La Chiesa e le profezie della beata Emmerick. La Sicilia, feudo di Maria e la fine dell’Europa di Kalergi

Anna Katharina Emmerick, monaca agostiniana tedesca nata a Coesfeld l’8 settembre 1774 e morta a Dülmen il 9 febbraio 1824, è venerata come beata dalla Chiesa Cattolica grazie alle sue «doti di veggente e di altri doni soprannaturali come stigmate, levitazione, bilocazione, divinazione ed estasi». 

Almeno così si poteva leggere su Wikipedia solo pochissimo tempo fa. E così ho letto in una mia personale ricerca, intorno alle ore 1:08 del 23 agosto 2023 e andando avanti per una decina di minuti.

Si sarà certamente trattato di una coincidenza, ma tornando sulla voce di Wikipedia qualche giorno dopo ho scoperto che la voce era stata modificata nella sua parte introduttiva. Le parole virgolettate riportate sopra sono state rimosse per sostituirle con il parere del cardinale José Saraiva Martin, prefetto emerito della Congregazione delle cause dei santi, secondo il quale «la maggior parte dei contenuti dei libri pubblicati da Brentano non sono opera di Emmerick ma “sono scaturite dalla creativita e della fantasia artistica del Brentano”».

La modifica effettuata, come potete constatare sopra mostra imperfezioni dal punto di vista ortografico, segno che è stata scritta con molta fretta. Non ci è dato conoscere il vero nome di chi l’ha eseguita ma sappiamo, dalla lettura del suo profilo, che non possiede alcuna competenza storica o teologica. L’ora della modifica è segnata per le 1:34, proprio una manciata di minuti dopo la mia lettura della voce, che parla di una donna che comunque la Chiesa Cattolica ha proclamato beata il 3 ottobre 2004, mentre era pontefice papa Giovanni Paolo II.

Vi chiederete adesso perché mi stia soffermando su questi preamboli iniziali.

Lo faccio perché, come molti già sapranno, la Emmerick ebbe carismi particolarissimi all’interno della Chiesa Cattolica, e molti dei suoi scritti sono oggi di un’attualità impressionante oltre che esplosivi nei contenuti.

 

Anna Katharina Emmerick

Anna Katharina Emmerick nacque in una famiglia di umili contadini, quinta di nove figli. Già nell’infanzia fu protagonista di esperienze mistiche, e all’età di nove anni le apparirono la Madonna con Gesù Bambino, l’angelo custode e diversi santi.

Da ragazza lavorò prima come domestica e poi esercitò il mestiere di sarta.

In una visione avuta nel 1789 Gesù le offrì la corona di spine, Katharina accettò ed apparvero così sulla fronte le prime stigmate. In seguito le si aprirono ferite anche alle mani, ai piedi e al costato. Nel 1802 entrò nel convento delle agostiniane ad Agnetenberg, presso Dülmen. Qui venne trattata dalle consorelle con sospetto e diffidenza a causa della sua umile condizione sociale, nonostante le numerose estasi di cui era protagonista in vari luoghi, in cella, in chiesa o sul lavoro.

La sua salute divenne sempre più malferma in seguito ad un incidente avvenuto nel 1805, costringendola a letto sempre più spesso negli anni successivi. Mentre le ferite che ne affliggevano il corpo si aprivano e sanguinavano periodicamente. Tali ferite furono studiate da religiosi e scienziati: il Vicario Generale, dopo una rigorosa indagine condotta da una commissione medica, si convinse della santità della monaca e dell’autenticità delle sue stigmate.

Fu in cura dal dottor Franz Wesener, un medico ateo divenuto poi credente oltre che suo fedele amico, il quale tenne per undici anni un diario dei fenomeni occorsi alla sua paziente.

Nel 1818, attirato dalla fama che ormai si era diffusa intorno alla monaca, si recò a visitarla il famoso scrittore e poeta Clemens Maria Brentano, uno dei più importanti rappresentanti del romanticismo tedesco e di origine italiana. Appena si presentò ad Anna Katharina, la veggente lo riconobbe, perché ne aveva avuto conoscenza attraverso le sue visioni. Katharina riteneva che Brentano fosse l’uomo scelto da Dio per raccogliere e mettere per iscritto ciò che lei vedeva.

E Brentano, che era venuto per trattenersi appena pochi giorni, non andò più via: rimase a Dülmen per ben sei anni, volendo collaborare alla missione in cui credeva Anna Caterina. Giorno dopo giorno, annotò scrupolosamente quel che lei narrava: dodicimila pagine che descrivono nei dettagli la vita di Gesù e di Maria Vergine.

Le visioni della Emmerick avvenivano mentre la veggente si trovava separata dal corpo in Terra Santa dove assisteva agli episodi narrati dai Vangeli come se stessero avvenendo in quel momento. Il giorno dopo la monaca li descriveva a Brentano. Né Anna Katharina, né il poeta erano mai stati in Terra Santa, eppure Katharina descrisse con sorprendente precisione i luoghi della vita di Gesù e della Madonna, gli abiti, le suppellettili, i paesaggi. Sulla base delle descrizioni della Emmerick è stata ritrovata ad Efeso la casa dove Maria visse dopo la morte di Gesù. Era una casa rettangolare fatta in pietra, a un piano solo, col tetto piatto e il focolare al centro. Era situata tra i boschi al margine della città perché la Madonna preferiva vivere appartata. Il sacerdote francese don Julien Gouyet, credendo a queste visioni, si recò in Asia Minore alla ricerca della casa descritta dalla Emmerick. Gouyet effettivamente trovò i resti dell’edificio, nonostante le trasformazioni subite nel tempo, a nove chilometri a sud di Efeso, su un fianco dell’antico monte Solmisso di fronte al mare, esattamente come aveva indicato la monaca tedesca.

Casa de la Virgen María en Éfeso, Turquía

La casa di Maria Santissima a Efeso (Turchia)


La validità delle affermazioni della Emmerick fu successivamente confermata anche dalle ricerche archeologiche condotte nel 1898 da alcuni ricercatori austriaci. Gli archeologi ebbero modo di appurare che l’edificio – almeno nelle sue fondamenta – risaliva al I secolo d.C.. Oggi davanti alla casa della Madonna, visitabile ad Efeso e custodita dai cappuccini, c’è un cartello che spiega che ciò che ne resta, cioè le mura perimetrali col focolare centrale, era stato ritrovato grazie alle visioni della monaca Anna Catharina Emmerick.

«La dolorosa Passione del Nostro Signore Gesù Cristo – come riporta la stessa voce di Wikipedia, e in palese contrasto con quanto scritto precedentemente dal nostro ignoto autore nell’introduzione alla voce sulla Emmerick – narra invece le visioni riguardanti la passione di Gesù, sottolineandone gli aspetti più cruenti. La grande beata mistica tedesca descrive con dovizia di particolari impressionanti la flagellazione, la crocifissione, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, non tralasciando la raffigurazione di alcun personaggio che prese parte al supplizio del suo Sposo celeste. Le visioni della beata presentano la passione di Cristo in un realismo senza pari, che ancora oggi lascia sgomento il lettore moderno. Le testimonianze sulla passione di Gesù vennero raccolte da Clemens Brentano dalla bocca della Emmerick, mentre ella giaceva a letto sofferente a causa della sua lunga e grave malattia.

Per quanto la tendenza ad esaltare i particolari più violenti della passione di Gesù siano tipici della letteratura e dell’omiletica degli ultimi quattro secoli, nell’opera della Emmerick molti episodi narrati non sono presenti né nei Vangeli sinottici né in quelli apocrifi».

