Settembre 2019: High Tide – SEA SHANTIES (1969)

High Tide - Sea shanties

 

Data di pubblicazione: 1969
Registrato a: Olympic Studios (Londra)
Produttore: Denny Gerrard
Formazione: Tony Hill (voce, chitarre), Simon House (violino, organo), Roger Hadden (batteria), Peter Pavli (basso)

 

Lato A

 

                        Futilist’s lament
                        Death warmed up
                        Pushed, but not forgotten
 

Lato B

 

                        Walking down their outlook
                        Missing out
                        Nowhere
 

Se vi sembra che il violino sia uno strumento solo per fighetti e signorine,
allora non avete mai sentito Simon House! Suona come un diavolo!
(Lemmy Kilminster)

 

In effetti nell’epoca rinascimentale venne fuori la leggenda che il violino fosse lo strumento del diavolo, poiché possedeva capacità armoniche e sonorità particolarmente suadenti, tanto da generare negli ascoltatori dei sentimenti particolarmente contrastanti. Ma le leggende sono fatte sempre per il tempo e il mito, ma fa sicuramente effetto leggere quel particolare complimento che Lemmy Kilminster dei Motorhead rivolge al violinista degli High Tide, progressive e hard rock band britannica di fine anni ’60, che pur restando nel circuito dell’underground, ha saputo coniugare uno stile nel tempo imitato e approfondito da illustri colleghi come i Black Sabbath o Led Zeppelin. In particolare Simon House si sappe distinguere per la sua particolare tecnica con cui suovana il violino, conferendo alla band un’identità del tutto originale nel panorama rock del tempo, ed ergendosi come una sorta di Jimi Hendrix del violino.
In particolare il loro primo album, Sea shanties si seppe imporre come opera particolarmente ispirata, nel quale confluivano tante venature e generi, come il blues e la psichedelia, che facevano da base, ma anche il folk e la fusion, che allargavano la prospettiva  verso altri generi.
E di particolare impatto hard è Futilist’s lament, che apre il disco, nella quale confluiscono tanti temi, e il suono del violino si impone con le sue distorsioni e i suoi “lamenti”. Segue il lungo strumentale Death warmed up, col suo demenziale prolungarsi di intrecci tra violino e chitarre, susseguendosi su una struttura che fondeva il blues con l’hard. Chiude il primo lato la nenia di Pushed, but not forgotten.
Il tema dell’improvvisazione e dell’apparente caos non muta nei tre brani del secondo lato, mostrando muscolature in Walking down their outlook, cavalcate, refrain e suite in Missing out, e chiudendo il cerchio in Nowhere.
Sea shanties sarebbe imponente come un’opera medievale, ma nello stesso tempo ha saputo congiungere innovazione con sonorità antiche, legando l’hard rock ad antiche tradizioni, risultando struggente e tormentato come solo questo genere può sembrare.

Settembre 2019: High Tide – SEA SHANTIES (1969)ultima modifica: 2019-09-23T10:39:10+02:00da pierrovox

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