Autunno mansueto
SALVATORE QUASIMODO![Close-up of the Italian poet Salvatore Quasimodo, winner of the Nobel Prize in literature in 1959, while smiling during an interview in his study. Milan (Italy), 1959. Close-up of the Italian poet Salvatore Quasimodo, winner of the Nobel Prize in literature in 1959, while smiling during an interview in his study. Milan (Italy), 1959.](https://lh3.googleusercontent.com/-3k3pS8z8Fts/WfHHJRDISlI/AAAAAAAAozw/6QmTnhYjJuc_KN-OVOr3L3pjbX6d1UR0ACHMYCw/Salvatore_Quasimodo_1959c_thumb1?imgmax=800)
AUTUNNO
Autunno mansueto, io mi posseggo
e piego alle tue acque a bermi il cielo,
fuga soave d’alberi e d’abissi.
Aspra pena del nascere
mi trova a te congiunto;
e in te mi schianto e risano:
povera cosa caduta
che la terra raccoglie.
(da Oboe sommerso, 1932)
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La similitudine tra l’autunno e la propria condizione – nella sua concezione di vita – viene facile al Premio Nobel siciliano Salvatore Quasimodo (1901-1968): è la solita pena già espressa non solo dallo stesso autore nella celeberrima “Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole. / Ed è subito sera”, ma cantata nel corso dei secoli da Omero a Leopardi, da Mimnermo a Ungaretti.
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