La beata Anna Katharina Emmerick in un dipinto di Gabriel von Max


Nell’estate del 1823 lo stato di debolezza generale della monaca tedesca peggiorò. Anna Katharina dichiarò allora che avrebbe unito la propria sofferenza con quella di Cristo e l’avrebbe offerta per la redenzione degli uomini, come aveva già fatto negli anni precedenti. Morì il 9 febbraio 1824. La tomba venne riaperta sei settimane dopo la sua morte e il corpo fu trovato intatto.

 

Le profezie sulla Chiesa

Le visioni di Anna Katharina non riguardarono solo dettagli sulla vita di Gesù e Maria. Di grande interesse sono anche le profezie apocalittiche sul destino della Chiesa Cattolica.

Riporto qui alcuni estratti:

«Vidi anche il rapporto tra i due papi… Vidi quanto sarebbero state nefaste le conseguenze di questa falsa chiesa. L’ho veduta aumentare di dimensioni; eretici di ogni tipo venivano nella città [di Roma]. Il clero locale diventava tiepido, e vidi una grande oscurità… Allora la visione sembrò estendersi da ogni parte. Intere comunità cattoliche erano oppresse, assediate, confinate e private della loro libertà. Vidi molte chiese che venivano chiuse, dappertutto grandi sofferenze, guerre e spargimento di sangue. Una plebaglia selvaggia e ignorante si dava ad azioni violente. Ma tutto ciò non durò a lungo» (13 maggio 1820).

È impressionante come queste parole pronunciate dalla beata Emmerick si adattino perfettamente a quanto avvenuto in Vaticano dopo la rinuncia di papa Benedetto XVI. Catharina parla di una falsa chiesa e della presenza anomala di due papi. Mentre le chiese, intese come edifici, che Katharina vide chiudersi, sono state chiuse effettivamente già da tempo in tutta Europa.

«Vidi ancora una volta che la Chiesa di Pietro era minata da un piano elaborato dalla setta segreta, mentre le bufere la stavano danneggiando. Ma vidi anche che l’aiuto sarebbe arrivato quando le afflizioni avrebbero raggiunto il loro culmine. Vidi di nuovo la Beata Vergine ascendere sulla Chiesa e stendere il suo manto su di essa. Vidi un Papa che era mite e al tempo stesso molto fermo… Vidi un grande rinnovamento e la Chiesa che si librava in alto nel cielo».

«Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola… Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto… C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che segue l’ultima moda, così come la nuova chiesa eterodossa di Roma, che sembra dello stesso tipo…» (12 settembre 1820).

E qui le parole diventano davvero esplosive: e forse è proprio questo il motivo per cui il nostro solerte autore operante su Wikipedia si è dato da fare per cancellare le informazioni sui doni soprannaturali della beata.

«Ho visto di nuovo la strana grande chiesa che veniva costruita là [a Roma]. Non c’era niente di santo in essa. Ho visto questo proprio come ho visto un movimento guidato da ecclesiastici a cui contribuivano angeli, santi ed altri cristiani. Ma là [nella strana chiesa] tutto il lavoro veniva fatto meccanicamente. Tutto veniva fatto secondo la ragione umana… Ho visto ogni genere di persone, cose, dottrine ed opinioni.

C’era qualcosa di orgoglioso, presuntuoso e violento in tutto ciò, ed essi sembravano avere molto successo. Io non vedevo un solo angelo o un santo che aiutasse nel lavoro. Ma sullo sfondo, in lontananza, vidi la sede di un popolo crudele armato di lance, e vidi una figura che rideva, che disse: “Costruitela pure quanto più solida potete; tanto noi la butteremo a terra”» (12 settembre 1820).

E’ impressionante come molte di queste affermazioni trovino un riscontro concreto sulla realtà che riguarda la Chiesa Cattolica oggi. Il riferimento alla «setta segreta» che mina alle sue basi la Chiesa non può non farci pensare alla massoneria, che lavora incessantemente per la distruzione della Chiesa. Basti qui ricordare le parole del giovane Massimiliano Kolbe che fu testimone di un episodio sconcertante avvenuto il 17 febbraio 1917, quando i massoni riunitisi a Roma sventolarono in piazza San Pietro una bandiera raffigurante Lucifero nell’atto di schiacciare l’arcangelo Michele.

Ma le visioni della mistica sulla presenza di una falsa chiesa dove «non c’è nulla di santo» e contemporaneamente di due papi, lasciano sconcertati per il loro realismo e gettano nuova luce su molti degli interrogativi che oggi affliggono il credente.

Mentre in questa visione della Emmerick è evidente il riferimento all’Apocalisse di Giovanni:

«Vedo altri martiri, non ora ma in futuro… Vidi le sette segrete minare spietatamente la grande Chiesa. Vicino ad esse vidi una bestia orribile che saliva dal mare… In tutto il mondo le persone buone e devote, e specialmente il clero, erano vessate, oppresse e messe in prigione. Ebbi la sensazione che sarebbero diventate martiri un giorno.

Quando la Chiesa per la maggior parte era stata distrutta e quando solo i santuari e gli altari erano ancora in piedi, vidi entrare nella Chiesa i devastatori con la Bestia. Là essi incontrarono una donna di nobile contegno che sembrava portare nel suo grembo un bambino, perché camminava lentamente. A questa vista i nemici erano terrorizzati e la Bestia non riusciva a fare neanche un altro passo in avanti. Essa proiettò il suo collo verso la Donna come per divorarla, ma la Donna si voltò e si prostrò [in segno di sottomissione a Dio; n. d. r.], con la testa che toccava il suolo.

Allora vidi la Bestia che fuggiva di nuovo verso il mare, e i nemici stavano scappando nella più grande confusione… Poi vidi, in grande lontananza, grandiose legioni che si avvicinavano. Davanti a tutti vidi un uomo su un cavallo bianco [il Cristo glorioso, n. d. r.]. I prigionieri venivano liberati e si univano a loro. Tutti i nemici venivano inseguiti. Allora, vidi che la Chiesa veniva prontamente ricostruita, ed era magnifica più di prima» (agosto-ottobre 1820).

Qui un impressionante riferimento al pontefice:

«Vedo il Santo Padre in grande angoscia. Egli vive in un palazzo diverso da quello di prima e vi ammette solo un numero limitato di amici a lui vicini. Temo che il Santo Padre soffrirà molte altre prove prima di morire. Vedo che la falsa chiesa delle tenebre sta facendo progressi, e vedo la tremenda influenza che essa ha sulla gente. Il Santo Padre e la Chiesa sono veramente in una così grande afflizione che bisognerebbe implorare Dio giorno e notte» (10 agosto 1820).

«La scorsa notte sono stata condotta a Roma dove il Santo Padre, immerso nel suo dolore, è ancora nascosto per evitare le incombenze pericolose. Egli è molto debole ed esausto per i dolori, le preoccupazioni e le preghiere. Ora può fidarsi solo di poche persone; è principalmente per questa ragione che deve nascondersi. Ma ha ancora con sé un anziano sacerdote di grande semplicità e devozione. Egli è suo amico, e per la sua semplicità non pensavano valesse la pena toglierlo di mezzo.

Ma quest’uomo riceve molte grazie da Dio. Vede e si rende conto di molte cose che riferisce fedelmente al Santo Padre. Mi veniva chiesto di informarlo, mentre stava pregando, sui traditori e gli operatori di iniquità che facevano parte delle alte gerarchie dei servi che vivevano accanto a lui, così che egli potesse avvedersene».

