FORCED DEPORTATION FOR IRREGULAR MIGRANTS

Minister of Internal Government, Minniti on Immigration and Asylum. The outlines could be operative by the end of this month if approved by the bicameral offices.

Excerpts from Open Migration : 10022017

1. Linea dura sui rimpatri forzati

Nella visione del Viminale, la prima e più fondamentale esigenza pare una soltanto: rimandare a casa quanti più “irregolari” possibili. E davvero, perché “il foglio di via non basta: chi non ha diritto a restare deve essere riportato nel paese di provenienza”.
Questo vuol dire accelerare ed aumentare i rimpatri forzati, soprattutto attraverso la firma di accordi bilaterali con i paesi di origine e transito dei migranti – anche se si tratta di dittature come quella sudanese o paesi noti per le sistematiche violazioni dei diritti umani come la Libia. E infatti l’effettiva esecuzione del memorandum appena firmato con il governo libico internazionalmente riconosciuto – e tanto criticato – è tra le prime priorità del Ministero.
Nonostante tale accordo sia, per dirla con l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), “in totale spregio del diritto di asilo consacrato nella Costituzione italiana e del dovere di rispettare i diritti umani”.

Foto: l'incontro tra il Primo Ministro libico Fayez al-Sarraj ed il premier italiano Gentiloni.

FOTO: l’incontro tra il Primo Ministro libico Fayez al-Sarraj ed il premier italiano Gentiloni – via Palazzo Chigi.

2. Estensione del sistema della detenzione amministrativa

Nell’attesa di stipulare e rendere esecutivi altri accordi come quelli già siglati ed ottenere così (ad ogni costo) l’accelerazione delle procedure di rimpatrio, la soluzione principe pare sempre quella della detenzione amministrativa, che cambia nome ma non sostanza. Il secondo elemento della ricetta di Minniti è infatti quello dell’estensione del sistema della detenzione amministrativa per gli immigrati. Quadruplicazione della capienza – dai nemmeno 400 posti attuali a 1600 – tramite l’apertura di nuovi centri, che, nella visione del Ministro, con gli attuali Centri di identificazione e espulsione (Cie) non dovrebbero avere proprio niente a che fare. Centri nuovi, nomi nuovi – da Cie a Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) – uno in ogni regione, dovrebbero essere “di piccole dimensioni, con governance trasparente e poteri di accesso illimitato per il Garante dei detenuti” – per cambiare la sostanza. Peccato che in questo modo si continua a ignorare il fallimento storico del sistema della detenzione amministrativa, che è innanzitutto disumano – le condizioni nei centri sono tanto disperate che alcuni casi di rivolta violenta sono stati ritenuti dai giudici legittima difesa dei trattenuti contro la privazione dei propri diritti fondamentali – ma anche inutile – la maggior parte delle persone che transita nei Cie non viene poi effettivamente rimpatriata – e incredibilmente costoso.

La realtà è che, come dichiara Gabriella Guido, portavoce della campagna LasciateCIEntrare, “Non vanno aperti nuovi centri, ma chiusi quelli che ci sono”.

3. Accorciare i tempi delle procedure d’asilo riducendo le garanzie

La situazione cambia in peggio non solo per i cosiddetti “irregolari” ma anche per i richiedenti protezione internazionale. Per intervenire sul sovraccarico del sistema di asilo ed accoglienza e ridurre i tempi eccessivamente lunghi delle procedure, il governo propone una soluzione molto semplice: ridurre le garanzie in sede giurisdizionale.
Questo sarebbe infatti il principale effetto della proposta di riforma del processo civile per la trattazione dei ricorsi in materia di protezione internazionale che, tra le altre cose, prevede l’eliminazione del grado di appello per chi ha ricevuto un diniego dell’asilo in primo grado, sacrificando così in maniera evidente i diritti delle persone vulnerabili all’esigenza di alleggerire il carico dei Tribunali e dei centri di accoglienza. In altre parole, la proposta di riforma vuole fare ricadere sui richiedenti asilo le disfunzioni di un sistema amministrativo e la sofferenza del sistema giudiziario, non solo in materia di rifugiati.

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Con conseguenze molto gravi perché, come spiega l’avvocato Asgi Dario Belluccio, “non avere la possibilità di appellare la decisione di primo grado in questa materia, vuol dire rinunciare a tutelare pienamente un diritto che, se violato, può comportare violenze, torture, discriminazioni, mettere a rischio la vita delle persone”.

