Febbraio 2023: The Supremes – WHERE DID OUR LOVE GO (1964)
Data di pubblicazione: 31 agosto 1964
Registrato a: Columbia Records Pressing Plant (Santa Maria)
Produttore: Holland & Hozier
Formazione: Diana Ross (voce), Mary Wilson (voce), Florence Ballard (voce), Earl Van Dyke (tastiere), Joe Hunter (chitarre, basso, piano), Johnny Griffith (tastiere), Eddie Willis (chitarre), Robert White (chitarre), James Jamerson (basso), Bob Babbitt (basso), Benny Benjamin (batteria), Richard Allen (batteria), Uriel Jones (batteria), Jack Ashford (vibrafono), Eddie Brown (bongo), Dave Hamilton (chitarra, vibrafono), Marvin Tarplin (chitarra), Cornelius Grant (chitarra), Tony Newton (basso), Joe Brokensha (percussioni)
Lato A
Where did our love go
Run, run, run
Baby love
When the lovelight stars shining through his eyes
Come see about me
Long gone lover
Lato B
I’m giving you your freedom
A breath taking guy
He means the world to me
Standing at the crossroads of love
Your kiss of fire
Ask any girl
“Faccio vivere le canzoni”
(Diana Ross)
Molti album della Motown sono costruiti nello stesso modo in cui sono stati costruiti gli album rock and roll degli anni ’50: un mucchio di singoli di successo, i loro b-sides.
Ma il secondo disco di Supremes è entrambi straordinariamente rifornito di singoli e ha una qualità sufficiente tra i non singoli che non sembra come se quelle canzoni erano buttate via. Sì, l’album è pesantemente caricato all’inizio, ma dato quanto è breve l’album non è un grosso problema.
Non sono il più grande fan della Motown, sia il modo in cui hanno fatto la loro musica – dove sembra che gli artisti spesso avessero poca libertà d’azione – sia il modo in cui hanno definito una versione pop del soul che, per me, i neutri limitano fortemente molto di c’è da apprezzare del genere. Ma questo disco è un esempio di come possa essere fatto dannatamente bene, dove gli arrangiamenti e la produzione sembrano essere al servizio delle canzoni e dei cantanti, piuttosto che inutili vetrine o una stampella per nascondere le performance più deboli.