Queste parole, senza voler forzare in alcun modo il testo, a me sembrano davvero il ritratto di papa Benedetto XVI. Ne ho già parlato diffusamente più volte in passato, ed è impossibile non notare le incredibili similitudini con i dolorosi avvenimenti che hanno riguardato il pontificato e la vita del papa tedesco.

Basti qui ricordare l’accerchiamento e la solitudine che sono stati riservati a Joseph Ratzinger fino alla morte. Il pericolo più grande, come ebbe a dire in un occasione papa Benedetto XVI, non proveniva infatti tanto dall’esterno, ma piuttosto dall’interno della Chiesa: da quei «traditori e operatori di iniquità che facevano parte delle alte gerarchie» della Chiesa e che vivevano a stretto contatto con il pontefice.

«Non so in che modo la scorsa notte sono stata portata a Roma, ma mi sono trovata vicino alla chiesa di Santa Maria Maggiore, e ho visto tanta povera gente che era molto afflitta e preoccupata perché il Papa non si vedeva da nessuna parte, e anche per via dell’inquietudine e delle voci allarmanti in città.

La gente sembrava non aspettarsi che le porte della chiesa si aprissero; essi volevano solo pregare fuori. Una spinta interiore li aveva condotti là. Ma io mi trovavo nella chiesa e aprii le porte. Essi entrarono, sorpresi e spaventati perché le porte si erano aperte. Mi sembrò che fossi dietro la porta e che loro non potessero vedermi. Non c’era alcun ufficio aperto nella chiesa, ma le lampade del Santuario erano accese. La gente pregava tranquillamente.

Poi vidi un’apparizione della Madre di Dio, che disse che la tribolazione sarebbe stata molto grande. Aggiunse che queste persone devono pregare ferventemente… Devono pregare soprattutto perché la chiesa delle tenebre abbandoni Roma» (25 agosto 1820).

Dopo la lettura di questo testo della Emmerick mi torna alla memoria l’anno 2021, quasi esattamente due secoli dopo le visioni avute da Catharina. E quanto accadde il mese di maggio nella città di Roma, sede del papato oltre che capitale d’Italia.

Si era formato allora un gruppetto di preghiera che si riuniva ogni notte a pregare davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, insieme al frate italo americano Alexis Bugnolo. Una di queste sere fra’ Alexis, mentre si trovava assorto in preghiera, fu aggredito dalle forze dell’ordine, in particolare dalla Polizia Municipale, e gettato a terra davanti al gruppo di fedeli increduli. Allora, infatti, erano stati decretati dai nostri politici i lockdown serali, perché come è ormai noto il virus usava uscire dopo le ore 22.

Fra’ Alexis quindi infrangeva l’obbligo di lockdown pregando ogni sera davanti alla Basilica dedicata a Maria, mentre chiedeva con insistenza nelle sue orazioni di liberare Roma dal male.

«Le inquietudini e le voci allarmanti in città» di cui parla Katharina, in quei giorni venivano seminate dal mainstream a causa della cosiddetta pandemia da COVID-19.

«Vidi la Chiesa di San Pietro: era stata distrutta ad eccezione del Santuario e dell’Altare principale. San Michele venne giù nella chiesa, vestito della sua armatura, e fece una pausa, minacciando con la spada un certo numero di indegni pastori che volevano entrare. Quella parte della Chiesa che era stata distrutta venne prontamente recintata… così che l’ufficio divino potesse essere celebrato come si deve. Allora, da ogni parte del mondo vennero sacerdoti e laici che ricostruirono i muri di pietra, poiché i distruttori non erano stati capaci di spostare le pesanti pietre di fondazione» (10 settembre 1820).

«Vidi cose deplorevoli: stavano giocando d’azzardo, bevendo e parlando in chiesa; stavano anche corteggiando le donne. Ogni sorta di abomini venivano perpetrati là. I sacerdoti permettevano tutto e dicevano la Messa con molta irriverenza. Vidi che pochi di loro erano ancora pii, e solo pochi avevano una sana visione delle cose. Vidi anche degli ebrei che si trovavano sotto il portico della chiesa. Tutte queste cose mi diedero tanta tristezza» (27 settembre 1820)

«La Chiesa si trova in grande pericolo. Dobbiamo pregare affinché il Papa non lasci Roma; ne risulterebbero innumerevoli mali se lo facesse. Ora stanno pretendendo qualcosa da lui. La dottrina protestante e quella dei greci scismatici devono diffondersi dappertutto. Ora vedo che in questo luogo la Chiesa viene minata in maniera così astuta che rimangono a mala pena un centinaio di sacerdoti che non siano stati ingannati. Tutti loro lavorano alla distruzione, persino il clero. Si avvicina una grande devastazione» (1 ottobre 1820).

Come è noto, Benedetto XVI non lasciò la città di Roma così come non smise mai di indossare la talare bianca, segno inequivocabile che egli fosse ancora il Papa. Per nove lunghi anni, infatti, egli continuò a ripetere incessantemente: «Non ci sono due papi. Il Papa è uno solo».

Papa Benedetto XVI è morto, come sappiamo, la mattina del 31 dicembre 2022: da quel momento la Chiesa Cattolica, ormai priva del Vicario di Cristo, si trova realmente in un pericolo ancora maggiore.

Finché papa Benedetto XVI era in questo mondo, infatti, svolgeva comunque la funzione di katéchon (dal greco antico τὸ κατέχον: colui che trattiene), rappresentando colui che trattiene il mistero dell’iniquità (cfr. 2 Tessalonicesi 2,6-7).

Anche se sappiamo con assoluta certezza, e le parole di Katharina vanno anch’esse in questa direzione, che la Chiesa Cattolica non potrà mai essere sopraffatta dai suoi nemici (cfr. Matteo 16,18).

«Quando vidi la Chiesa di San Pietro in rovina, e il modo in cui tanti membri del clero erano essi stessi impegnati in quest’opera di distruzione – nessuno di loro desiderava farlo apertamente davanti agli altri -, ero talmente dispiaciuta che chiamai Gesù con tutta la mia forza, implorando la Sua misericordia. Allora vidi davanti a me lo Sposo Celeste ed Egli mi parlò per lungo tempo…

Egli disse, fra le altre cose, che questo trasferimento della Chiesa da un luogo ad un altro significava che essa sarebbe sembrata in completo declino. Ma sarebbe risorta. Anche se rimanesse un solo cattolico, la Chiesa vincerebbe di nuovo perché non si fonda sui consigli e sull’intelligenza umani. Mi fece anche vedere che non era rimasto quasi nessun cristiano, nell’antico significato della parola» (4 ottobre 1820).

«Mentre attraversavo Roma con San Francesco e altri santi, vedemmo un grande palazzo avvolto dalle fiamme, da cima a fondo. Avevo tanta paura che gli occupanti potessero morire bruciati perché nessuno si faceva avanti per spegnere il fuoco. Tuttavia, mentre ci avvicinavamo il fuoco diminuì e noi vedemmo un edificio annerito. Attraversammo un gran numero di magnifiche stanze, e finalmente raggiungemmo il Papa. Era seduto al buio e addormentato su una grande poltrona. Era molto ammalato e debole; non riusciva più a camminare.

Gli ecclesiastici nella cerchia interna sembravano insinceri e privi di zelo; non mi piacevano. Parlai al Papa dei vescovi che presto dovevano essere nominati. Gli dissi anche che non doveva lasciare Roma. Se l’avesse fatto sarebbe stato il caos. Egli pensava che il male fosse inevitabile e che doveva partire per salvare molte cose… Era molto propenso a lasciare Roma, e veniva esortato insistentemente a farlo…

La Chiesa è completamente isolata ed è come se fosse completamente deserta. Sembra che tutti stiano scappando. Dappertutto vedo grande miseria, odio, tradimento, rancore, confusione e una totale cecità. O città! O città! Cosa ti minaccia? La tempesta sta arrivando; sii vigile!» (7 ottobre 1820).