4. Lavoro non retribuito per i richiedenti asilo

Intanto, per evitare “il vuoto dell’attesa” – così il ministro definisce, eufemisticamente, il limbo disperante in cui si trovano migliaia di persone abbandonate in condizioni di accoglienza precaria in attesa di ricevere risposta alla propria richiesta o ricorso – si propone la soluzione di “lavori di pubblica utilità, finanziati con fondi europei”. Con l’immediata precisazione che però “non si creerà una duplicazione nei mercati del lavoro, perché non sarà un lavoro retribuito”. Ed allora, visto che le parole contano, sarebbe forse meglio non parlare di lavoro ma bensì di un volontariato. In ogni caso, come sottolinea il Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir), assolutamente inammissibile sarebbe rendere questo lavoro socialmente utile obbligatorio ai fini dell’accoglienza o in qualche modo condizionante il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.

5. Aspetti positivi: l’investimento in accoglienza diffusa e rimpatri volontari e l’impegno per la trasparenza

Nelle linee programmatiche presentate da Minniti ci sono anche dei buoni propositi: all’eccessivo affidamento sui rimpatri forzati – assai lontani da essere usati come extrema ratio e anzi identificati come strumento fondamentale della strategia di gestione dei flussi – si affianca comunque la volontà di raddoppiare i fondi per i programmi di rimpatrio volontario assistito (RVA), l’alternativa umana su cui è importante investire. Poi c’è l’impegno per garantire un maggior coinvolgimento degli enti locali nella rete Sprar e far quindi crescere l’accoglienza diffusa e integrata. E infine tentativi di migliorare la trasparenza di un sistema notoriamente ed insopportabilmente opaco: da un lato, la rivoluzione degli appalti di gestione per i servizi dei centri per gli immigrati “lottizzati” (e cioè non a gara unica ma ciascuno messo a gara singolarmente) già approvata dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac); dall’altro, l’estensione del mandato del Garante nazionale dei detenuti sui centri.

Ma tutto questo non basta per compensare le forti criticità di un piano che pare innanzitutto limitare ulteriormente diritti e garanzie già fragili.

 

Foto di copertina: il ministro Minniti e il premier Gentiloni – via Palazzo Chigi (CC BY-NC-SA 2.0).

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Dr. Noël  Ortega

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Philippines’ language is “Filipino” (not “Tagalog”)

 

What the 1987 Philippine Constitutions say about the national language

Trace the evolution of the ‘national language’ based on past Philippine constitutions leading to the 1987 Charter.

The national language of the Philippines is Filipino – that’s according to the 1987 Constitution, particularly Article XIV, Section 6.

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THE 1987 CONSTITUTION OF THE REPUBLIC OF THE PHILIPPINES

                                          LANGUAGE

Article XIV

Section 6. The national language of the Philippines is Filipino. As it evolves, it shall be further developed and enriched on the basis of existing Philippine and other languages. Subject to provisions of law and as the Congress may deem appropriate, the Government shall take steps to initiate and sustain the use of Filipino as a medium of official communication and as language of instruction in the educational system.

Flows Decree 2017

The Flows Decree/Direct Hiring 2017 is about to open this month of February 2017. This will only cater the seasonal labor contracts, conversions of permits of stay.

DECRETO LEGISLATIVO 29 ottobre 2016, n. 203

effective: 24-11-2016

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAVisti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista  la  direttiva  2014/36/UE  del  Parlamento  europeo  e   del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulle  condizioni  di  ingresso  e  disoggiorno dei cittadini di Paesi  terzi  per  motivi  di  impiego  inqualita’ di lavoratori stagionali;

Visti  gli  articoli  33  e  34  del  regolamento  810/2009/CE  del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che  istituisce un codice comunitario dei visti;

Vista la legge 9 luglio 2015, n. 114, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di  altri  atti dell’Unione europea –  Legge  di  delegazione  europea  2014,  ed  in particolare l’articolo 1, Allegato B – punto 22, che ha  delegato  il Governo a recepire la direttiva 2014/36/UE;

Visti gli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre  2012,  n.  234, recante  norme  generali  sulla   partecipazione   dell’Italia   alla formazione  e  all’attuazione  della  normativa  e  delle   politiche dell’Unione europea;

Vista  la  legge  23  agosto  1988,  n.  400,  recante   disciplina dell’attivita’  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del Consiglio dei ministri;

Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,  e  successive modificazioni, recante testo unico delle disposizioni concernenti  la disciplina  dell’immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello straniero;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni, recante regolamento recante norme di attuazione  del  testo  unico  delle  disposizioni   concernenti   la disciplina  dell’immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286;

Visto il decreto del Ministro degli affari esteri 11  maggio  2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  280  del  1°  dicembre  2011, recante definizione  delle  tipologie  dei  visti  d’ingresso  e  dei requisiti per il loro ottenimento; Sentite le organizzazioni  sindacali  maggiormente  rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro;

Vista la preliminare  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri, adottata nella riunione del 28 luglio 2016; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni  della  Camera  dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella riunione del 27 ottobre 2016; Sulla proposta del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  del Ministro del lavoro e delle politiche  sociali,  di  concerto  con  i Ministri degli affari esteri  e  della  cooperazione  internazionale, dell’interno,  della  giustizia,  dell’economia  e   delle   finanze, dell’istruzione, dell’universita’ e della  ricerca,  della  salute  e delle politiche agricole alimentari e forestali;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Art. 1

 

Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286

1. Al testo unico  delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui  al decreto  legislativo  25  luglio   1998,   n.   286,   e   successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 5, il comma 3-ter e’ sostituito dal seguente:

«3-ter. Allo straniero che dimostri  di  essere  venuto  in  Italia almeno una volta nei  cinque  anni  precedenti  per  prestare  lavoro stagionale e’ rilasciato, qualora si tratti di  impieghi  ripetitivi, un permesso pluriennale, a tale titolo, fino a  tre  annualita’,  con indicazione del periodo di validita’ per ciascun  anno.  Il  predetto permesso di soggiorno e’ revocato se lo  straniero  non  si  presenta all’ufficio di frontiera esterna al termine della validita’ annuale e alla  data  prevista  dal  visto  di  ingresso  per  il  rientro  nel territorio nazionale. Il relativo visto  di  ingresso  e’  rilasciatosulla base del nulla osta rilasciato ai sensi dell’articolo 24, comma 11.»;

b) l’articolo 24 e’ sostituito dal seguente:

«Art. 24 (Lavoro  stagionale). –  1.  Il  datore  di  lavoro  o  le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendono instaurare in Italia un rapporto di lavoro  subordinato  a  carattere stagionale nei  settori  agricolo  e  turistico/alberghiero  con  uno straniero, devono  presentare  richiesta  nominativa  allo  sportello unico per l’immigrazione della provincia di residenza. Si  applicano, ove compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 22, ad eccezione dei commi 11 e 11-bis.

2. Lo sportello unico per l’immigrazione rilascia il nulla osta  al lavoro stagionale, anche pluriennale, per la durata corrispondente  a quella del lavoro stagionale richiesto, non oltre venti giorni  dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro.

3. Ai fini della presentazione di  idonea  documentazione  relativa alle modalita’ di sistemazione alloggiativa di cui  all’articolo  22, comma 2, lettera b), se il  datore  di  lavoro  fornisce  l’alloggio, esibisce al momento della sottoscrizione del contratto di  soggiorno, un titolo idoneo a provarne  l’effettiva  disponibilita’,  nel  quale sono specificate le condizioni a cui l’alloggio e’  fornito,  nonche’ l’idoneita’  alloggiativa  ai  sensi  delle   disposizioni   vigenti. L’eventuale canone di locazione non puo’  essere  eccessivo  rispetto alla  qualita’  dell’alloggio  e  alla  retribuzione  del  lavoratore straniero e, in ogni caso, non e’  superiore  ad  un  terzo  di  tale retribuzione.  Il  medesimo  canone   non   puo’   essere   decurtato automaticamente dalla retribuzione del lavoratore.

4. Il nulla osta al lavoro stagionale viene rilasciato  secondo  le modalita’ previste agli articoli 30-bis, commi da 1 a 3 e da 5 a 9, e 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 e  nel rispetto del diritto di precedenza in favore dei lavoratori stranierin di cui al comma 9 del presente articolo.

5. Il nulla osta al lavoro stagionale a piu’ datori di  lavoro  che impiegano lo  stesso  lavoratore  straniero  per  periodi  di  lavoro complessivamente compresi nei limiti temporali di  cui  al  comma  7, deve essere unico, su richiesta,  anche  cumulativa,  dei  datori  di lavoro, presentata contestualmente, ed e’ rilasciato  a  ciascuno  di essi. Si applicano le disposizioni di cui al comma 8.

