Aprile 2020: Meat Puppets – II (1984)

II

 

Data di pubblicazione: Aprile 1984
Registrato a: Tempe
Produttore: Curt Kirkwood
Formazione: Curt Kirkwood (voce, chitarra), Cris Kirkwood (basso, voce), Derrick Bostrom (batteria)

 

Lato A

 

                        Split myself in two
                        Magic to missing
                        Lost
                        Plateau
                        Aurora borealis
                        We’re here
                       

Lato B

 

                        Climbing
                        New gods
                        Oh, me
                        Lake of fire
                        I’m a mindless idiot
                        The wishling song

 

Fai dono della musica
(Kurt Cobain)

 

18 novembre 1993. I Nirvana sono a New York, negli studi di Mtv, per esibirsi per quello che col tempo verrà celebrato come il testamento spirituale di Kurt Cobain. Erano i tempi in cui la celebre emittente americana proponeva ai grandi della musica rock di esibirsi in completa veste acustica, e tanti ne passarono. Ma l’esibizione dei Nirvana fu qualcosa di straordinariamente bello da restare impressa nella memoria di tutta le generazioni. Kurt Cobain affiancò ai grandi classici della sua band, alcune cover di David Bowie, dei Vaselines, di Leadbelly. Ma quella sera i Nirvana non erano soli. Con loro c’erano i suoi idoli di sempre, oltre i Melvins: i Meat Puppets. Con loro si esibì interpretando tre loro brani. In qualche modo era anche grazie a loro se lui divenne, suo malgrado, un’icona generazionale. Era grazie a loro se la musica aveva preso così tanto potere nel suo cuore, nella sua vita. Ed in qualche modo la sua musica riecheggiava quel beach-punk radicale che proveniva dalle scorribande chitarristiche dei fratelli Kirkwood, con le loro distorsioni e la ritmica serrata.
I Nirvana hanno avuto il merito di portare al potere il rock alternativo americano, e i R.E.M. avevano già gettato le sementi. Ma i Meat Puppets erano una delle band icona di quella generazione underground che nei scantinati, nei garage, nei club di second’ordine, incrociavano il rock metafisico di Neil Young, il rumorismo dei Sonic Youth, e reinventavano a modo loro il surf-punk già andato in orbita con i Ramones. Estremizzando il concetto, è anche grazie a loro se quelle sementi sono germogliate e hanno portato frutto. Ecco perché Kurt Cobain li volle lì con sé quella sera: perché rappresentavano il senso di una vita intera, che da lì a poco sarebbe stata mozzata da un colpo di fucile.
Muovendosi tra punk e psichedelia, i Meat Puppets muovono i primi passi agli inizi degli anni ’80, incidendo l’ep In a car e l’omonimo disco d’esordio, segnati dalle distorsioni e poca disponibilità ad una melodia fruibile. Loro suonavano sboccati e dissonanti, elementari, eppure così crudamente efficaci.
Il disco che li consegnerà alla storia (non a caso le canzoni reinterpretate dai Nirvana quella sera furono proprio prese da quell’album) è il secondo: Meat Puppets II. Dall’hardcore dei primi passi, qui si imbastiscono trame sonore aperte alla contaminazione, dalla psichedelia al country più tradizionalista, con un tocco di acidità sempre ben visibile nell’anima di tutte le canzoni che lo compongono.
Si parte dalla disturbata e visionaria Split myself in two, che gettà semi hardcore contaminati di psichedelia acida, e un’attitudine al rumore che ben presto diventerà pane per i denti di gente come My Bloody Valentine o Dinasaur Jr. In poco più di un minuto Magic toy missing rinverdisce le trame country fondendole con le nuove sonorità alternative in cirolazione, e ben si collegano con la cavalcata power-country di Lost, tra andamento fanfaristico e distorsioni. Plateau, cadenzata ballata folk, acida e visionaria, si dibatte sul senso dell’esistenza e delle proiezioni oniriche. Aurora borealis è uno strumentale ammiccante Neil Young, soprattutto nel suo periodo Harvest, contemplativa e trasognante. We’re here chiude il primo lato in maniera introspettiva e contemplativa.
Il country tradizionalista di Climbing apre il secondo lato, con un canto lamentoso e un tantino trascinato. Il suono delle chitarre è sempre filtrato da un’atmosfera decisamente tossica. New gods si riaggancia con l’hardcore del primo album, con le sue chitarre sature e i ritmi incalzanti. Oh, me invece è l’altra perla, uno dei vertici assoluti della band: un blues malandato, intonando il canto di un tossico disperato, sudicio, ben rappresentando la gioventù perduta dei primi anni ’80. Le segue l’altro capolavoro di Lake of fire, disperata e rabbiosa, con un muro di chitarre a sorreggerne il dolore e la tristezza. Lo strumentale I’m a mindless idiot è un acquerello sudista, country, tanto da ricordare certi Grateful Dead, decisamente più solare rispetto alle orde di dolore che emergevano dai due pezzi precedenti. Si chiude con The wishtling song, “cow-punk” d’eccezione, nel senso che si univano entrambi i generi, la tradizione e l’innovazione.
Meat Puppets II resta tutt’oggi un album fondamentale e seminale, se si vuole capire il rock alternativo americano. Non ha avuto le fortune dei Nirvana, ma se questi sono arrivati dove sono arrivati, è grazie a questo pugno di canzoni, semplici, essenziali, ma così urticanti da far male sul serio. Il resto della carriera proseguirà sulla stessa cifra stilistica, ora ammiccando più alla psichedelia ora alla tradizione, tra alti e bassi, chiudendo per un certo periodo il sodalizio nel 2000, e riprendendolo nel 2007 pubblicando Rise to your knees. Culturi della tradizione e dissacratori per definizione.

 

Meat Puppets II è uno dei più divertenti album del 1984. C’è la sensazione che la band abbia sviluppato la trash music per diventare una sorta di spazzatura culturale più compatta”
(Kurt Loder)

 

Aprile 2020: Meat Puppets – II (1984)ultima modifica: 2020-04-23T17:58:33+02:00da pierrovox

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