«Fra le cose più strane che vidi, vi erano delle lunghe processioni di vescovi. Mi vennero fatti conoscere i loro pensieri e le loro parole attraverso immagini che uscivano dalle loro bocche. Le loro colpe verso la religione venivano mostrate attraverso delle deformità esterne. Alcuni avevano solo un corpo, con una nube scura al posto della testa. Altri avevano solo una testa, i loro corpi e i cuori erano come densi vapori. Alcuni erano zoppi; altri erano paralitici; altri ancora dormivano oppure barcollavano» (1 giugno 1820).

Questa descrizione circa i vescovi della Chiesa Cattolica è quantomeno singolare. Nella visione della beata qualcuno non ha la testa, qualcuno manca del corpo, qualcun altro zoppica mentre altri dormono…

Ma quanti i vescovi che hanno perso la testa o zoppicano vistosamente nella fede in questo momento? E quanti stanno dormendo? O sono totalmente paralizzati, tanto da non muovere un dito anche se sanno benissimo che la barca si sta riempiendo d’acqua?

 

La falsa chiesa

Questi alti prelati, successori degli apostoli e quindi posti da Dio a fondamento della barca di Pietro, la Chiesa Cattolica, e a guardia della fede, stanno tradendo in realtà la loro missione e il sacramento che hanno ricevuto.

La chiesa che essi stanno costruendo, esattamente come disse profeticamente la Emmerick, non è la Chiesa di Cristo, bensì una sorta di Onlus dove raccogliere persone provenienti da tutte le dottrine o fedi religiose.

Il mescolamento della fede cristiana e cattolica con altre dottrine è un fenomeno ben conosciuto nella Storia della Chiesa e dal quale già nell’antichità i Padri della Chiesa, perlopiù santi, avevano messo in guardia insorgendo con vigore contro tali gravissimi pericoli.

Questo infatti avrebbe comportato inevitabilmente il tradimento del Vangelo di Cristo, lieto annuncio per tutte le genti. Già l’apostolo Paolo aveva avvertito: il Vangelo di Cristo deve essere trasmesso nella forma in cui è stato ricevuto (cfr. 1 Corinzi 15,1). Pena la vanificazione della salvezza, che è subordinata al riconoscimento di Cristo Gesù come unico Signore (Kyrios) e Salvatore.

È Gesù Cristo infatti l’unico Mediatore tra Dio e gli uomini.

Ma la falsa chiesa, che pure conosce molto bene le Sacre Scritture, tenta di confondere le acque e vanificare la fede e quindi la salvezza offerta da Cristo a tutti gli uomini. E per farlo ha scelto una via subdola, in modo che i fedeli non si rendano conto del tradimento.

E quale via migliore del “buonismo” che caratterizza questi ultimi tempi? Arrivano i migranti, dobbiamo accoglierli e dobbiamo farli sentire a casa loro.

Sbandierando i documenti del Concilio Vaticano II, citando la dichiarazione Nostra Aetate sul dialogo interreligioso e il decreto Unitatis Redintegratio sull’ecumenismo, non si vuol tentare un dialogo mantenendo ovviamente fermi i propri irrinunciabili principi cristiani, bensì si vuole in realtà annacquare e sciogliere il cattolicesimo all’interno delle altre religioni come all’interno dello stesso protestantesimo.

Per infine riuscire a distruggerlo.

Tutti coloro che potevano essere di ostacolo a questo progetto sono andati via, in un modo o nell’altro, come è accaduto con i magistrati onesti per i fatti che hanno riguardato la Repubblica. Un uomo da non dimenticare è Cataldo Naro, arcivescovo di Monreale.

Naro aveva già dato dimostrazione della sua tenacia e della sua ostinazione nell’andare avanti senza cedere ai ricatti e nemmeno di fronte alla violenza fisica. Un uomo come questo, se fosse rimasto qui, avrebbe potuto dare molto fastidio.

Invece è molto meglio oggi lodarne da morto le virtù eroiche, all’interno degli ambienti ecclesiastici, parlandone – giustamente – come di un santo. Purché egli non sia più qui, ora, e non possa far sentire la propria voce autorevole all’interno della Chiesa.

Infatti quando Naro si trovò nel bisogno, all’indomani della sua aggressione fisica a Cinisi dove pure le forze dell’ordine latitarono, nessuno intervenne in suo favore.

Non una parola di solidarietà da parte della Santa Sede, né dalla Conferenza Episcopale Italiana o Siciliana, né da nessuno degli alti prelati che pure, in certe occasioni, si erano dimostrati assai più benevoli verso altri.

Non un sostegno: Naro se ne lamentò personalmente in una lettera all’amico, il professore Francesco Mercadante, non preoccupandosi nemmeno in quell’occasione per se stesso ma solo per «l’immagine che diamo della Chiesa».

Ma molti di coloro che lo abbandonarono allora sono anche quelli che oggi ne tessono diffusamente le lodi. Persino la sua teologia è stata piegata ad hoc alle esigenze della falsa chiesa, abusandone: perché Naro era e rimase sempre un conservatore, saldamente ancorato all’antica Tradizione della Chiesa.

La statua della Madonna di Trapani a La Goulette e nella Cattedrale di Tunisi (foto: Russo)


La Madonna del limite

C’è un libro di Carmelo Russo, intitolato: Nostra Signore del limite. L’efficacia della Madonna di Trapani in Tunisia, Ed. Morcelliana, 2020. Si tratta di un libro incentrato sul culto della Madonna di Trapani in Tunisia, radicatosi soprattutto a La Goulette, piccolo centro costiero situato a circa dodici chilometri da Tunisi. Si fa riferimento nel libro a una migrazione poco nota: quella dei siciliani che tra i secoli XIX e XX lasciarono l’Isola alla volta della Tunisia. I siciliani portarono con loro il culto della Madonna di Trapani, incontrando un contesto in cui coesistevano mescolamenti tra diversi gruppi sociali e nazionali nell’allora protettorato francese.

Molto si è scritto a partire da questa migrazione e dal culto della Madonna di Trapani, che i siciliani sbarcarono in un quartiere di La Goulette, denominato “Piccola Sicilia”. Il libro di Russo è edito proprio a partire proprio dal 2020, un anno significativo per l’umanità e destinato ad entrare nella storia non certo per i suoi eventi positivi. Guarda caso.

Si è discusso intorno al dialogo interreligioso, dove i grandi monoteismi, come cristianesimo, ebraismo e islamismo, vengono guardati come «dogmatismi autoreferenziali e autistici» che non permettono alcuna convivenza, né alcun dialogo, come ha scritto Antonino Cusumano nel suo articolo: “Una Madonna di frontiera, tra la Sicilia e la Tunisia” in “Dialoghi mediterranei”, n. 44, luglio 2020.

La Goulette, Murale, 2017 (foto: Russo)


«A fronte delle teologie – continua l’autore – che nel tentativo di surrogare la dittatura dell’economia torcono le fedi in ideologie, c’è ancora spazio per il dialogo tra le religioni […]».

«In questo orizzonte culturale madonne e santi prima di essere espressioni e rappresentazioni del cattolicesimo sono simboli e in quanto tali significanti che rinviano ad altro da sé, investiti da significati mobili, permeabili, negoziabili».