6. Qualora lo sportello unico per l’immigrazione, decorsi  i  venti giorni di cui al comma 2,  non  comunichi  al  datore  di  lavoro  il proprio diniego, la richiesta si intende accolta,  nel  caso  in  cui ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:

a) la richiesta riguarda uno straniero  gia’  autorizzato  almeno una volta nei cinque anni precedenti  a  prestare  lavoro  stagionale presso lo stesso datore di lavoro richiedente;

b) il lavoratore e’ stato  regolarmente  assunto  dal  datore  di lavoro e ha rispettato le condizioni indicate nel precedente permesso di soggiorno.

7. Il nulla osta al lavoro stagionale autorizza lo  svolgimento  di attivita’ lavorativa sul territorio nazionale fino ad un  massimo  di nove mesi in un periodo di dodici mesi.

8. Fermo restando il limite di nove mesi di  cui  al  comma  7,  il nulla osta al lavoro stagionale si intende prorogato e il permesso di soggiorno puo’ essere rinnovato in  caso  di  nuova  opportunita’  di lavoro stagionale offerta dallo stesso o da altro  datore  di  lavoro fino alla scadenza del nuovo rapporto di lavoro stagionale.  In  tale ipotesi, il lavoratore e’ esonerato  dall’obbligo  di  rientro  nello Stato di provenienza per il rilascio  di  ulteriore  visto  da  parte dell’autorita’ consolare. Al termine del periodo di cui al  comma  7, il lavoratore deve rientrare nello Stato di  provenienza,  salvo  che sia in possesso  di  permesso  di  soggiorno  rilasciato  per  motivi diversi dal lavoro stagionale.

9. Il lavoratore stagionale, gia’  ammesso  a  lavorare  in  Italia almeno una volta nei cinque anni precedenti, ove abbia rispettato  le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia  rientrato  nello Stato di provenienza  alla  scadenza  del  medesimo,  ha  diritto  di precedenza per il rientro per ragioni di lavoro stagionale presso  lo stesso o altro datore di lavoro, rispetto a coloro che non hanno  mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro.

10. Il lavoratore stagionale,  che  ha  svolto  regolare  attivita’ lavorativa sul territorio nazionale per almeno tre mesi, al quale  e’ offerto un contratto di lavoro  subordinato  a  tempo  determinato  o indeterminato, puo’ chiedere allo sportello unico per l’immigrazione la conversione del permesso di soggiorno in lavoro  subordinato,  nei limiti delle quote di cui all’articolo 3, comma 4.

11. Il  datore  di  lavoro  dello  straniero  che  si  trova  nelle condizioni di cui all’articolo 5, comma 3-ter, puo’  richiedere  allo sportello unico per l’immigrazione il  rilascio  del  nulla  osta  al lavoro pluriennale. Lo sportello unico, accertati i requisiti di  cui all’articolo 5, comma  3-ter,  rilascia  il  nulla  osta  secondo  le modalita’ di cui al presente articolo.  Sulla  base  del  nulla  osta triennale al lavoro stagionale, i visti di ingresso per le annualita’ successive alla prima sono concessi dall’autorita’ consolare,  previa esibizione della  proposta  di  contratto  di  soggiorno  per  lavoro stagionale, trasmessa al lavoratore interessato dal datore di lavoro, che provvede a trasmetterne copia allo sportello  unico immigrazione competente. Entro otto giorni dalla data di ingresso nel  territorio nazionale, il lavoratore straniero si reca presso lo sportello  unico immigrazione per sottoscrivere il contratto di soggiorno  per  lavoro secondo le disposizioni dell’articolo 35 del decreto  del  Presidente della Repubblica n. 394 del 1999. La richiesta di assunzione, per  le annualita’ successive alla prima, puo’ essere effettuata da un datore di lavoro anche diverso  da  quello  che  ha  ottenuto  il  nullaosta triennale  al  lavoro  stagionale.  Il  rilascio   dei   nulla   osta pluriennali avviene nei limiti delle quote  di  ingresso  per  lavoro stagionale.

