto il rock psichedelico di matrice doorsiana ed hendrixiana, quanto le stralunate distorsioni velvettiane (e non per niente a dirigere i lavori in cabina di regia fu chiamato niente meno che John Cale), oltre ad incarnare la sensualità peccaminosa stonesiana, coniando uno stile elettrizzante e squisitamente nuovo. Nulla era stato così elettrizzante prima, e l’opera degli Stooges sarà fonte di vera ispirazione per tutto ciò che verrà dopo, dal punk rock nichilista e giocherellone dei Ramones alla new wave cupa e decadente dei Joy Division, fino alle incursioni sanguinose dei White Stripes, che nel nuovo millennio riproporranno quel prototipo di rock che non muore mai.
Il disco si apre con l’inno generazionale 1969, rappresentativo dello spirito di un anno che celebrava i miti a Woodstock, ma che li ammazzava ad Altamont. Boogie e rock’n’roll d’altri tempi, ma spirito assassino che è pronto ad azzannare con sanguinosa ferocia. E infatti puntualmente giungono le distorsioni assordanti della primordiale I wanna be your dog, composta da un boogie martellante e un canto delirante, fatto di urla, cadenze isteriche che sottolineano le sporche allusioni sessuali. Un pezzo destinato a fendere colpi mortali senza pietà alcuna. Il lato A si chiude con la lunga suite lugubre di Who will fall, che celebra tanto il complesso d’Edipo dei Doors, quanto il sadomasochismo dei Velvet Underground, sposando in un matrimonio surreale The end e Venus in furs. Dieci minuti in cui si brancola nel buio più totale e inquietante, con la viola di John Cale ad accentuarne il climax horror.
Il secondo lato si apre con No fun, brano anticipatore dei tempi cari del punk, tanto che diventerà una sorta di mantra per i Sex Pistols. Il brano chiude definitivamente l’epoca delle utopie. Real cool time prosegue il cerimoniale con una potenza sonora assordante, mettendo insieme riff abrasivi e ritmi forsennati. Ann dal canto suo tenta di fluttuare in una cupa dimensione onirica, dove emerge un dolente canto d’amore. Le ambientazioni sonore richiamano ancora una volta i Doors del primo album, che dietro al sole della California nascondevano gli incubi minacciosi del nichilismo più disperato. Not right riprende invece le tematiche sonore ormai rodate del gruppo, ed in un certo senso possiamo sostenere che i Ramones ne siano particolarmente debitori. Non ci sono certezze, non c’è giustizia, tutto è materia, e tutto si consuma, e quindi giunge in chiusura il delirio sessuale di Little doll, mai pago di soddisfazioni, con le distorsioni e le ritmiche ad esaltarne la perversione.
The Stooges appunto si prese l’onere di chiudere definitivamente un’epoca, facendolo nel modo più micidiale e sadico possibile. E la celebrazione di questo colpo mortale al rock mitico degli anni ’60 proseguirà con l’altrettanto micidiale e infuocato Funhouse, che si apriva maggiormente alle trame hard rock, e dal depravato Raw power, prodotto da David Bowie, loro strenuo ammiratore.
Dopo questi tre dischi gli Stooges chiuderanno bottega, forse perché non c’era altro da aggiungere dopo aver devastato di tutto e di più. Iggy Pop si dedicherà ad una fruttuosa e felice carriera da solista, consegnando alla storia capolavori immortali come The idiot e Lust for life, mentre gli altri membri si dedicheranno ad altri progetti. Gli Stooges però dopo aver tentato varie reunion, nel 2003 decidono (con una nuova formazione) di ritirare su la baracca, pubblicando altri due album di cui però forse avremmo fatto volentieri a meno, perché se Ready to die (2013) è una opaca riproposizione dello spirito selvaggio di un tempo, The weirdness ne è una patetica pantomima. Del resto se ti prendi l’onere di distruggere tutto, ricostruire dalle macerie è decisamente complicato!

 

Come tutto ricordiamo, nel 1957, è stato accertato che esiste una relazione casuale tra il rock’n’roll e la delinquenza giovanile. Questo disco degli Stooges è solo un altro documento a sostengo di questa tesi
(Edmund O. Ward)

 

Luglio 2019: The Stooges – THE STOOGES (1969)ultima modifica: 2019-07-18T09:00:04+02:00da pierrovox

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