Ma a guardar bene, afferma Cusumano, «”le porosità religiose – ha scritto Dionigi Albera (2017) – che hanno segnato nel lungo periodo la regione mediterranea […] mostrano che anche delle religioni autosufficienti e tendenzialmente intransigenti come quelle monoteiste possono essere attraversate da pratiche transfrontaliere”. La Madonna di Trapani e di La Goulette in Tunisia è forse l’interprete più emblematica di queste migrazioni transculturali e transfrontaliere».

La statua di Maria Santissima di Trapani, custodita nella cappella situata nel Santuario di Maria SS. Annunziata 


Maria Santissima di Trapani

La Madonna di Trapani è conosciuta in tutto il Mar Mediterraneo oltre che in tutto il mondo come protettrice dei naviganti ma anche per l’immenso numero di miracoli compiuti. Da quando, intorno al XII – XIII secolo, giunse nella città di Trapani la splendida statua marmorea che la raffigura, opera a grandezza naturale attribuita allo scultore Nino Pisano. Iniziò da allora un culto senza pari e di enormi proporzioni, che si diffuse fuori dai confini della città, tanto da attirare la devozione e la preghiera di re, principi, prelati e semplici fedeli lontani, che la invocarono per chiedere e molto spesso ottenere delle grazie.

La statua marmorea fu allora coperta d’oro, gemme preziose e corallo, che formò un tesoro inestimabile, chiamato “tesoro della Madonna”. Una rete, indossata come una veste dalla Vergine, sosteneva questi numerosissimi ex voto che ricoprivano interamente la figura della Madonna e del Bambino che porta in braccio. La Madonna, nella cappella a lei dedicata all’interno del Santuario, era visibile in questo modo fino ai primi del Novecento. Poi, per ragioni di sicurezza, almeno così si disse, il tesoro fu portato via e ne rimasero solo le due preziose corone sulla testa della Madonna e del Bambino.

Un’immagine primonovecentesca della Vergine di Trapani, totalmente rivestita di ex voto


Il viso della Vergine è di tale bellezza, capace di accogliere il visitatore infondendogli serenità e fiducia, che il conte di Albadalista, viceré di Sicilia, dopo averla lungamente contemplata disse: «Chi la vuol veder più bella vada in paradiso» e il marchese Pietro Fuxardo, anch’egli viceré di Sicilia, esclamò: «Mai mi cadrà dal cuore questa Vergine di Trapani».

Il volto della Madonna di Trapani è rivolto verso il visitatore e gli sorride, mentre quello del Bambino guarda fiducioso verso la Madre.

Lo studioso trapanese Mario Serraino, nel suo La Madonna di Trapani e i Padri Carmelitani (Trapani 1983), ritiene che la statua della Vergine vanti origini molto più antiche di quanto comunemente riconosciuto.

La sua scultura risalirebbe infatti intorno all’anno 733 sull’isola di Cipro, come riportato da un ignoto autore in un manoscritto del 1380 e di cui purtroppo non ci è rimasta traccia a causa dell’incendio che fu appiccato intenzionalmente nel XV secolo per disinfettare il Convento dell’Annunziata, divenuto allora ricovero degli appestati.

Tuttavia, quella che è la leggenda più conosciuta sulle origini della statua della Madonna di Trapani, è stata riportata per intero nel Rollo I di scritture del 1736 ricomposto dal padre Martino Fardella e conservato nell’archivio storico del sacro Convento dell’Annunziata.

Mario Serraino ci riporta un particolare interessante in proposito: rimase sull’isola di Cipro il piedistallo originale che aveva sorretto la preziosa statua. Su questo fu collocato – dopo la partenza del Simulacro della Madonna a causa della cacciata dei cristiani dall’isola – un quadro rappresentante la Beata Vergine, la quale, secondo l’arcivescovo di Cirene Giovanni Logara, «dà agli storpi, sordi, indemoniati, lebbrosi, febbricitanti, arrivati in detta Chiesa, la salute». Lo stesso arcivescovo di Cirene, trovandosi quindi a Trapani, riconobbe nella Madonna trapanese la Vergine di Cipro, come riporta la relazione di padre Francesco Annibale.

Per lo studioso Mario Serraino, sfrondata delle sfumature mistico leggendarie che avvolgono la storia della Madonna di Trapani, questa può essere la vera origine storica del celebre Simulacro.

 

La dominazione dei padroni arabi

La Vergine fu invocata anche, e soprattutto, dai trapanesi a protezione della città, a causa delle continue invasioni dei secoli scorsi. Forse qualcuno lo ha dimenticato.

È falso il mito insegnato nelle scuole che vedrebbe i siciliani felici con l’arrivo, intorno all’anno 800, dei cosiddetti arabi ma che in realtà sarebbe più corretto chiamare islamici, in quanto fra loro si annoveravano berberi, siriani, persiani, egiziani e anche arabi.

La realtà storica ci racconta invece come quello fu un periodo di sanguinosi e continui conflitti su tutta l’Isola, tra le compagini islamiche, spesso in lotta anche tra loro, e quella cristiana. Anche se il periodo fu caratterizzato da uno sviluppo dell’agricoltura, un rinnovamento delle tecniche di irrigazione e l’introduzione di nuove specie vegetali. Ecco perché gli storici sono soliti indicare la dominazione araba in Sicilia come un periodo di floridità, ma solo dal punto di vista economico.

Durante l’assedio degli islamici fu altissimo il tributo di sangue pagato dai siciliani.

Ne scrive lo storico palermitano Igor Gelarda, dottorato in “Storia della Sicilia e del Mediterraneo antico”: «Palermo assediata dagli Arabi resiste disperatamente per un anno, dall’agosto del 830 fino al settembre del 831. Secondo una fonte islamica dei 70.000 palermitani presenti in città al momento dell’assedio, ne rimasero in vita solo 3.000 al momento della resa. Quasi certamente la fonte esagera, ma comunque la strage di palermitani fu enorme, e la nuova città araba risultò semisvuotata ai nuovi padroni, che ebbero la possibilità di occupare i grandi spazi rimasti scoperti in città. Sorte similare toccò a Siracusa, che cadde in mano agli arabi nel maggio dell’878, anche qui dopo una resistenza estrema ed un eccidio, compiuto anche dopo la capitolazione, compiutamente raccontato dall’arcivescovo di Siracusa, Teodosio. L’ultima città siciliana ad arrendersi agli islamici fu Rometta nel 965».

Numerose furono le rivolte dei siciliani, in particolare dei palermitani. Secondo lo storico Gelarda, «gli oltre due secoli di permanenza araba in Sicilia furono un periodo di guerra continua, come dicono le stesse fonti arabe, una tra tutte la cronaca di Cambridge».

Fino all’arrivo dei Normanni, che velocemente conquistarono la Sicilia e restituirono ai siciliani il diritto di praticare la religione cattolica, senza gli onerosi fardelli economici imposti dagli islamici. Nonché una serie di obblighi che venivano anch’essi imposti ai cristiani, come quello di cedere il passo agli islamici per strada; di non portare armi o usare selle per la cavalcatura; di non costruire nuove chiese; di non avere case grandi come quelle dei musulmani e di dover rasarsi persino la parte anteriore della testa!

Anche se non sempre questi divieti furono applicati in maniera rigida, poterono essere usati come strumento di minaccia o vessazione contro i siciliani e insieme alle tasse da pagare furono la ragione di una islamizzazione veloce, ma superficiale e controvoglia di buona parte della popolazione della Sicilia.

Quanto sopra spiega perché i Normanni riconquistarono velocemente la grande Isola con pochi uomini, e l’islamizzazione in pochissimo tempo divenne solo un brutto ricordo.