12. Fuori dei casi di cui all’articolo 22, commi 5-bis e 5-ter,  il nulla osta al lavoro stagionale puo’  essere  rifiutato  ovvero,  nel caso sia stato rilasciato, puo’ essere revocato quando:

a) il datore di lavoro e’ stato oggetto di sanzioni  a  causa  di lavoro irregolare;

b)  l’impresa  del  datore  di  lavoro  e’  stata  liquidata  per insolvenza o non e’ svolta alcuna attivita’ economica;

c) il datore di  lavoro  non  ha  rispettato  i  propri  obblighi giuridici in materia di previdenza sociale, tassazione,  diritti  dei lavoratori,  condizioni  di  lavoro  o  di  impiego,  previsti  dalla normativa nazionale o dai contratti collettivi applicabili;

d) nei  dodici  mesi  immediatamente  precedenti  la  data  della richiesta di assunzione dello  straniero,  il  datore  di  lavoro  ha effettuato licenziamenti al fine di creare un posto  vacante  che  lo stesso datore di lavoro cerca di coprire  mediante  la  richiesta  di assunzione.

13. Fuori dei casi di cui all’articolo 5, comma 5, il  permesso  di soggiorno non e’ rilasciato o il suo rinnovo e’ rifiutato ovvero, nel caso sia stato rilasciato, e’ revocato quando:

a)  e’  stato  ottenuto  in  maniera  fraudolenta  o   e’   stato falsificato o contraffatto;

b) risulta che lo straniero non soddisfaceva o non soddisfa  piu’ le condizioni di ingresso e di soggiorno previste dal presente  testo unico o se soggiorna per fini diversi da quelli per cui  ha  ottenuto il nulla osta ai sensi del presente articolo;

c) nei casi di cui al comma 12.

14. Nei casi di revoca del nulla osta al lavoro stagionale  di  cui al comma 12, e  di  revoca  del  permesso  di  soggiorno  per  lavoro stagionale di cui al comma 13, lettera c), il  datore  di  lavoro  e’ tenuto  a  versare   al   lavoratore   un’indennita’   per   la   cui determinazione si tiene conto delle retribuzioni dovute ai sensi  del contratto collettivo nazionale e non corrisposte.

15. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per  lavori di carattere stagionale, uno o piu’ stranieri privi del  permesso  di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia  scaduto, revocato o annullato, e’ punito ai sensi dell’articolo 22, commi  12,

12-bis e 12-ter, e si applicano  le  disposizioni  di  cui  ai  commi

12-quater e 12-quinquies dell’articolo 22.

16. Le disposizioni del presente articolo  non  si  applicano  agli stranieri:

a) che al momento della domanda risiedono nel territorio  di  uno Stato membro;

b) che svolgono attivita’ per conto di imprese  stabilite  in  un altro Stato membro nell’ambito della prestazione di servizi ai  sensi dall’articolo 56 TFUE,  ivi  compresi  i  cittadini  di  Paesi  terzi distaccati da un’impresa stabilita in uno  Stato  membro  nell’ambito della prestazione di servizi ai sensi della direttiva 96/71/CE;

c)  che  sono  familiari  di  cittadini  dell’Unione  che   hanno esercitato il loro  diritto  alla  libera  circolazione  nell’Unione, conformemente alla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;

d) che godono, insieme ai loro familiari e  a  prescindere  dalla cittadinanza, di diritti di libera circolazione equivalenti a  quelli dei cittadini dell’Unione a norma di accordi tra l’Unione e gli Stati membri o tra l’Unione e Paesi terzi.

17. Il permesso di  soggiorno  rilasciato  ai  sensi  del  presente articolo reca un riferimento che ne indica il rilascio per motivi  di lavoro stagionale.».

Art. 2

Clausola di invarianza finanziaria

1. Dall’attuazione del  presente  decreto  legislativo  non  devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza  pubblica.  Le amministrazioni competenti provvedono alla  attuazione  del medesimo decreto nell’ambito delle risorse umane,  strumentali  e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 3

Abrogazioni

1. Il comma 3 dell’articolo 17 del decreto-legge 9  febbraio  2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4  aprile  2012,  n. 35, e’ abrogato.

2. Al decreto del Presidente della Repubblica 31  agosto  1999,  n. 394, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 11, il comma 1-bis e’ abrogato;

b) l’articolo 38 e’ abrogato;

c) l’articolo 38-bis e’ abrogato.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi’ 29 ottobre 2016

MATTARELLA

Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri

Poletti,  Ministro  del  lavoro   e delle politiche sociali

Gentiloni Silveri,  Ministro  degli affari esteri e della  cooperazioneinternazionale

Alfano, Ministro dell’interno

Orlando, Ministro della giustizia

Padoan,  Ministro  dell’economia  e delle finanze

Giannini, Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca

Lorenzin, Ministro della salute

Martina, Ministro  delle  politiche agricole alimentari e forestali

Visto, il Guardasigilli: Orlando