Autunno mansueto

Autunno mansueto

SALVATORE QUASIMODOClose-up of the Italian poet Salvatore Quasimodo, winner of the Nobel Prize in literature in 1959, while smiling during an interview in his study. Milan (Italy), 1959.

AUTUNNO

Autunno mansueto, io mi posseggo
e piego alle tue acque a bermi il cielo,
fuga soave d’alberi e d’abissi.

Aspra pena del nascere
mi trova a te congiunto;
e in te mi schianto e risano:

povera cosa caduta
che la terra raccoglie
.

(da Oboe sommerso, 1932)

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La similitudine tra l’autunno e la propria condizione – nella sua concezione di vita – viene facile al Premio Nobel siciliano Salvatore Quasimodo (1901-1968): è la solita pena già espressa non solo dallo stesso autore nella celeberrima “Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole. / Ed è subito sera”, ma cantata nel corso dei secoli da Omero a Leopardi, da Mimnermo a Ungaretti.

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Autunno

FOTOGRAFIA © STOCKSNAP/PIXABAY

PIOVE

48f294b4612191797b441e813ca99c20EUGENIO MONTALE

PIOVE

Piove. È uno stillicidio
senza tonfi
di motorette o strilli
di bambini.

Piove
da un cielo che non ha
nuvole.
Piove
sul nulla che si fa
in queste ore di sciopero
generale.

Piove sulla tua tomba
a San Felice
a Ema
e la terra non trema
perché non c’è terremoto
né guerra.

Piove
non sulla favola bella
di lontane stagioni,
ma sulla cartella
esattoriale,
piove sugli ossi di seppia
e sulla greppia nazionale.

Piove sulla Gazzetta Ufficiale
qui dal balcone aperto,
piove sul Parlamento,
piove su via Solferino,
piove senza che il vento
smuova le carte.

Piove
in assenza di Ermione
se Dio vuole,
piove perché l’assenza
è universale
e se la terra non trema
è perché Arcetri a lei
non l’ha ordinato.

Piove sui nuovi epistèmi
del primate a due piedi,
sull’uomo indiato, sul cielo
ominizzato, sul ceffo
dei teologi in tuta
o paludati,
piove sul progresso
della contestazione,
piove sui works in regress,
piove
sui cipressi malati
del cimitero, sgòcciola
sulla pubblica opinione.

Piove, ma dove appari
non è acqua né atmosfera,
piove perché se non sei
è solo la mancanza e può affogare.

(da “Satura”, 1971)

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