Papa Nicolò II consegnò infatti nel 1061 al conte Ruggero d’Altavilla un vessillo raffigurante la Beata Vergine con il Bambino, che accompagnerà il condottiero normanno in 31 anni di battaglie.

La statua della Madonna delle Milizie: Maria Santissima brandisce in alto una spada. Così anche nelle visioni della beata Emmerick (22 ottobre 1822), la Madonna appare sopra una collina, con indosso un’armatura, per combattere insieme ai suoi contro i nemici, molto più numerosi del piccolo esercito di fedeli


La Madonna delle Milizie

La devozione alla Madonna delle Milizie, per rinfrescare la memoria perduta, fa riferimento ad una battaglia avvenuta nel 1091 sulle coste di Scicli. I musulmani infatti erano arrivati dal mare con 60.000 uomini e ben armati. Gli sciclitani resistettero sulla spiaggia invocando la Madonna, che apparve in cielo su un cavallo bianco e con in pugno una spada. Improvvisamente la nebbia avvolse i saraceni che nella confusione si uccisero tra loro, nel frattempo giunse Ruggero con il suo esercito e insieme agli sciclitani ricacciò in mare i saraceni.

Ce ne scrive Diego Torre sul periodico Radici cristiane.

Ancora oggi si celebra in quella zona del ragusano la festa della Madonna delle Milizie, con una bella statua equestre e la ricostruzione scenica della battaglia.

Persino i dolci tipici locali, i “testi ri turcu”, richiamano il copricapo indossato allora dai nemici, che i siciliani chiamavano genericamente “turchi”.

La partecipazione decisiva della Vergine Maria viene testimoniata in tanti altri conflitti che bagnarono di sangue la terra siciliana, ma anche la sua intercessione nella lotta alle pestilenze che afflissero l’Isola e che cessarono repentinamente dopo la preghiera alla Madonna. Ovunque furono edificati santuari e costruite nuove chiese, che i siciliani riconoscenti dedicarono anzitutto a Maria ma anche ad altri santi, come santa Rosalia, le cui ossa portate in processione liberarono Palermo dalla peste il 9 giugno 1625, come era stato promesso alla giovane santa proprio dalla Madonna stessa.

Statua di Santa Rosalia

La statua di santa Rosalia, patrona di Palermo, in posizione sdraiata e di ascolto, custodita nel santuario all’interno della grotta di monte Pellegrino, dove la Santuzza trascorse gli ultimi anni della sua vita (foto: Io Amo La Sicilia)


La devozione mariana in Sicilia

Si spiega quindi lo stringersi di molte città siciliane in difesa dell’Immacolata Concezione di Maria, che già nel 1425 diventa festa di precetto religioso. Così è a Palermo che nasce il primo trattato di mariologia (1602), quale disciplina autonoma e non quale branca della patristica; del primo Mariale (1623) e nel 1619 sempre la città di Palermo invia una petizione a papa Paolo V perché ne proclami il dogma.

Così in tutta l’Isola, continuamente esposta nel corso della storia agli attacchi via mare provenienti dalla vicina Africa, la devozione alla Santissima Vergine ha costituito il baluardo di difesa dei siciliani tutti dalle invasioni degli stranieri. La devozione alla Madonna fu perenne caposaldo e difesa sicura di un intero popolo, quello siciliano, che per la sua posizione geografica rimase sempre meta ambita dei dominatori di ogni specie.

Si potrebbe bene affermare che se il popolo siciliano continua ad esistere oggi, lo deve alla Beata Vergine Maria e alla costante devozione che ha serbato per lei attraverso i secoli.

E’ dunque un paradosso tutto moderno quello di definire la Madonna di Trapani «l’interprete più emblematica di queste migrazioni transculturali e transfrontaliere», come scrive Antonino Cusumano nel suo già citato: “Una Madonna di frontiera, tra la Sicilia e la Tunisia”. Mentre quella custodita a La Goulette, in Tunisia, è, e rimane, invocata e venerata come Madre di Dio e della Chiesa Cattolica, secondo la religione cristiana: tutto il resto è una forzatura che, celata dietro a un linguaggio forbito, certi ambienti letterari e teologici stanno tentando di far passare in ogni modo.

Ma il popolo siciliano, definito a ragione «feudo di Maria», in un radiomessaggio di papa Pio XII al Congresso Mariano Regionale della Sicilia nel 1954, non permetterà la sostituzione del culto a Maria, riconosciuta dalla Chiesa Cattolica come Madre di Dio (in greco Θεοτόκος, traslitterato: Theotokos; titolo attribuito a Maria già nel Concilio di Efeso dell’anno 431), con un culto sincretista verso una “Madonna” inclusiva, globalista e assolutamente falsa.

Un culto che per la sua stessa natura sarebbe di carattere idolatrico.

Sono ormai tanti i siciliani, come gli italiani, che hanno compreso e colto fino in fondo i segni degli ultimi tempi: la cosiddetta pandemia infatti ha aperto gli occhi a molti.

 

La stele della Madonna di Trapani

Una copia della statua di Maria Santissima di Trapani, una grande statua in bronzo opera dello scultore Mario Ferretti ed eretta per volontà del vescovo del luogo, mons. Corrado Mingo, nel 1961, era stata innalzata in cima ad una maestosa stele alta circa 20 metri, interamente lastricata di marmo e visibile a tutti coloro che facevano ingresso nel porto. La statua inoltre sembrava dominare dall’alto l’intera città.

La maestosa stele della Madonna di Trapani prima di essere abbattuta (foto: Cancelliere)


Ma nel 2001, a causa di lavori per l’ampliamento del molo Ronciglio al porto ne fu decisa la rimozione, a cui l’allora vescovo della diocesi di Trapani, mons. Francesco Miccichè, non poté opporsi in quanto necessaria per “motivi di sicurezza”.

La statua rimase per alcuni anni distesa a terra in un’area di proprietà della Capitaneria di porto. In seguito, grazie alle insistenze di un fedele, trovò una collocazione più dignitosa presso una zona del porto e fu innalzata quindi su un piedistallo alto circa quattro metri.

Essendo tuttavia la copia della Madonna di Trapani concepita dal suo scultore per essere ammirata dal basso e da lontano, la statua si presenta ora all’occhio del visitatore sproporzionata nelle sue dimensioni complessive, con le teste di Madre e Figlio che risultano troppo grandi.

Questo il testo della nuova targa che fu posta nel 2012:

«O Maria, Regina della Pace, benedici e proteggi tutti i popoli che vivono sulle sponde del Mar Mediterraneo, affinché, pur nelle diversità di culture, di religioni e di etnie, incrementino rapporti di collaborazione e di integrazione per costruire e diffondere fraternità, libertà e promozione di autentici valori umani».

Alessandro Plotti, arcivescovo, anno 2012

Apparentemente nulla da dire, salvo, a ben riflettere, che i valori cui si fa cenno sono “gli autentici valori umani” e non cristiani come ci si potrebbe aspettare. Mentre la fraternità e la libertà cui si fa cenno riecheggiano da vicino i valori di una nota Rivoluzione…

Valori tutti umani e non cristiani. D’altronde l’enciclica di Bergoglio Fratelli tutti è sulla stessa riga: fratellanza che riecheggia da vicino le logge massoniche… Mentre al quarto capitolo dell’enciclica si auspica una «governance globale per le migrazioni».

