Ottobre 2020: The Jam – ALL MOD CONS (1978)
Data di pubblicazione: 3 novembre 1978
Registrato a: RAK, Eden Studios (Londra)
Produttore: Vic Coppersmith-Heaven & Chris Parry
Formazione: Paul Weller (voce, chitarra, piano, armonica), Bruce Foxton (basso, voce), Rick Buckler (batteria, percussioni)
Lato A
All mod cons
To be someone (Didn’t we have a nice time)
Mr. Clean
David Watts
English rose
In the crowd
Lato B
Billy Hunt
It’s too bad
Fly
The place I love
A bomb in Wardour Street
Down in the tube station at midnight
“Tenevo i dischi dei Beatles nascosti in una cassettiera
in camera mia”
(Paul Weller)
La musica inglese ha da sempre un forte ascendente sul destino di tutta la storia del rock. Citare i Beatles e i Rolling Stones sarebbe un esercizio che andrebbe ben oltre l’ovvietà, ma è proprio da lì che bisognerebbe partire per poter spiegare ben altri fenomeni che vanno al di là dell’epoca in cui era spopolato il beat. Parliamo del concetto di “mod”, che è un fenomeno tipicamente inglese, e che ha avuto i suoi primi fasti non solo con i Fab Four, ma soprattutto con gente come gli Who. Il power pop di fine anni ’70 tuttavia conobbe un’altra stagione caratterizzata da questo genere di influenze, e una delle band icona saranno i Jam.
Nell’epoca in cui il punk spopolava, il trio inglese riesce a coniare una formula scoppiettante e divertente, con delle trame sonore spigolose e una forte propensione per il ritmo forsennato.
Se il disco d’esordio, In the city, in qualche modo risente di quel fascino turbolento proveniente dalle chiamate riottose dei Clash, è nel terzo album, All mod cons, che si stabiliscono le trame più tipiche del genere, e che col tempo finiranno per influenzare gente come Smiths e XTC, e ancora più in là gli Oasis. In questo terzo album il trio britannico riesce dunque a definire il suo sound che unisce il punk al vecchio mod degli anni Sessanta, notevole in un certo spirito malinconico, basi energiche con maggiore sviluppo rispetto alla media e Weller, che era un cantante con intenzioni soul ma di inevitabile eredità inglese.
La parabola del gruppo proseguirà con altri due album altrettanto eccellenti (Setting sons e Sound effects), per poi chiudersi con un discreto The gift. Poi da lì ognuno seguirà la propria strada