Francesca Bria: possiamo fidarci dell’app Immuni

  Identikit di Francesca Bria: laurea in Economia a Roma; master in economia digitale alla Birkbeck University College of London; ha collaborato con Nesta, l’Agenzia di innovazione del governo inglese; insegna all’UCL, Institute for Innovation and Public Purpose di Londra.

  Avendo fatto parte del team chiamato a scegliere l’applicazione che rileva i contagi, l’indigesta Immuni, ha detto: “Il dibattito sul diritto alla privacy e su come conciliare sicurezza sanitaria e l’efficacia dell’azione pubblica con la garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone è molto importante perché fa emergere la volontà dei cittadini di essere coinvolti sulla tematica della protezione e del controllo dei propri dati. In questa fase di emergenza i dati sono imprescindibili per una efficace pianificazione dell’azione pubblica, ed è il momento giusto per pensare a nuovi modelli di proprietà dei dati, proponendo un nuovo patto cittadino sull’uso dei dati per l’interesse pubblico, mettendo al centro privacy e sicurezza. Bisogna però fare attenzione a non scadere nel soluzionismo tecnologico: non si pensi che un’app da sola risolverà il problema della diffusione del contagio. Quasi tutti gli esperti convergono sull’idea che l’app funzionerà solo se affiancata a una strategia complessa, applicando la regola delle tre T “testare, tracciare e trattare”; bisogna spiegare ai cittadini in modo chiaro le azioni concrete che si attiveranno se riceveranno un alert dall’app Immuni per essere entrati in contatto con un soggetto positivo al coronavirus. Le persone andranno seguite, assistite e monitorate. Questa è la discussione fondamentale da avere, che fa parte di un vero piano per ripartire in sicurezza, controllando le catene di trasmissione”.

Non ho app sullo smartphone e non avrò neppure Immuni, e se fino a ieri avevo le idee un po’ confuse, grazie alla signora Bria ora è tutto molto chiaro.

Il virgolettato è tratto da un articolo di Gloria Riva