Potremmo continuare a parlare quindi del traffico di esseri umani e dell’invasione in Italia di clandestini, che mai come adesso, sotto il governo Meloni, hanno raggiunto un tale record di sbarchi. Giorgia Meloni ha infatti spalancato le porte ai clandestini nel nostro Paese più di ogni altro governo precedente, mentre a parole invocava i blocchi navali. Potremmo parlare anche di come l’intento sia quello di dissolvere identità e cultura di un popolo, come quello italiano, in un crogiolo di razze diverse e religioni, mentre il progetto di sincretismo religioso procede a gonfie vele.

E con esso, la distruzione della Chiesa, della fede cattolica e del «tessuto democratico di un intero Paese», come volle sottolineare lo statista Bettino Craxi in occasione dell’accordo di Villa Madama nel 1984 e della genesi dell’otto per mille alla Chiesa Cattolica.

 

Il conte Richard von Coudenhove-Kalergi

Potremmo parlare del piano Kalergi, senza che nessuno si scandalizzi e parli di un ridicolo “complottismo”, vecchio termine da Unione Sovietica per chi ha dimenticato. Il conte austriaco Richard von Coudenhove-Kalergi (Tokyo, 1894 – Schruns, 1972) influenzò fortemente il pensiero europeo nella prima parte del secolo scorso, tanto da essere definito il “padre dell’Europa”: tuttavia, di un’Europa senza radici né identità, che le élite finanziarie e mondialiste tentano di costruire già dai primi del Novecento. Ne ha scritto a tal proposito Matteo Simonetti nel suo: Kalergi. La prossima scomparsa degli europei, Nexus Edizioni, 2017.

Ma non solo. La sua influenza si è estesa enormemente fino ai nostri giorni: Kalergi riteneva che gli Stati sovrani fossero depositari di odio razziale, e come tali dovevano essere aboliti.

Nel suo Pan-Europa, Kalergi ipotizza come un’entità sovranazionale dovrebbe prendere il posto degli Stati nazionali. È facile capire come queste idee coincidano perfettamente con l’idea di Unione Europea odierna, così come ci viene presentata. E non a caso esiste un premio europeo Coudenhove-Kalergi che di anno in anno viene tributato ai vari leader politici europei ritenuti meritevoli. Come non è un caso che il conte Kalergi risultasse iscritto alla massoneria fin dal 1921 e che fosse stato finanziato nella sua attività divulgativa dal barone Louis de Rothschild. Il nobile appartenente alla dinastia dei Rothschild lo introdusse a sua volta a Max Warburg, che come è noto faceva parte di un’altra potente dinastia di banchieri.

Fra i tanti leader premiati spiccano i nomi di Sandro Pertini nel 1986, Angela Merkel nel 2010 e Jean-Claude Juncker nel 2014.

L’obiettivo che Kalergi si proponeva era quello di creare un nuovo uomo che avrebbe dovuto popolare il Continente europeo: un uomo che fosse il risultato dell’incrocio tra la razza europea, quella africana e anche quella asiatica, in modo da perdere qualunque legame con la propria tradizione e identità originarie. L’obiettivo ultimo di Kalergi era cancellare infatti l’identità cristiana per sostituirla con qualcosa di indefinito, e, come tale, facilmente malleabile e manipolabile.

Un nuovo modello di “schiavo” che avrebbe dovuto popolare l’Europa a servizio delle élite finanziarie e mondialiste, prodotto di quel meticciato tanto caro oggi anche ai vari marchi di moda o altro che lo sponsorizzano, e segno che il piano Kalergi è tutt’altro che una farneticazione di stampo complottistico: basta compiere un giro per le vie delle nostre città per accorgersi di quanto negli ultimi anni sia aumentato il numero degli stranieri, in particolare africani ma anche di razza asiatica.

E accorgersi di come spesso vi sia da parte delle autorità una sorta di atteggiamento reverenziale di fronte agli stranieri, mentre gli abitanti del posto rimangono inascoltati e sempre più isolati. Di fronte agli stranieri è infatti possibile chiudere un occhio ma davanti ai cittadini onesti si applica la massima intransigenza.

Un paradosso tutto moderno che stride pesantemente con il sangue versato dai nostri antenati a difesa della nostra terra. Una discriminazione proveniente da quelle stesse autorità che sono preposte a difesa dei cittadini ma che perdono la loro ragion d’essere e di esistere nel momento in cui non hanno più a cuore gli interessi del loro stesso Paese.

Mentre sempre più lavoratori locali vengono sostituiti con la manovalanza degli immigrati, retribuita a bassa costo e con il risultato di creare sempre più disoccupazione tra gli abitanti del luogo, rendendoli quindi vulnerabili e ricattabili.

È anche la fine programmata di un intero Continente, quello europeo, con la sua identità e radici cristiane tanto odiate dall’attuale establishment per sostituirle con una nuova etnia mista e una falsa religione, che in ultima analisi mira a creare una nuova forma di paganesimo, dietro al quale si nasconde il culto di satana.

 

Alla volta della Sicilia

Il grande cerchio si chiude ritornando al tentativo di distruzione della Chiesa Cattolica, alla costruzione di una falsa chiesa tutta umana e al culto della Madonna del limite, che si muove come un cavallo di Troia verso questa direzione e alla volta della Sicilia, feudo conclamato di Maria e dalla quale è possibile raggiungere tutta l’Italia.

Quello che tuttavia la falsa chiesa non sa e non ha valutato, come disse la beata Katharina Emmerick, è che «se pure rimanesse anche un solo [vero] cattolico, la Chiesa risorgerebbe di nuovo».

Perché le sue fondamenta non sono umane, ma fondate da Dio stesso.

Ecco perché i piani della «setta segreta», come la chiamava la Emmerick, sono destinati a fallire.

 

La fine del colonialismo francese. La fine della globalizzazione e la crisi del potere finanziario

L’ascesa economica della Nazione russa è inarrestabile, nonostante la falsa controinformazione sostenga il contrario. Mentre anche l’euro, come il dollaro, stanno inesorabilmente crollando.

L’influenza della Russia sta inoltre allargando sempre più la sua ombra sull’Africa. Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha affermato che la sua Nazione ha firmato accordi militari con ben 40 Paesi africani.

È un cambiamento epocale per tutta l’Africa: il lungo e opprimente colonialismo francese sul Continente sta volgendo definitivamente al termine, per mano russa. Il Paese che porta nel suo stendardo San Giorgio nell’atto di uccidere il drago sta togliendo alla Francia quelle che, già a partire dal XIX secolo, sono state le sue fonti di guadagno ai danni degli africani.

Come ha scritto di recente il news-magazine The Cradle, gli Stati africani stanno spezzando uno dopo l’altro le catene del colonialismo, come le tessere del domino: Ciad, Mali, Burkina Faso, Niger ed ora anche il Gabon stanno dicendo “no” al dominio di lunga data della Francia sugli affari finanziari, politici, economici e di sicurezza.

Mentre solo pochi giorni fa, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è incontrato con il suo omologo russo Vladimir Putin e si è augurato che le due Nazioni vadano avanti con l’utilizzo delle valute nazionali per il commercio bilaterale.

Durante l’incontro, Putin ha anche annunciato che Mosca è vicina alla conclusione di un accordo per facilitare le esportazioni libere di grano dalla Russia verso sei Paesi africani con l’aiuto di Turchia e Qatar.

«Siamo vicini a concludere accordi con sei Stati africani, dove intendiamo fornire generi alimentari gratuitamente e anche effettuare consegne e logistica gratuitamente… Le consegne inizieranno nelle prossime due settimane», ha detto Putin. Secondo l’accordo, la Russia fornirà fino a 1 milione di tonnellate di grano ai Paesi più bisognosi. Il grano verrà inviato a Turkiye per la lavorazione prima di essere spedito agli Stati africani con finanziamenti dal Qatar.

Sta nascendo una “nuova Africa” libera dal giogo di sfruttamento e povertà che l’Occidente le ha imposto fino ad oggi: siamo di fronte a un’epoca che sotto i nostri occhi sta per concludersi, mentre il futuro si avvia verso il multipolarismo.

Benché le menzogne della falsa controinformazione stiano tentando di far credere che i BRICS siano associati al globalismo, per via di un documento di Goldman Sachs pubblicato nel 2001: ne ha scritto di recente il giornalista Cesare Sacchetti. Ma la Goldman Sachs tentò di favorire l’entrata dei Paesi emergenti nel G7 senza riuscirvi, e senza poter impedire alla Russia di fare ciò che effettivamente fece nel 2009: ovvero dar vita ad un’alleanza fondata sul multipolarismo.

E anche il mondo delle ONG del miliardario ungherese di origini ebraico aschenazite, George Soros, sta volgendo al termine all’interno dell’Unione Europea. Infatti la Open Society Foundations di Soros, ora gestita dal figlio Alexander, cesserà in gran parte le proprie attività nell’Unione Europea. La fondazione di famiglia, con un patrimonio di 25 miliardi di dollari, ha annunciato una riduzione della sua forza lavoro di almeno il 40% dopo che Alexander è subentrato al padre.

L’Open Society Foundation afferma un “cambiamento radicale di direzione strategica”. Sostengono anche che il loro nuovo modo di lavorare richiederà “ulteriori ristrutturazioni significative” e “la chiusura di tutti i programmi regionale e globali”. Questa informazione proviene da una lettera che è stata inviata ai gruppi che l’OSF sostiene in Ungheria e l’agenzia di stampa internazionale Bloomberg ha avuto modo di leggerla. Il messaggio fa riferimento ad una diversa nota inviata al personale della sede berlinese dell’OSF.

«L’OSF interromperà in gran parte i finanziamenti all’interno dell’Unione Europea, e ulteriori finanziamenti saranno estremamente limitati».

George Soros è l’uomo che più di ogni altro ha influenzato gli avvenimenti di quasi cinquant’anni. E’ il finanziatore dei tanti movimenti femministi e a favore dell’aborto che sono nati con l’unico scopo voluto e perseguito dalle élite finanziarie e globaliste di distruggere la civiltà occidentale e l’identità nazionale e cristiana.

Dietro ai violenti disordini che hanno colpito Paesi cattolici, come la Polonia, o alle svariate rivoluzioni che hanno travolto quei Paesi che si sono rifiutati di allinearsi ai diktat delle élite globaliste, ricorre sempre lo stesso nome: George Soros.

E’ il caso dell’Ucraina, tristemente noto Paese fra i tanti che hanno subito le potenti ingerenze del miliardario, e della manifestazione di protesta denominata Euromaidan.

L’Ucraina era un Paese abbastanza stabile, senza conflitti interni. Alla fine del 2013 la decisione del presidente Viktor Yanukóvich di non firmare l’accordo di associazione all’Unione Europea e di restare alleato della Russia accese la miccia della grande protesta.

L’Euromaidan fu decisa segretamente nel 2014 dal dipartimento di Stato diretto dall’amministrazione Obama e attuata attraverso la rete di ONG finanziate da Soros.

Si può allora comprendere come la crisi che ha investito il magnate ungherese, che per più decenni ha costituito il braccio delle famiglie più potenti, quali i Rothschild, i Rockefeller e i Warburg, stia segnando la fine di un’epoca come la fine del monopolio assoluto di queste grandi famiglie.

Come ha scritto il giornalista Cesare Sacchetti, quel che sta cambiando è la struttura del potere economico e finanziario che ha consentito a tali famiglie di avere un monopolio assoluto sull’economia mondiale negli ultimi 30 anni. La globalizzazione che ha trasferito tutte le ricchezze nell’1% della popolazione mondiale sta volgendo al termine.

I licenziamenti delle “grandi” corporation e gruppi bancari come Amazon, Facebook, Goldman Sachs e Morgan Stanley sono in costante aumento. Il fondo di investimenti che possiede una sterminata rete di società, BlackRock, è quello che ha perduto il più alto ammontare di capitali lo scorso anno quando ha visto andare in fumo la cifra da capogiro di 1,7 trilioni di dollari.

Stiamo assistendo a una crisi profonda del potere della grande finanza, alla fine della globalizzazione e al futuro declino dei flussi migratori: il potente contraccolpo che ne scaturirà non potrà che raggiungere anche tutti coloro che lavorano alla costruzione della falsa chiesa: quel grande calderone che dovrebbe contenere tutti indistintamente, senza più il requisito fondamentale della fede in Cristo, riconosciuto come Kyrios, e allo scopo di ottenere il fine ultimo della distruzione della Chiesa Cattolica, Sposa mistica di Cristo, Una, Santa e Immacolata.

Ma le visioni della beata Katharina Emmerick scorsero sempre una luce in fondo all’oscurità, così come la riapertura all’uomo della via sbarrata dal peccato all’«albero della vita» costituisce l’ultima parola della Sacra Scrittura (cfr. Genesi 3,22; Apocalisse 22,2).

 

Epilogo

Qualche tempo fa ho visitato la statua della Madonna di Trapani.

E’ una statua di grande particolarità, oltre ad avere la meritata fama di essere miracolosa. Vi sono più persone che avendola visitata parecchie volte sono pronte a giurare che occasionalmente il volto della Madonna cambia espressione. Io non sapevo nulla di questa diceria, e della quale sono venuta a conoscenza successivamente.

Quando mi sono trovata all’interno della cappella dove è custodita la statua, ho voluto rivolgere il mio sguardo verso il suo volto ma ho avuto la netta impressione che non stesse affatto sorridendo: la Madonna era seria e la sua espressione grave. L’avevo visitata già altre volte, il sorriso solare è un segno distintivo di quel bel volto materno capace di trasmettere un senso di serenità e di gioia.

Eppure quest’ultima volta – era da tempo che non la vedevo – il sorriso non c’era.

Almeno, io non riuscivo a scorgerlo.

Allora ho voluto cambiare angolazione al mio sguardo, pensando che fosse la luce, ma la piega della bocca tirata rimaneva sempre la stessa. Lì per lì ho pensato che fosse la mia posizione, che pure avevo cambiato inutilmente. O forse il caldo, l’affollamento delle altre persone presenti. O forse invece me la ricordavo diversamente.

Erano passati alcuni giorni e non riuscivo a dimenticare quell’espressione, che mi pareva grave. Allora ho cercato le numerose immagini della statua facilmente reperibili su Internet e, in tutte, il sorriso sul volto era inequivocabile.

Madonna di Trapani, Santuario Maria SS. Annunziata

Madonna di Trapani. Primo piano 


Ho saputo poi di quella voce, secondo la quale alcuni credono di averla vista cambiare espressione.

Inevitabilmente, ho cominciato a riflettere.

E forse, anche a capire: quella fervente preghiera, che la Madonna chiese espressamente e con forza a tutti i fedeli nella visione avuta da Katharina Emmerick, avvertendo di come la Chiesa versasse in grave pericolo, farà la differenza per il futuro del mondo.

La Chiesa rinascerà.

E forse, la prossima volta, ad accogliermi sarà uno splendido sorriso materno.

 

 

8 settembre 2023

Natività della Beata Vergine Maria

 

 

La Chiesa e le profezie della beata Emmerick. La Sicilia, feudo di Maria e la fine dell’Europa di Kalergiultima modifica: 2023-09-08T04:08:47+02:00da daniela.g0